Il primo impatto con i gioielli di Giuliana Mancinelli Bonafaccia è stato spiazzante, non solo per la spettacolare presentazione creata in collaborazione con i visual designers Quiet ensembles, ma soprattutto per le forme scultoree e gli arditi accostamenti di materiali.
Scoprire poi, che tutta la collezione è stata sviluppata ispirandosi agli organismi monocellulari rappresentati da Ernst Haeckel nelle tavole del Die Radiolarien, ha acceso maggiormente la nostra curiosità, spingendoci ad approfondire la conoscenza di questa straordinaria creativa.
Giuliana, il tuo è un curriculum complesso e variegato, come mai dall’architettura sei approdata all’alta gioielleria?
Tutto è cominciato casualmente, con una serie di gioielli creati per me…da lì man mano ho ricevuto le prime richieste e alla fine ho deciso di dedicarmi più assiduamente a questa passione frequentando una serie di corsi di approfondimento sulle pietre; un passaggio dovuto al caso che mi ha portata ad avvicinarmi a un mondo che sentivo più vicino proprio per le potenzialità creative che mi venivano offerte, al contrario dell’architettura dove sentivo più limitata la mia capacità di esprimermi.
Radiolarian: ancor prima di conoscerne la derivazione, mi ha fatto immaginare mondi complessi e al tempo stesso primitivi e poi la scoperta del vero significato…..come mai ti sei ispirata alla biologia?
Sono sempre rimasta affascinata da come l’architettura o altre forme espressive si ispirino anche inconsapevolmente alla natura, con la collezione Radiolarian è stato come andare alla ricerca di questa genesi di forme, addentrandomi nel mondo dei microrganismi unicellulari marini, i Radiolari appunto, protozoi ameboidi dallo scheletro siliceo, caratterizzati da a un’estrema complessità formale, una scelta di “ritorno alle origini” che stupisce per la varietà e la molteplicità delle sue strutture.
Un mix di mondi nei gioielli e una complessità di mondi nella presentazione… la performance a cura del Quiet Ensemble ha stordito e affascinato il pubblico; i gioielli,con la loro forte presenza, ne erano i protagonisti , come è nata l’ idea di una performance tanto singolare?
Volevo qualcosa di diverso per poter presentare la collezione, non la classica esposizione di gioielli né tantomeno una sfilata. La performance si è dimostrata la scelta migliore perché c’è un coinvolgimento diretto del pubblico, un modo per stimolare l’attenzione sia dal punto di vista visivo che sonoro; conoscevo già il lavoro dei Quiet ensemble (hanno partecipato alla VFNO di Parigi e Madrid con Alex Braga) e la loro capacità di contaminazione e sperimentazione tra moderna tecnologia e natura rappresenta perfettamente il punto di incontro a cui mi ispiro anche nei miei lavori.
Si sono viste molte pietre grezze, un mix estremamente materico di pelle, metalli preziosi e gemme,forme graffianti e primitive, il galuchat, le schiene di coccodrillo e i diamanti neri…come hai scelto i materiali di questa collezione, puro istinto o scienza certosina?
Ho sempre avuto una passione particolare per i minerali…li trovo estremamente espressivi, molto di più delle classiche pietre da gioielleria, che pure possiedono una “luce” incredibile, ma mi piaceva l’idea di capovolgere la visione “ordinaria” del gioiello, utilizzando diamanti o zaffiri per far risaltare maggiormente il minerale; per quanto riguarda il galuchat e gli altri elementi presenti, penso che un gioiello non si esprima solo visivamente, quindi la possibilità di rendere anche matericamente e tattilmente il suo effetto viene sublimata utilizzando diverse texture, pellami e finiture.
In questi anni si è visto un rifiorire dell’alta gioielleria, grandissime case di moda ne stanno facendo un settore di punta, secondo te a cosa è dovuta questa tendenza? Eppure sembrerebbe un periodo di crisi.
Negli ultimi anni il valore dei materiali come oro, argento e diamanti è cresciuto notevolmente, a questo si aggiunge anche il fatto che la moderna gioielleria è profondamente influenzata dalla moda, basta vedere le creazioni di case di moda come Dior, Chanel o Vuitton per rendersi conto che siamo di fronte ad esempi che formalmente parlando esulano dalla gioielleria classica pur mantenendo costante l’uso di materiali preziosi; inoltre un accessorio o un gioiello sono in grado di “vestire” e trasformare anche il capo di abbigliamento più semplice; il gioiello, in particolare, mantiene inalterato nel tempo il proprio valore, non passa di moda e quindi in un periodo di crisi probabilmente costituisce una scelta di stile ma anche un investimento.
Quali sono le difficoltà che una giovane designer come te deve affrontare? Cosa tiene alto il morale nei momenti no?
All’inizio le difficoltà maggiori sono legate principalmente a due fattori: la possibilità di farsi conoscere e i costi necessari a sostenere la produzione, credo che in questi momenti ciò che ti sostiene è la passione per il proprio lavoro.
Si nota una cura maniacale del dettaglio, una squisita attenzione artigiana che si sta perdendo, secondo te uno dei segreti per ridare senso al MADE IN ITALY sta proprio nel riscoprire le nostre radici e le nostre tradizioni?
A mio parere il Made in Italy costituisce un valore aggiunto in ogni tipo di produzione, abbiamo un retaggio storico di tradizioni artigiane che va recuperato e implementato proprio per la ricerca dei dettagli e delle lavorazioni, che ci viene invidiato a livello mondiale; il nostro è un paese di artigiani e credo che riscoprire le nostre tradizioni sia una necessità proprio in un periodo di crisi come questo.
Che genere di donna potrebbe indossare i tuoi gioielli?
Una donna alla ricerca di un gioiello fuori dall’ordinario, in edizione limitata, dove ogni particolare è studiato a disegnato esclusivamente in funzione del gioiello stesso, una donna che vuole osare indossando qualcosa di diverso ed esclusivo.
Ormai ci è venuta l’acquolina in bocca…dove possiamo trovare le tue creazioni?
Per il momento presso PRESQU*ILE, a Roma in Via del Corallo 19 e a breve anche online sul sito www.notjustalabel.com