Avrei decisamente escluso la possibilità che un romanzo epistolare potesse piacermi.
Mi ero avvicinato ad una lettura del genere grazie ad uno dei tanti giochi di lettura che si organizzano su aNobii.
Del resto il loro scopo reale seppur nascosto, è proprio quello di incentivare il lettore ad ampliare la propria prospettiva per affrontare opere mai prese in considerazione.
E’ esattamente il caso di questo Ragazzo da parete di Stephen Chbosky.
La forma consiste in un lungo elenco di lettere, ad ogni capitolo ne corrisponde una, inviate in forma anonima ad un amico non ben identificato.
La sostanza racchiusa in queste lettere è la storia di un ragazzo di nome Charlie che racconta le proprie vicende quotidiane all’interno di una scuola superiore americana.
Niente di speciale in apparenza: ragazzi, ragazze, malintesi giovanili, scuola, balli, football, ecc.
Potrebbe sembrare un romanzo di formazione abbastanza classico, con il protagonista che invece di tenere un diario personale chiuso nel cassetto della propria scrivania, utilizza questa particolare forma epistolare.
Le lettere cominciano raccontando più che altro banalità, ma invece le cose stanno in maniera piuttosto diversa.
Ben presto infatti appare un quadro decisamente più intenso e complicato rispetto alle apparenze iniziali e quella che sembra una semplice cronaca prende la forma di un romanzo psicologico importante e con molte sfaccettature.
Ecco allora crescere nel lettore la percezione che il giovane protagonista abbia delle situazioni non ben chiarite e non ben risolte che si trascinano fin da molto piccolo, con ricordi accennati e frammenti di vita vissuta molto nebulosi.
Visite psichiatriche e ricoveri più o meno brevi, cambiano sia il clima che l’atmosfera.
Vicende quotidiane dense di situazioni che di volta in volta si presentano complicate, esilaranti, drammatiche o grottesche, costituiscono un buon contesto per raccontare in forma leggera di problemi pesanti tipo malattie, diritti civili, risentimenti e pregiudizi.
La quotidianità di Charlie diventa interessante anche grazie a finestre musicali, vedi la sua passione per gli Smiths ed il musical The Rocky Horror Picture Show, e ad un giovane insegnante che asseconda la sua passione per i libri costruendo per lui un percorso di lettura extra scolastico.
Il tutto rappresenta un quadro in cui i diversi elementi ben si combinano formando un buon libro da cui ultimamente è stato tratto un film diretto in prima persona dall’autore del libro stesso, Stephen Chbosky, intitolato Noi siamo infinito, una delle frasi più significative della storia.
La regia affidata alle mani dell’autore dovrebbe essere garanzia di una corretta trasposizione cinematografica per un libro che con le sue sfaccettature si presta ad interpretazioni e pubblico diversi.
L’auspicio personale è che non ne sia uscito un film adolescenziale alla ricerca di facili incassi, chiave di lettura possibile anche del libro, ma un qualcosa di più psicologico e sostenuto, proprio ciò che fa di questo libro una qualcosa con un senso proprio.
Tempo di lettura: 4h 06m