I binari sono decisamente un gran bel mezzo.
Mi permettono di scrivere senza coinvolgere lo stomaco e mi offrono un punto di vista privilegiato sulle variegate caratteristiche comportamentali della specie umana.
Intendo i binari nel più ampio senso del termine, scruto e guardo in metropolitana, rifletto e libero le dita in treno, dato che il viaggio in quest’ultimo caso è generalmente più lungo.
Ho più volte osservato il fenomeno dell’occupazione posti a sedere, momento cruciale dell’abituale viaggiatore metropolitano: si tratta di un’operazione pianificata che vale la pena di descrivere.
Vi sono diverse tipologie di occupatori di posto.
Quelli più scafati, i c.d. “calcolatori” conoscono bene i punti di accesso ai vagoni in corrispondenza della banchina e si piazzano lì con una certa disinvoltura che le porte da un momento all’altro gli si spalancheranno proprio di fronte.
Prima però c’è da controllare quanto è lungo il convoglio.
All’annunciato arrivo del treno ecco che restano in attesa sul limine banchina con il collo allungato a mò di giraffa onde verificare l’opportunità di spostamenti laterali per scegliere il vagone giusto.
Il vantaggio è duplice, trovarsi in pole position sia per l’occupazione del posto a sedere all’apertura delle porte sia al momento della discesa, allorché la posizione conquistata consentirà, una volta giunti a destinazione, l’immediato accesso alle scale mobili oppure all’ascensore, altro momento di tensione sul quale prima o poi si ritornerà.
Il convoglio è arrivato.
I calcolatori fanno il loro trionfale ingresso spartendosi lo spazio disponibile.
Ma ecco spuntare i “velocisti”, persone all’apparenza tranquille che all’apertura delle porte con uno sprint fulmineo, sgomitando come panzer all’attacco senza badare agli ostacoli fissi e mobili si fiondano sui posti a sedere ancora vuoti.
Talvolta, però, incorrono in un’amara sorpresa perché all’ultimo momento qualche viaggiatore stanco già presente in carrozza li brucia sullo scatto.
In tal caso al velocista di turno non resta altro che guardarsi intorno con disappunto nella vana speranza di trovare altrove il proprio agognato posto a sedere.
Qualcuno, tuttavia, non ha le caratteristiche psico-fisiche adeguate per competere con i precedenti occupatori.
Tenta allora con il pietismo: staziona all’impiedi con aria affaticata nelle immediate vicinanze di chi è seduto e mostra una certa irrequietezza verso la borsa pesante volutamente non depositata sulla pavimentazione della carrozza, attendendo, sicuro di sé, che qualcuno gli ceda il posto a suon di “…vvvuole seeedersi?”.
Infine i “preveggenti” che non avendo trovato posto scrutano intorno alla ricerca di indizi per porsi in corrispondenza di chi è in procinto di alzarsi, ma non sempre gli indizi fanno una prova: il caso tipico è quello della signora che comincia a preparare la borsa della spesa e in fase avanzata di frenata si solleva dal posto per poi ricaderci pesantemente allorquando si accorge di dover scendere la fermata successiva.
Si sa, i posti non sono tutti uguali e l’uomo comune ragiona con il sedere.
Le differenze dipendono principalmente dagli accomodati adiacenti alla seduta disponibile: si va dal corpulento che dimezza lo spazio vitale, al poco incline all’igiene mattutina (idoneo all’irrorazione con il diserbante), al soggetto molesto per patologia mentale o abuso di sostanze psicoattive.
Specie in quest’ultimo caso ci si imbatte spesso in posti liberi che si rivelano una trappola infernale per il malcapitato di turno: l’ignavo che lo occupa rapidamente credendo di aver preceduto altri pretendenti al trono, una volta scoperto l’arcano resta lì per dimostrare di averlo scelto deliberatamente e in piena consapevolezza la seduta, sorbendo in silenzio le attenzioni del compagno di viaggio, abbozzando qua e là qualche parola in ansimante attesa della propria fermata.
Agli estremi di ciascuna fila di sedute c’è, poi, il posto più agognato a furor di popolo: un ampio spazio libero laterale con annessa staffa metallica di appoggio ascellare.
Di qui l’abituale corsa forsennata per accaparrarselo allorquando vengano offerte vaste possibilità di scelta oppure il classico rapido movimento degli “scambisti” che con tecnica di spostamento laterale dal posto adiacente finalmente lo conquistano dopo averlo tenuto d’occhio tutto il viaggio.
Ma il posto laterale può riservare delle amare sorprese: ricordate il viaggiatore corpulento? Ecco che in un attimo di distrazione del legittimo occupante, in mancanza di posto a sedere, onde godere della ventilazione del finestrino aperto durante il caldo viaggio estivo, adagia le sue generose natiche sulla staffa abitualmente riservata al braccio riposando mollemente le sue stanche membra.
Sempre nella stagione estiva, poi, la staffa è preda di effluvi ascellari di viaggiatori in t-shirt o, nella peggiore delle ipotesi, in smanicato sicché il pericolo di contaminazione batterica nell’incurante appoggio del proprio braccio è elevatissimo.
Ma non voglio ulteriormente tediarvi con argomenti infettivi e, poi, è giunto anche per me il momento di scendere dal treno.