Una breve nota introduttiva – Come tutti i frequentatori di Rosebud sanno bene, ci sono argomenti di cui questo sito non si occupa. Si tratta per lo più di questioni “religiose” inneggianti alla superstizione, di questioni “di cuore”, di questioni di gossip, di questioni di “cucina”, di faccende domestiche e di robe che se trattate in questo sito determinerebbero il suicidio immediato del mio neurone rincoglionito.
Ora, dato che a codesto neurone ci tengo, tento, per quanto posso, di non agitarlo troppo. Non negherò neppure che ho una pessima opinione di chi si occupa di questi argomenti specie quando costoro ne trattano su riviste patinate pensate a bella posta per rintriciullire il popolino già rimbecillito di suo.
La penso così, è una vita che la penso così, non ho mai cambiato idea e dubito che mai la cambierò. Detto altrimenti difenderò il diritto di Rosebud a vivere liberato da queste robe, e prima di vederlo così contaminato non esiterò a chiuderlo.
Detto questo – debbo dire in tutta onestà – che ho censurato più volte i testi inviatimi dal poeta Raffaele Pisani, incluso uno che gli è stato pubblicato anche dal Corriere.it dopo che io lo avevo rifiutato. Confermo che non esiterei a comportarmi allo stesso modo una seconda, terza e quarta volta, etc etc.
Raffaele Pisani è pero, sicuramente, una persona molto speciale, che mai si è offeso per quei miei rifiuti, che ha compreso il mio pensiero e le necessità della mia indole, che ha continuato a seguire il sito nonostante avesse un approccio diverso e un sentire diverso dal suo. Io ammiro molto le persone così: ne ammiro la loro capacità di vivere e di lasciar vivere, di non pretendere in casa altrui, di mostrarsi sempre e cortesi in ogni occasione. Dulcis in fundo, ne ammiro la capacità di poter insegnare. Specialmente a me.
Per questi motivi – ed eccezionalmente perché su Rosebud non abbiamo mai citato San Valentino e citarlo è un poco come infliggere una ferita alla sua anima perfetta – ho deciso di pubblicare la sottostante lettera di Raffaele alla moglie, inclusa la lettera che ha mandato a me.
Buon San Valentino a lei e a sua moglie Raffaele, sembrerebbe che il vostro sia un incontro di anime e quindi non vi è nulla che possa valere di più.
Lots of love – RB
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Gentile e cara Rina,
è vero, ci sono uomini (!) – purtroppo – che danno fuoco o strangolano o accoltellano la propria moglie o compagna o convivente che sia, ma è anche vero, grazie a Dio, che ci sono milioni di uomini che davvero amano e rispettano la propria sposa, compagna o convivente che sia. Ci sono milioni di uomini – grazie a Dio!- che rispettano tutte le donne e tutti gli esseri viventi.
Vede, io sono solo un vecchio scugnizzo nato settantacinque anni fa in un vicolo di Napoli, e quel vicolo, assieme a tutte le strade della nostra meravigliosa città e alle strade di Afragola – dove ho vissuto per sette anni – sono stati la mia vera scuola e la mia vera famiglia. Pertanto quelle cose che scrivo me le detta il cuore direttamente, quasi tutto in dialetto, qualche cosa in lingua. Questo per confermarle che non sono né uno scrittore né un intellettuale, sono soltanto un appassionato della poesia napoletana. Le scrivo perché da sempre credo che l’amore, in senso lato, sia l’humus in cui possono germogliare i migliori sentimenti di pace e condivisione, e nello specifico l’amore fra due persone sia capace di diffondere attorno a sé gioia e armonia e, sperando di non annoiarla molto, mi permetto inviarle questa “lettera” che ho scritto a mia moglie per la prossima festività di “San Valentino”. Sono parole semplici e vere con le quali ribadisco a Francesca le emozioni che continuo a provare per lei e quanto le sono grato per tutto l’amore che mi ha dato e continua a darmi. Ed è appunto che in nome dell’amore dedico questa “lettera” anche a Lei e al suo sposo e a tutte le coppie dell’universo con un mondo di auguri di ogni bene.
Cari e grati saluti,
Raffaele
San Valentino 2016 – Festa degli innamorati –
Lettera d’amore e di gratitudine a mia moglie
Cara Francesca,
un’altra lettera oggi ti scrivo, oggi, a settantacinque anni compiuti, per dirti ancora che ti amo e per dichiararti tutta la mia gratitudine. Sì, ti amo come ho iniziato ad amarti da quella “mattina incantata” del 23 maggio 1981 regalatami, finalmente, da un miracolo che non avevo mai smesso di invocare, che si è realizzato con te e che ci ha stretti l’uno all’altra spalancandoci la grande porta dell’amore. Da allora viviamo una favola che continua a regalarci la tenerezza delle sensazioni di quei primi giorni avvolti da qualcosa di magico difficilmente descrivibile a parole, perlomeno con le parole del mio cuore di vecchio scugnizzo nato e cresciuto nei vicoli e nelle strade di Napoli e di Afragola che sono state la mia vera scuola. Ti amo, Francesca, per le lacrime che mi hai asciugato con i tuoi baci e le tue carezze quella sera del 29 giugno dell’81. Ti amo, Francesca, perché mi hai liberato dall’oscurità che avvolgeva e soffocava i miei pensieri, le mie speranze, i miei sogni. Ti amo perché mi hai aiutato a saper meglio discernere i valori veri della vita dalle false conquiste, il canto dell’usignolo dal gracchiare dei corvi, la comprensione dall’intolleranza, l’eleganza dalla volgarità, l’essenziale dal superfluo, l’umiltà dalla presunzione. Ti amo per la serenità, la sicurezza e il calore che mi regali. Ti amo per gli slanci improvvisi di affetto con cui mi sorprendi quando a volte sono assorto e assente, riaccendendo così quella fiammella che reciprocamente non vogliamo che si affievolisca. Ti amo perché finalmente in te ho trovato la mia casa e la mia famiglia. Ti amo per la dolcezza del nostro tenerci per mano; per la semplicità del nostro vivere quotidiano che ci fa apprezzare e godere le piccole gioie. Ti amo, Francesca, perché ancora oggi, a settantacinque anni suonati, mi fai sentire come lo studentello esultante per la conquista della sua prima fidanzatina e che trova ancora assieme a te l’entusiasmo di cantare, a voce spiegata, il nostro appassionato e gioioso inno all’amore. Ti amo per la generosità che ti porta a considerarmi addirittura un poeta quando sai ascoltare per l’ennesima volta, con interesse, quello che il mio cuore riesce ad esternare e fissare sulla carta. Ti amo perché ti vedo ancora ridere alla vecchia barzelletta raccontata agli amici come se l’ascoltassi per la prima volta. Ti amo perché sai guardare con indulgenza alle mie debolezze portandomi – senza far vedere – a considerarle come gradini per crescere. Ti amo, Francesca, per tutto ciò che mi dai, ma ti amo sopra ogni cosa perché mi hai fatto ritrovare quel cuore di bambino che le tristi vicende della vita mi avevano rubato e poi gettato via, quel cuore di bambino che era tutta la ricchezza che avevo. Tu lo hai raccolto con delicatezza, lo hai curato e guarito con la purezza dei tuoi sentimenti, lo hai riempito del tuo amore e me lo hai ridato. Ed è stato così che dal 23 maggio del 1981 quel cuore di bambino ha riportato nei miei occhi la riscoperta dell’emozione di una meraviglia sempre nuova, quel cuore che è tornato a farmi sognare e volare, assieme a te!
Il tuo Raffaele