“E’ una notte con dedica quella che vi tiene compagnia…”
Poche luci accese, la scritta ON AIR lampeggiante e il microfono davanti tenevano Luc concentrato. Il tono della sua voce era caldo e profondo, rassicurante. Eppure, era conscio di trasmettere anche altro. Voce suadente e misteriosa.
Mentre avviò un altro brano, fissò la sedia vuota in regia, infatti quella notte il suo collega non c’era e Luc doveva fare tutto da solo. Poi, spostò lo sguardo al’orologio e considerò che mancava ancora metà del tempo alla fine della sua trasmissione. Tempo infinito. Tempo stabilito.
Ma il tempo della notte era diventato quello della vita da mesi ormai. Da quando, l’insonnia di cui aveva sofferto soltanto saltuariamente era diventata una vera e propria consuetudine. Non aveva dato troppo peso alla cosa, fino a che, esami medici più approfonditi avevano rivelato una malattia neurologica che determinava un’insonnia cronica. Ed anche durante il giorno, dormire non era afatto facile. In certi periodi, dei farmaci sembravano concedergli brevi dormite ma tale situazione era molto rara.
Luc riprese a commentare i messaggi che arrivavano dagli ascoltatori, lanciava i brani richiesti. Un messaggio: -HO RUBATO IL TUO SONNO-
Luc continuava a fare ciò che doveva. Ne arrivò un altro dopo qualche minuto: -CHI NON DORME NON HA PIU’ LA SUA FUGA- Ancora: -TU NON PUOI DORMIRE, MAI.-
Luc pensò ad uno scherzo, qualcuno non aveva di meglio da fare. Doveva essere qualche cretino, o forse il suo collega. Prima che terminasse il brano in onda, guardò l’ora. Non era ancora finita. Tornò a riempire la notte di coloro che la vivevano in bianco, attaccati all’illusionedelle parole da lui proferite. Luc sapeva cosa la gente voleva sentirsi dire.
Le luci sussultarono. Ci doveva essere qualche interferenza. Anche la scritta ON AIR si accendeva ad intermittenza. Luc mandò uno stacco pubblicitario, sperando non si interrompesse, ed andò a controllare l’impianto tecnico. Era tutto a posto. Ma appena si mosse per tornare al suo posto, il buio s’impadronì di lui. Rimase immobile. In sottofondo si sentiva qualcosa, un rumore, una musica… in crescendo, note decise, suoni duri. Una musica tagliente, energica e gelida. Il freddo lo sorprese agli arti, Luc si sentiva congelare.
Stava sltando tutto, il mixer, il microfono, il telefono, il pc… forse si era addormentato e questo, per uno strano effetto del destino, era un incubo. Da sotto la scrivania si alzò del fumo che prendeva forma, la forma di una figura astratts. -NON HAI RISPOSTO AI MIEI SMS. VOLEVO DEDICARTI QUESTA MUSICA.- “Chi sei?” -DI PERSONA SEI ANCORA MEGLIO DI COME T’IMMAGINAVO.- La musica continuava. Luc iniziò ad odiarla. La figura si alzò, il fumo svanì e lei apparve con una veste morbida, grigia. Sulla testa aveva un cappuccio, il volto era bianco, segnato da ferite come pure le mani. Gli occhi gialli. Allungò il braccio verso di lui. “Non sei reale, no…” - -VIENI…- Luc si spostò, camminado all’indietro inciampò, lei avanzava ancora. Le luci tornarono a fare interferenza. Luc cercò di uscire da lì, ma la porta non si apriva. -I TUOI ASCOLTATORI TI ASPETTANO… SALUTALI…- Luc si accostò al microfono, si rimpose, schiarita la voce, parlò a loro, lasciò andare le sue parole. Voleva che si sentissero presi per mano, sedotti per l’ultima volta.