Inghilterra, anni '80. Shaun e Trevor non si conoscono, ma potrebbero tranquillamente vivere nella stessa città. Anche se non si sono mai visti, potrebbero capirsi. Perché hanno in comune qualcosa di molto forte, a prescindere dalla semplice appartenenza. E' la rabbia. Una rabbia mista al senso di solitudine e di abbandono, che li incendia in modi diversi. Trevor ha 16 anni, ma la vita di strada gli ha imposto di crescere un po' più in fretta. Non segue le regole e cerca di prendere a schiaffi il muro della sua esistenza, con un codice di sovversione che esclude qualsiasi istituzione dal poter operare un controllo su di lui. Tiene alto lo sguardo pieno di arroganza, lascia che la svastica tatuata tra gli occhi raggeli chiunque, senza abbassarsi a nessuna forma di aiuto, sentendo di poter contare solo sul suo credo. La scuola è inutile. "We don't need no education" . Gli insegnanti sono un nemico, colpevole di riempire la testa dei ragazzi di stupide nozioni attraverso una gerarchia soffocante che premia chi merita e bastona chi esce fuori dalla carreggiata. "Qualcuno si occuperà di te". Un ragazzo, nel pieno del suo cambiamento, diventa un pacco postale. Nessuno sa veramente ascoltarlo, dato che le persone si sentono sfidate dalle parole strillate e dal suo indice puntato. Trevor è solo. E così Shaun, anche se più piccolo. Ha dodici anni, e anche per lui la scuola è un calvario. Tutti i ragazzi più grandi lo prendono in giro, mettendolo costantemente in ridicolo. Per Shaun la solitudine e la perdita del padre nella guerra delle Falkland, riempiono le giornate di sguardi bassi e risposte incomplete che sua madre gli estorce a fatica. Grazie ad alcuni Skinheads che lo adottano e lo fanno sentire al centro dell'attenzione, Shaun riesce a uscire dal suo guscio. E a ritrovare il sorriso. Ma se questi Skinheads, più per moda che per convinzione, sono una compagnia di veri amici, l'incontro con Combo, ex-detenuto appartenente al National Front, segna una svolta in negativo per tutta la combriccola. Shaun ne resta affascinato, come se Combo incarnasse una sorta di fratello maggiore, riempiendo in qualche modo l'assenza di suo padre. Anche a costo di diventare violento, anche a costo di partecipare ai raduni xenofobi del movimento. Si riempie la testa di idee che non capisce, e solo perché questo gli fa guadagnare rispetto e protezione. Shaun vedrà crollare questo enorme castello di carte, fatto di odio ingiustificato e ingenuità. Trevor non cambierà, non abbandonerà il suo ghigno neanche di fronte ad una caduta nel vuoto.
Inghilterra, anni '80. L'Inghilterra del disagio sociale e delle politiche economiche che massacrarono gli strati popolari. Trevor e Shaun sono due personaggi di due film, "Made In Britain" e "This Is England". Sono due pellicole realizzate in anni diversi, ma in qualche modo sono quasi sorelle. Trevor e Shaun sono il riflesso di un momento che ha inciso un segno indelebile nella storia inglese. E quello che sconvolge di più è ritrovare le loro storie nei volti di chi ha partecipato alla rivolta londinese dell'estate scorsa. Oltre alla retorica e alla condanna, quello che si legge chiaramente è che non sono state risolte numerose questioni nel rapporto che l'istituzione inglese ha con i suoi cittadini. Questo divario ha accresciuto un diasgio che resta sopito nelle "Black and White Towns" e esplode periodicamente con violenza e furore. Nei discorsi che seguirono agli incendi nei quartieri inglesi sembrava esclusa questa opzione, ossia che la vita politica non stesse ascoltando adeguatamente le persone che subiscono l'emarginazione e l'estromissione. E' bastato etichettare furti e scontri con una sbrigativa condanna, ma il problema non è stato affrontato in maniera appropriata. Troppo complicato e macchinoso poter parlare di equità e giustizia sociale. E, soprattutto, troppo doloroso constatare che quella furia che viene dagli anni '80 ha ancora vita e che il trascorrere del tempo non abbia lenito del tutto le antiche piaghe.
"Made In Britain" e "This Is England" sono uno spunto ideale per gettare uno sguardo su una fase dolorosa della storia inglese e su come abbia marchiato a fuoco una generazione di ragazzi. Il fumo delle macchine incendiate è arrivato sino ai giorni nostri, ma il rimedio non può essere semplicemente una bidonata d'acqua. Ai "Riots" dell'estate scorsa fecero eco numerosi commenti, alcuni davvero esemplari. Molte persone, ironicamente, dissero che quella rivolta non aveva una colonna sonora. Altre dissero che non c'erano motivazioni alla base di quei disastri nel cuore della City, come se fosse solo un momento di vandalismo collettivo catalizzato dalla morte di Mark Duggan. Considerazioni riduttive, per nulla esaustive. Il sintomo di una società che non capisce gli altri, che ha dimenticato una parte di persone, che semplicemente ha messo da parte un problema. Come le storie di Shaun e Trevor.
La polvere sotto il tappeto, alla fine, si è trasformata in cenere ardente.
Alessio MacFlynn