Sono andato nuovamente al cinema. Anche stavolta a vedere un western (o sedicente tale): Rango.
Anche stavolta in sala eravamo in pochi, ma quei tre o quattro bambini bastavano per rendere rumorosa la sala. Non che la cosa mi dispiaccia, intendiamoci. Il film migliora in un certo senso, e anche i registi ne son consci. Spesso, questi, per vincere l’asetticità e la precisione tecnologica dell’ambiente di riproduzione, creano dei contrattempi volontari come l’ “effetto pellicola che va fuori quadro”, o quelle strisce nere verticali stile proiettore di bassa qualità, … roba così.
Queste cose le ho viste anche in Rango, ma non so se eran proprie del film… o della sala del mio paese… chissà…
Ma passiamo alle cose che sicuramente erano in Rango, partendo dall’inizio: l’inizio è inutile. O meglio, è utile a giustificare quel che accade dopo, a dare senso all’ambientazione, ma non gli attribuisco un valore in sé. Anzi, direi che la maggioranza delle scene ha questo vizio. Si tratta perlopiù di scene dettate dallo svolgimento dell’azione, senza un gran valore individuale.
Spesso addirittura son create con il solo scopo di sviluppare dei cliché del cinema western. Solo per far dire a un personaggio cose tipo “segui la tua ombra per 24 ore e arriverai al villaggio”, o solo per mostrare allo spettatore il classico duello allo scoccare di mezzogiorno, chiaramente sulla strada principale del paese.
Un fan del genere western potrebbe trovare tutto ciò favoloso, bellissimo… io no. Io che non ho una ammirazione per il cinema e guardo il film come opera a sé stante, senza la sovrastruttura hollywoodiana… mi son rotto le palle in quella sala!
O meglio: non trovando niente di attraente nell’azione, ho potuto apprezzare i dettagli come le pietre, il render della polvere, l’acqua, la pelle dei rettili, il colore del cielo. Poi ho potuto notare lo sviluppo del film sfiora temi come l’avanzata della modernità umana a scapito delle piccole comunità animali, la lotta tra il cinismo imprenditoriale e i sognatori, l’affrancamento dalla solitudine e dalla tristezza, … ma… come dire… lo fa senza crederci sul serio.
E poi il saggio criptico, il cattivo, il potente malvagio, il saloon, il venditore di bare, il deserto, la banca rapinata, … tanta roba buttata lì per permettere al regista di seguire gli stessi sentieri che il cinema percorre da molto molto tempo.
Ah già, dimenticavo: ci sono anche un casino di citazioni (woooooowwww, questa sì che è una novità…
).P.S.
Credo in fondo di esser stato troppo negativo, nel senso che in realtà qualcosa di carino l’ho visto, e in più d’una occasione ho anche riso divertito (anche trascinato dalle risate dei bambini in sala), ma son sicuro che fra un paio di settimane non ricorderò più nulla di Rango.