«Siamo intervenuti su diversi aspetti - ha spiegato - e voglio sottolinearlo perchè a volte ho l'impressione che questi tre anni vengano considerati una sorta di limbo». Tarantola, pur apprezzando «l'intendimento di rafforzare la configurazione di spa della Rai» e l'introduzione della figura dell'amministratore delegato, ha criticato l'impianto complessivo della riforma, che affronta il tema della governance, contiene una delega al governo sul canone e non parla invece della mission dell'azienda. Una bocciatura secca è arrivata sull'ipotesi, che il premier vedrebbe con favore, di finanziare la tv pubblica con la fiscalità generale, perchè «le risorse varierebbero in funzione del bilancio dello Stato», mentre l'inserimento del canone nella bolletta elettrica, caldeggiato dal sottosegretario Giacomelli, «funziona solo a una serie di condizioni».
Certo, ha sottolineato, bisogna cambiare: «Dobbiamo toglierci dalla mente l'idea del pagamento legato al possesso della tv, perchè ormai i programmi si vedono su tutti i device». Dubbi anche sul sistema delle nomine, che nel ddl competono a Parlamento e Governo. «Non si è scelto di affidare a un organo indipendente le nomine dei vertici aziendali - ha spiegato -. Fatta questa scelta, è essenziale che i consiglieri vengano scelti con procedure trasparenti che garantiscono un elevato livello di competenza». Il provvedimento è poco chiaro - secondo Tarantola - anche sul ruolo del cda e sul rapporto con l'ad nelle nomine interne. Nel ddl - ha proseguito - «non è detto nulla su conflitti di interesse e incompatibilità» dei vertici aziendali, ipotizzando tra le soluzioni quella di un «periodo di raffreddamento» nel caso di scelta di manager provenienti da aziende concorrenti.
L'intento del governo di rinnovare i vertici entro luglio dipenderà dai tempi di approvazione della riforma, ma il clima che si è respirato oggi in Commissione non lascia immaginare un percorso in discesa. Forza Italia, con Paolo Romani e Maurizio Gasparri, ha contestato lo strapotere del governo che nominerebbe un amministratore delegato con poteri rafforzati. Critiche sono arrivate anche dal Movimento 5 Stelle che, con Andrea Cioffi, protagonista di un accesso battibecco con Enrico Buemi (relatore del provvedimento con Raffaele Ranucci), ha puntato il dito tra l'altro contro l'assenza di regole sul conflitto di interessi.