"Un primo passo ma serve molto, molto più coraggio". Nel governo guardano con freddezza al piano di Gubitosi, approvato oggi dal cda di viale Mazzini. E, tra incontri e contatti a largo raggio, Matteo Renzi cammina a passo spedito verso la riforma della governance del servizio pubblico, raccogliendo contributi e indicazioni di ministri ed esperti del settore ma avocando di fatto a sé le scelte finali per la nuova Rai che, nel suo timing, dovrà partire dall'estate. I nodi aperti restano molti, a partire dai criteri di nomina del cda, ma il premier è deciso a portare il ddl in consiglio dei ministri al massimo tra due settimane. Il premier è infastidito, spiegano fonti parlamentari, dalle interpretazioni "politiche" date dalla mossa di Mediaset per l'acquisto delle torri Rai.
"In Italia c'è un'ossessione per Berlusconi e per i patti occulti", tagliano corto i fedelissimi del premier che oggi ha chiarito che l'Opas di Ei Towers è un'operazione di mercato e in quei confini, nel rispetto delle regole stabilite dalla legge, resta. Il premier è pronto ad affrontare il tema anche nel Pd, dove c'è chi, come il senatore Mucchetti, pone la questione del conflitto di interessi. Mentre Francesco Boccia, pur non dicendosi "scandalizzato" dall'operazione, chiede che ora si possa finalmente parlare di "relazioni tra interessi economici, mercato e politica"
Sulla riforma della Rai, invece, Renzi ha intenzione di giocare un ruolo da protagonista, assumendo la gestione diretta dell'operazione, e facendo infine la sintesi delle indicazioni e delle proposte che arrivano dal Ministero dello Sviluppo, dal Mef e anche dai ministeri della Scuola e della Cultura. Perché il presidente del consiglio, spiegano fonti di governo, "ha intenzione di ridisegnare non solo la governance ma l'intera funzione del servizio pubblico". Una centralità, quella del premier, che non stupisce gli attori in campo.
"È giusto - spiega il sottosegretario con delega alle Comunicazioni Antonello Giacomelli - che la riforma la faccia Renzi perché non si tratta di una riforma di settore ma di innovare completamente il servizio pubblico con un ruolo centrale della cultura, della scuola, del digitale".
Se la riforma, sembra ormai certo che sarà un disegno di legge e non un decreto, riscriverà la governance di viale Mazzini, per il governo saranno i criteri del rinnovo della convenzione della Rai, in scadenza l'anno prossimo, a dare un nuovo corso al servizio pubblico. L'idea della fondazione modello Bbc sembra negli ultimi giorni perdere quotazioni perché sarebbe un processo complesso con tempi lunghissimi. Ma in ogni caso il "governo" della Rai sarà costruito con una formula societaria meno invasiva per i partiti pur nel rispetto, si spiega in ambienti di governo, delle indicazioni della Consulta sul ruolo del Parlamento. Le ipotesi in campo per la nomina del cda, che ridurrà il numero dei membri, sono varie, come l'elezione dei membri ad opera del Parlamento come avviene per i membri del Csm o per scelta dei presidenti delle Camere. Renzi tirerà presto le fila per portare la riforma in consiglio dei ministri.
Si tratterà, sostengono più fonti, di un ddl per evitare forzature e polemiche nella scelta di un decreto. "Se vogliono un confronto nel merito - spiega il premier ai suoi interlocutori - io sono sempre disponibile ma se l'esame parlamentare mira solo a bloccarci useremo tutti gli strumenti per impedirlo". E oggi non è passata inosservata l'apertura di Beppe Grillo che, uscendo dal Quirinale, ha invocato la necessità di un nuovo servizio pubblico. "Se M5S conferma in Parlamento questo orientamento - apprezzano Michele Anzaldi e Vinicio Peluffo - è possibile lavorare per cercare una proposta comune".