Magazine Famiglia

Ragù e vecchi segretè

Da Marisnew
Cara Lilli,
stamattina alle 9, lasciati a casa i monelli (sempre in bilico tra raffreddore e tosse) con il papà, mi sono messa in auto e sono partita.
Sono rientrata dopo due ore esatte. 
Ho guidato per tre quarti d'ora all'andata e altrettanto al ritorno, con al centro una mezz'ora dedicata in solitudine al raccoglimento, alla commozione, al dialogo interiore con le due persone che hanno contato (e contano ancora) per me più di tutte, a parte logicamente mio marito e i miei figli.
Non ero riuscita ad andare al cimitero per la ricorrenza di Ognissanti e della Commemorazione dei Defunti, nè pochi giorni fa per l'anniversario di mio padre, ma in effetti non credo che sia fondamentale andarci per forza in quei giorni. E' una convenzione che se rispettata va bene, ma che se non lo è non casca il mondo, si può fare una visita ai propri cari che non ci sono più anche in un giorno differente. Ciò che vale è lo spirito con cui si fa questa visita.

Ho preso dei fiori, bianchi per mio padre, gialli per mia madre (il suo colore preferito) e li ho sistemati con cura sulle loro tombe, in modo che non sembrassero lì messi a caso, che non ci fossero vuoti tra gli steli e fossero gradevoli da guardare.

E sia all'andata che al ritorno, da sola in auto, ho avuto modo di ricordare quando il piccolo viaggio per raggiungere il paese di orgine di mio padre era gioioso, spensierato. 


Nella nostra cara 127 rossa, papà alla guida, mamma al suo fianco, dietro sulla sinistra mio fratello, sulla destra io.
E quasi sempre era domenica.
La casa di nonna Luisa (la mamma di mio padre) ci attendeva, invasa da zii e cuginetti e da odori oramai noti e amati: ragù tirato per ore, braciole di maiale con pinoli e uva sultanina, pane casereccio del giorno prima tagliato a fette spesse due dita che quasi ci lasciavi i denti nel morderlo.

E quando entravi in cucina ci trovavi immancabilmente nonna seduta a grattugiare il formaggio con una grattugia di alluminio tonda di dimensioni adeguate ai tanti commensali (quindi enorme), di quelle con sotto il contenitore per raccogliere il formaggio e che, una volta sollevato e tolto il coperchio rasposo e bucherellato, nonna adoperava direttamente come formaggiera in tavola senza tante formalità.


Mentre poi i papà prendevano il caffè, fumando chi la sigaretta e chi la pipa, e le mamme costringevano nonna a riposarsi un pò sul divano e si mettevano a lavare i piatti, facendo quattro chiacchiere, noi bambini giocavamo in camera di nonna, arrampicandoci letteralmente sul letto matrimoniale che era stato suo e di nonno Vincenzo, con due materassi uno sull'altro alti tanto da sembrare una montagna da scalare. 
E cercando di curiosare nel vecchio segretè.

Quel mobile era fonte di grandi sogni e di storie inventate, ci si immaginava chissà cosa fosse nascosto nei tanti cassetti e cassettini, alcuni davvero piccolissimi. C'era chi si metteva di vedetta alla porta della camera per sorvegliare il corridoio e avvertire se arrivava qualcuno dei grandi, mentre gli altri si davano da farecoi cassetti (quelli che si aprivano) e sbirciavano a turno il contenuto, meravigliandosi ogni volta come se fosse cambiato dalla volta precedente.

Vecchi monili senza grande valore, qualche lettera ingiallita dei parenti emigrati negli Stati Uniti (a Nuova York), vecchie fotografie (alcune delle quali dell'inizio del XX secolo) pettini e spazzole di varie dimensioni e foggia, gli occhiali di nonno Vincenzo (conservati da nonna per ricordo), cerchietti neri  o marroni per capelli (nonna ne faceva largo uso), un portacipria d'argento ossidato, un paio di specchietti da borsetta rovinati dal tempo.


E i cassettini chiusi a chiave, poi...quelli facevano volare la fantasia ancora più in alto. 
Semplicemente meraviglioso.
  

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :