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Rancore

Da Pythia
Qualche anno fa ne hanno fatto pure un film, il cui titolo in Italia non è stato ovviamente tradotto: era "The Grudge", che ammetto fa pensare subito a un'entità concreta seppur soprannaturale che la parola "rancore" da sola non evoca. Il film non mi ha fatto né caldo né freddo - nonostante il ragazzo che mi aveva invitata a guardarlo avesse sperato mi terrorizzasse onde trovarmi aggrappata a lui per tutto il tempo XD - ho trovato quantomai azzeccato che un sentimento fosse così morboso da impregnare una casa, riversarsi sugli occupanti e condizionarne la vita.
Il rancore è perfido e subdolo, ti si infila sotto la pelle e non riesci ad estirparlo in nessun modo, anzi, più ci provi più lui si nutre della tua frustrazione. Si gonfia come un soufflé e si espande con i suoi pseudopodi in ogni pensiero cosciente o meno. Qualche volta raggiunge lo stomaco, che stringe in una morsa tenace. E la rabbia e il senso di impotenza verso la coscienza di non poter agire, perché nulla è abbastanza, corrodono tutto ciò che sventuratamente entra in contatto con la bestia nera del rancore.
Vorresti trovarti davanti all'oggetto del tuo odio e urlargli in faccia ogni oscenità possibile e oltre l'immaginabile. Vorresti consumare ogni chiave in tuo possesso sulla carrozzeria della sua auto, riducendola a una maniera nera di Goya. Vorresti vederlo strisciare implorando pietà e mostrando il proprio pentimento con un gatto a nove code che si percuote sulla schiena come i flagellanti del Medio Evo. Mille e non più mille, questa è la tua vendetta.
Ma dopo notti insonni trascorse a progettare metodi di tortura adatti alla situazione e a inventare discorsi che sono possibili solo nell'immaginazione, con lo stomaco a rischio ulcera e le mandibole slogate a forza di digrignare i denti, arriva la Luce.
Mentre tu eri impegnato a odiare con tutte le tue energie, e l'odio ne richiede parecchie, l'oggetto del tuo disprezzo continuava tranquillo la propria vita, ignaro dei tuoi piani di vendetta irrealizzabili e nemmeno lontanamente scalfito da cotanto rancore. Probabilmente si è anche dimenticato, nel frattempo, di aver causato tale sentimento, o, ancora peggio, non l'ha neanche mai immaginato.
In questa bolgia infernale, chi ci ha rimesso sei solo tu. Sai benissimo che se decidessi di prendere un metaforico fucile, caricato con gli insulti da tempo studiati, e farti trovare davanti casa sua per rovesciargli contro tutto il tuo disprezzo, otterresti solo di metterti in ridicolo. Anziché il tanto perfidamente desiderato "pietà!", dalle sue labbra uscirebbero due taglienti parole: "e allora?".
Allora devi metterti il cuore in pace e perdonare. Sembra costare tanto quanto le dodici fatiche di Ercole messe insieme e moltiplicate per sette. Senti che al confronto le fiamme dell'inferno sono appena tiepide. La sola idea provoca conati di vomito peggio di quelli delle montagne russe. Ma quando riesci a mettere fine al tuo rancore, capisci che è giusto così. Che quel che è stato è stato. Che perdere sonno salute serenità non è servito a nulla, se non a generare altro male, e l'unico a rimetterci sei stato tu.
Dopo tanto tempo, finalmente torni a respirare. Ti rendi conto che a Ercole non avrebbe fatto un baffo, che le fiamme erano solo un ologramma e la nausea semplicemente psicosomatica. Sei ancora vivo, e stai meglio di prima. Ti senti così leggero che pensi di avere bisogno di una zavorra per restare con i piedi per terra.
Un sorriso si allarga sulle tue labbra e ti fa assomigliare allo Stregatto. Perché la vendetta è facile, ma il perdono non se lo aspetta nessuno. Ed è molto più chic. Noblesse oblige.
I believe forgiveness is the key to your own happiness
(Affirmation, Savage Garden)

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