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Rain Man: dal Cinema al Teatro, il Dramma dell’Autismo

Creato il 05 febbraio 2013 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Antonino Reina 5 febbraio 2013 primo piano, teatro, vedere Nessun commento Rain Man: dal Cinema al Teatro, il Dramma dell’Autismo

Correva l’anno 1988: tra il Pentapartito di De Mita e l’inizio del disgelo USA-URSS, tra la visita di Arafat a Papa Wojtyla e Senna campione del mondo di Formula 1, un posto d’onore negli eventi da ricordare spetta all’uscita di Rain Man. Pellicola incentrata sull’autismo, una sindrome di cui molti non avevano, allora, mai sentito parlare, il film affrontò il tema con coraggio e bravura. Quel coraggio premiato, l’anno dopo, con quattro Oscar e con l’Orso d’oro al Festival di Berlino. Rain Man è opera famosissima, che non ha, evidentemente, concluso la sua missione. La dimostrazione è stata fornita dalla Compagnia della Rancia, che dopo tanti fortunati musical ha deciso di portare sul palco il celebre “uomo della pioggia” di Dustin Hoffman e Tom Cruise. Venticinque anni per ripulirlo dei colori cupi, di una certa, inevitabile, pesantezza narrativa ed ecco nascere una fedele trasposizione teatrale, che ha fatto tappa al Teatro Ermete Novelli di Rimini. L’argomento, dicevamo, è ancora d’attualità. Un po’ perché di Kim Peek, l’uomo affetto da macrocefalia associata a danni al cervelletto che fu casuale ispiratore del successo cinematografico di fine anni ’80, si continua a parlare ancora oggi a più di tre anni dalla scomparsa avvenuta nel dicembre 2009; ma soprattutto perché sul tema della sapiente idiozia non si è mai fatta completa chiarezza. L’autismo è, e rimane, per certi aspetti un enorme mistero. E le posizioni del lungometraggio, se pure hanno l’indubbio pregio di mettere in luce una realtà sconosciuta, rivelano solo una parte della sconfinata patologia: così Raymond è logorroico e ripete le stesse frasi in maniera ossessiva, ma in realtà la letteratura medica racconta che molti autistici non parlano affatto, comunicando i bisogni esclusivamente con semplici disegni. E ancora, Raymond possiede capacità di memoria e calcolo eccezionali, ma per contro il 60% degli affetti da autismo presenta esclusivamente un ritardo mentale, senza alcuna, particolare, abilità. Di tali contraddizioni, la brillante regia di Saverio Marconi sembra tenere sapientemente conto: Raymond è placido, assente e costante, poi d’improvviso iperattivo ed aggressivo, come in occasione del categorico rifiuto ad imbarcarsi su un aereo, o della ricerca delle mutande.

Rain Man: dal Cinema al Teatro, il Dramma dell’Autismo

Il tutto, con estrema bravura, rimarcato dalle diverse scelte musicali: la qual cosa non stupisce, dal momento che al regista si deve la firma sui più celebri successi musicali della Compagnia della Rancia: da Jesus Christ Superstar a Grease, da Dance! a quel Pinocchio rappresentato persino in Corea e a New York. Del variegato panorama degli affetti da autismo sembra voler spiegare tutto il Dr. Bruener, saggio curatore del povero Raymond: «È incapace di decidere da solo. Vive in un mondo tutto suo, con un ordine che non deve essere mai sovvertito… senza mai alcun contatto o dimostrazione di affetto. Se dopo tanti anni di convivenza io sparissi, lui non se ne accorgerebbe nemmeno». Il risultato è dunque una trasposizione bellissima, agile, a tratti persino esilarante, come in occasione della gag con una grottesca cameriera («Ci sono 246 stuzzicadenti per terra»); merito di scene essenziali e moderne, curate, di un ritmo teatrale frenetico ed incessante. Ma, soprattutto, di due attori affiatati e complementari: “Charlie” Luca Bastianello, impressionante per la somiglianza col giovanissimo Tom Cruise del 1988 ed il bravissimo Luca Lazzareschi nella parte del fratello Raymond. Quest’ultima interpretazione logorante e riuscitissima, che ha riportato alla mente gli sforzi compiuti dal premio Oscar Dustin Hoffman, che frequentò a lungo istituti e famiglie di soggetti autistici, prima di girare il film. Un cast completato, nei panni di Susan, da Valeria Monetti, ex allieva di Amici, già protagonista del musical Sette spose per sette fratelli, a tratti interessata coscienza del cinico fidanzato Charlie: «Sei un egoista! Stai sfruttando Raymond, stai sfruttando me, chiunque ti serva!». Il finale, di grande serietà e commozione, ha ricordato alla platea i caratteri del dramma autismo, con dati e cifre sulla patologia della sapiente idiozia; titoli di coda salutati dal pubblico riminese con scroscianti applausi, sicuro segnale che la tematica tocca ancora l’immaginario collettivo.

Rain Man: dal Cinema al Teatro, il Dramma dell’Autismo

A margine, si segnala la bella iniziativa del Teatro Novelli organizzata per la stagione 2013: Gli attori con tè; incontri con gli artisti della stagione, per un interessante momento di scambio di idee, di concreta vicinanza tra attori e pubblico.

In copertina: Tom Cruise e Dustin Hoffman in Rain Man (1988) di Barry Levinson

 


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