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Il terzo uomo

Da Loredana V. @lorysmart

Uno dei film che preferisco?

Senza dubbio “Il terzo uomo”. Non tanto per la trama – sceneggiata da Graham Greene che, a distanza di oltre sessant’anni, può sembrare un po’ datata pur se interessante, ma per la musica, l’interpretazione e soprattutto l’ambientazione e la fotografia.
La musica è quella celeberrima di Kardas, eseguita con la cetra, incalzante e coinvolgente, la regia di Carol Reed, la splendida fotografia di Robert Krasker.

Il protagonista è Joseph Cotten, che interpreta Holly, un scrittore americano di libri di avventura, giunto a Vienna su invito del suo amico Harry che gli aveva promesso un lavoro in questa città, però al suo arrivo viene avvisato che l’amico è morto. Al funerale nota Anna, una bella ragazza – interpretata da Alida Valli – e viene contattato dal maggiore Calloway, un ufficiale inglese – Trevor Howard – che gli consiglia di ritornare a casa. Determinato a scoprire le cause della morte dell’amico Harry, in quanto le versioni riferitegli sono piuttosto discordanti, Holly decide di trattenersi nella città. Frequenta così varie persone che gli confermano la presenza di due uomini alla morte per investimento di Harry, ma il portiere del palazzo gli svela la presenza di un misterioso “terzo uomo”.

Durante le sue indagini Holly viene infine contattato da Harry, creduto morto, e con rabbia e dolore apprende che l’amico è invece implicato in un losco traffico di penicillina, medicinale allora assai raro e ricercato, che, contraffatta con diluizioni di acqua, ha causato la morte di varie persone e la menomazione per meningite di moltissimi bambini. Inutile dire che Harry è interpretato da Orson Welles il quale, pur apparendo dopo circa un’ora di film, giganteggia con la sua interpretazione, mettendo in ombra Joseph Cotten, tratteggiando la figura di un personaggio cinico, arrivista, cattivo al pari del capitano Quinlan dell’omonimo film.

Welles questa volta si limitò a recitare, senza collaborare alla sceneggiatura e alla regia. L’unico suo contributo al film fu la celebre battura sugli italiani e gli svizzeri, e le  differenze tra di loro.

Anche i personaggi minori, molti dei quali parlano quasi esclusivamente in tedesco, come ad esempio una anziana coinquilina sempre avvolta in una vecchia coperta, sono ben caratterizzati.

Per mio conto però la vera protagonista del film è la citttà di Vienna, ancora ferita dalla guerra, con il cimitero immenso, la ruota del Prater e bellissimi palazzi aristocratici accanto a cumuli di macerie. Una Vienna fotografata in un magnifico bianco-nero, che mantiene sempre alta la suspence ed esalta le scene notturne, con strade vuote, dove sull’acciottolato risuonano passi frettolosi di gente che si nasconde, per non parlare delle scene di inseguimento nelle fogne.

Un film che ha meritatamente vinto un gran numero di premi e che, ancora oggi, specie dopo essere stato perfettamente restaurato, rappresenta uno dei capisaldi del cinema noir e si rivede sempre volentieri.



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