RASSEGNA STAMPA/ L’umile show di Checco Zalone

Creato il 04 dicembre 2011 da Iltelevisionario

Rassegna stampa dedicata allo spettacolo Resto umile World Show con Checco Zalone su Canale 5. La prima delle due puntate previste, in onda venerdì 2 dicembre, ha conquistato 5 milioni 607 mila telespettatori (22.42% di share). Molti osservatori hanno impropriamente lanciato la sfida tra Zalone e Fiorello. Come scrive Aldo Grasso sul Corriere, si tratta di “fastidiosa invenzione giornalistica”, in quanto è impossibile comparare due universi totalmente differenti. Walter Siti su La Stampa fa notare che “arrivando proprio adesso, era ovvio che Checco Zalone venisse visto come l’anti-Fiorello. Offensivo, volgare, becero quanto quello è elegante, gradevole, piacione”. Su Il Giornale, Maurizio Caverzan scrive che, mentre Fiorello è l’artista delle larghe intese che ripropone il miglior varietà che soddisfa il grande pubblico, Zalone è un comico provocatorio che opera una scelta di campo, avventurandosi sul terreno scivoloso della volgarità e del teatro comico. Invece Francesco Borgonovo su Libero afferma che con il comico pugliese “inizia una nuova era della satira e archivia i residui dell’antiberlusconismo militante”.

ZALONE: UN GRANDE BEN DIVERSO DA FIORELLO

(A fil di rete di Aldo Grasso – Corriere della Sera) Grande Checco Zalone. Anzi, adesso bisognerà quasi difenderlo dall’abbraccio dei cultori dell’ultima ora («Il mio pubblico? Gente che non fa fattura. L’evasione è una forma di timidezza») o, al contrario, dai detrattori dell’ultima ora. E poi c’è questa fastidiosa invenzione giornalistica del raffronto continuo con Fiorello, come se si potessero davvero comparare due universi totalmente differenti. Quelli di Checco Zalone sono numeri, siparietti, lampi quasi incuranti della cornice che li contiene, caratterizzati da una qualità rara nel mondo dello spettacolo: non cattiveria, come qualcuno intende, ma una sorta di rottura della probità. Il suo sguardo, apparentemente malandrino, ben protetto da una cortina fumogena di presunta volgarità («eccessi di volgarità», scrivono di lui), si posa su tutto ciò che è fragile, precario, su ciò che sta crollando con l’arroganza di chi ostenta invece segni di solidità. Le sue interpretazioni di Roberto Saviano o di Nichi Vendola sono due piccoli trattati di antropologia politica, una satira fatta apposta per alimentare quel bisogno di perplessità che continuamente ci neghiamo. Quando esegue la canzone di solidarietà «Maremoto a Porto Cervo», il nuovo jovanottismo internettiano che ci circonda crolla in un tonfo di intensità tragica. Se l’imitazione di Antonio Cassano fa ridere per tutti i giochi di insensatezza che comporta, l’apparizione nelle vesti di Michele Misseri, lo «zio Michele» è ben più inquietante, tanto che gli autori hanno sentito il bisogno di annacquare tutto con la presenza di Claudio Bisio e l’inutile riferimento a Giorgio Gaber. Se un appunto si può fare a «Resto umile World Show» è la regia di Duccio Forzano, che non c’entra niente, che ha cambiato senso allo spettacolo virandolo sul varietà tradizionale, con valletta di colore e Laura Pausini (Canale 5, venerdì, ore 21.20). Invece di abbagliare lo spettatore con fari e faretti, bisognerebbe stare più attenti al ritmo, al racconto, a scalettare con intelligenza i vari pezzi: il programma ne guadagnerebbe non poco.

UNO ZALONE ANTI-FIORELLO

(di Walter Siti – La Stampa) Non so quanto fosse calcolato, ma arrivando proprio adesso era ovvio che il Checco Zalone di Resto Umile World Show (su Canale 5 il venerdì) venisse visto come l’anti-Fiorello. Offensivo, volgare, becero quanto quello è elegante, gradevole, piacione. Gli stracci di Mediaset contro lo smoking della Rai. Nello show di Fiorello (con coda da Vespa) sarebbe impensabile uno sketch come quello che Zalone ha fatto con Bisio, impersonando lo zio Michele che dà la ricetta degli «spaghetti all’Avetrana» e ritratta continuamente sugli ingredienti. Pezzo rischioso, tanto rischioso che i due si sono protetti con l’ombrello di Gaber; ci saranno polemiche, l’accuseranno di aver sfregiato la memoria della piccola Sara. La forza di Zalone sta proprio nel ricollegarsi alla tradizione, che va dalla commedia greca ai giullari medievali, per cui si può scherzare su tutto con assoluta libertà; ed è palese che ben più offensiva del suo sketch è l’insistenza morbosa con cui la tv continua a trasmettere le esternazioni del signor Misseri. La debolezza del programma sta altrove e proprio Bisio l’ha messa in evidenza. Quando Zalone andava a Zelig, era chiaro che rappresentava un personaggio: quello appunto del Cozzalone pugliese che dice parolacce ed è spontaneamente maschilista, omofobo, eccetera. Bisio, togliendogli il microfono al momento opportuno, gli dava dei limiti e una cornice. Anche per questo Zalone ha una lunga tradizione alle spalle, per cui la scurrilità popolare è messa in scena da persone colte; lasciato senza spalla per tre ore Zalone confonde le piste forse anche a se stesso, non sa più se a parlare sia il Cozzalone o l’intellettuale Luca Medici. Chi è che se la prende coi cantanti solidali e consiglia di scrivere la canzone prima della catastrofe («tanto il territorio è sismico, non va sprecata»)? Chi, parodiando Vendola, non gioca a moscacieca per rispetto degli «insetti diversamente abili»? Finisce che Checco deve chiedere scusa a Luca, allargando le braccia. E’ un discrimine ambiguo su cui lui, con la sua verve trasgressiva, riesce a mantenersi ma su cui cadono gli ospiti: da un’imbarazzata Pausini a un Albano stile Leone di Lernia. La volgarità è uno strumento delicato, forse la prima serata non è la sua misura; per riempire uno spazio troppo fastoso rischia di dare, paradossalmente, una sensazione di claustrofobia. Nella comunicazione oggi tutto può essere rovesciato: la macchietta di Saviano che mostra le foto delle ragazze che l’hanno respinto per arrivare a parlare dei «rifuti a Napoli» è divertente e dissacrante, ma certo sarà apprezzata dai camorristi. A Zalone il compito di non farsi impensierire dai danni collaterali e andare avanti con la sua sfacciataggine.

QUEI MAESTRINI ROSICONI CHE STRONCANO ZALONE

(di Maurizio Caverzan – Il Giornale) Obiettivo centrato. Ci si aspettava il 22 per cento con 5/6 milioni di telespettatori e così è stato (22,42 e 5 milioni 607mila). Tutto sommato, un buon risultato in una serata difficile, fitta di alternative.  Altro che «suicidio artistico» di Checco Zalone. E altro che show brutto che «vorremmo non aver visto». Ormai l’arroganza di certi maestrini e di qualche rosicone del web (un blogger dell’Espresso) stupisce sempre meno. E continua a essere fuorviante il confronto forzato con Fiorello, vero blockbuster della stagione tv. Se si vogliono mettere tutte le erbe in un fascio, liberi di farlo. Ma si tratta di un’operazione molto maliziosa.Paragonare Luca Medici con Rosario Tindaro è come mettere a confronto Pato e Ibrahimovic. Un giovane di talento, ma ancora emergente, con un fuoriclasse completo, praticamente un mostro sacro. Tra i due ci sono venti punti di share, è vero. Ma anche diciassette anni di differenza. E qualcosa vorrà pur dire. Il repertorio e la capacità di tenere la scena per tre ore sono conquiste che si fanno col tempo. E poi c’è ancora un’altra differenza che certi critici improvvisati non hanno colto o, più probabilmente, non hanno voluto cogliere. Mentre Fiorello ripropone, pur aggiornandolo, il miglior varietà che soddisfa il grande pubblico da Brescia a Catania e dai quindicenni ai settantenni, Zalone opera una scelta di campo, avventurandosi sul terreno scivoloso della volgarità e del teatro comico. In altre parole, se Fiorello è l’artista delle larghe intese, Zalone è un comico provocatorio. In un certo senso più assimilabile a Maurizio Crozza. Il quale, peraltro, venerdì, con la quarta puntata del suo rodatissimo Italialand, forte di uno zoccolo duro di habitué, gli ha tolto il 9% di share (2 milioni e mezzo di telespettatori). Bene, fra i due spettacoli di Raiuno e Canale 5 c’è solo una caratteristica in comune. Ed è la voglia degli artisti di giocare con il pubblico dello studio. Al parterre di vip e celebrities della tv e del cinema de #ilpiùgrandespettacolodopoilweekend, Zalone ha opposto ironicamente il suo formato dai dirigenti di Mediaset «che paga» e dalla gente umile. «Eccola qui: una fisioterapista, un ginecologo, un falegname, un idraulico. Gente che lavora in nero, perché, se uno ha i soldi non lo dichiara…». Per il resto, le differenze sono notevoli. Come tra uno champagne e un buon vino rosso. Fiorello indossa lo smoking, Zalone il dolcevita. Fiorello pratica l’eleganza, Zalone sfiora il turpiloquio. Fiorello monologa su genitori e adolescenti, Zalone su Milano che «all’inizio è grigia e cupa, ma dopo ti abitui». Fiore strizza l’occhio ai cinquanta-sessantenni lasciandosi andare al revival dei Bee Gees e Carosone. Checco storpia Tiziano Ferro e, nello strepitoso Maremoto a Porto Cervo, maltratta Jovanotti, Carmen Consoli e Vasco Rossi per divertire gli under quaranta. Insomma, uno show sofisticato da una parte. Uno spettacolo sperimentale e un tantino arrischiato dall’altra. Non è un azzardo la caricatura di Michele Misseri, trasformato in un confuso concorrente di Cotto e mangiato, usato per tentare una satira della tv del dolore, da Porta a Porta a Matrix? E non è politicamente scorretta la parodia di Roberto Saviano, maître à penser costretto all’astinenza sessuale dai «rifiuti a Napoli» perché «a Napoli la f… la gestisce la camorra»? Certo, alcuni personaggi e alcune gag sono ancora da limare. E qualche battuta risulta fin troppo greve. Come quando Cassano dice al figlio: «Studiare è come andare al bagno, alla fine un pezzo di carta serve sempre» (però qualche incontentabile – Marco Giusti per Dagospia – sostiene che nello show mancano le parolacce). Insomma, il rischio va riconosciuto. Non a caso, «coraggio» è stata la parola più usata per spiegare «Resto Umile World Show». Sull’argomento, prima di pontificare, rivedersi la telefonata nella quale Cassano dirotta a Berlusconi una mignotta ventiduenne perché lui, da neopapà, ha deciso di mettere la testa a posto. Oppure riascoltare quella in cui, tramite Piersilvio, Zalone invita il padre a incontrarlo durante il nuovo tour in qualche città, «se magari lui è in zona per qualche processo». Per la cronaca: eravamo su Canale 5 e forse può bastare. Ps. Domani Fiorello avrà ospiti Benigni e Jovanotti. Si scommette sul 45% e oltre.

SOBRIO, PERFIDO E INTELLIGENTE ZALONE, RIVOLUZIONE DELLA RISATA

(di Francesco Borgonovo – Libero) La dittatura della sobrietà ha trovato il suo primo e più rappresentativo dissidente: Checco Zalone. Il suo Resto umile World Show andato in onda venerdì in prima serata su Canale 5 sancisce l’inizio di una nuova era della satira e archivia i residui dell’antiberlusconismo militante. Crozza, Dandini, Guzzanti: tutti superati. Concentrati com’erano sulla figura di Berlusconi, non hanno saputo inventare metodi alternativi all’insulto per strappare una risata. Zalone, invece, ha scovato una nuova via, ha fuso la satira sui costumi a quella politica, riuscendo a menare bastonate a destra e sinistra, nominando Silvio il meno possibile e sempre di sfuggita. Ha strappato grasse risate – il che, in tempi di loden e viaggi in treno piccolo borghesi, è un bel modo di ristorarsi – ma non è mai scaduto nella volgarità, anzi ha dimostrato un coraggio da leone. Gli ascolti lo hanno premiato: 5 milioni e 600mila spettatori e uno share del 22,42%. Non siamo ai livelli di Fiorello, certo, ma il paragone fra i due è improprio. Intanto, Checco paga la programmazione di venerdì, proprio all’inizio del weekend, quando il suo pubblico tendenzialmente giovane ha altro da fare che sedersi sul divano a guardare la tv (la settimana prossima, poi, ci sarà il ponte e diventerà ancora più difficile incollare gente alla poltrona). Quello di Zalone, inoltre, non è il classico varietà che in Rai sanno ancora fare bene, e Fiorello più di tutti. Ci sono pochi ospiti, visto che le grandi star non sono molto disponibili a farsi linciare per promuovere il proprio disco. Tutto il peso delle due ore di trasmissione ricade sul comico pugliese, il quale regge alla grande nonostante sia alla prima esperienza. In ogni caso, anche se avesse raccolto la metà degli ascolti, Resto umile World show avrebbe compiuto la sua missione. Per la prima volta, infatti, su un’emittente generalista si è fatta ironia su un mostro sacro come Roberto Saviano. Checco ne imita in modo eccezionale i lunghi silenzi e le interminabili pause di riflessione, i sorrisetti e la finta timidezza, fino alla battuta capolavoro: «Questa sera voglio parlarvi di rifiuti». Sì, quelli ricevuti da una marea di ragazze partenopee, perché a Napoli «la figa è controllata dalla Camorra» e la “macchina del fango” opera contro l’autore di Gomorra, diffondendo voci sulla scarsa misura del suo pene e sulla sua incapacità sotto le lenzuola. Qualcuno ha già detto, come ovvio, che si tratta di becerume berlusconiano tipico di Mediaset. Un corno, Zalone non è mai offensivo, anzi ha colto perfettamente i punti deboli dell’icona Saviano. Allo stesso modo, è esilarante (seppure venerdì sia rimasta sottotraccia) la perfidia con cui la bella e nerissima Youma fa il verso a Giulia Innocenzi, la valletta di Santoro, citando Gramsci e parlando come una Nilde Iotti rediviva.Il suo Nichi Vendola che se la prende con un gruppetto di poveri bambini perché non gli fanno domande sufficientemente intelligenti (finché uno non gli sfodera citazioni marxiane e gli altri gli chiedono conto della sua auto blu) è straordinario, e si ride anche con la caricatura di Renzo Bossi in stato catatonico («Renzo, un aggettivo per descrivere il programma». E quello: «Da vedere». «No, Renzo, un aggettivo». Il Trota, come uno zombie: «Vedere»). In realtà, la grandezza di Zalone sta nella capacità di fare a meno della politica, superandola per occuparsi di questioni più serie. Checco è in missione per conto di Dio con l’obiettivo di sgretolare il buonismo a tutte le latitudini. Non c’è minoranza etnica o gruppo sociale che ne esca indenne. Immaginiamo le Erinni di “Se non ora quando” inorridire di fronte alla richiesta del «voto anche per le ragazze con le tette piccole» o alla battuta sul matrimonio: «Se il bambino mi sveglia di notte a piangere sarete in due». Ciliegina sulla torta, Laura Pausini che canta “Penso solo a dargliela”, coraggiosissima al pari di Kekko dei Modà che si fa sbertucciare da Zalone nelle vesti di Giuliano Sangiorgi dei Negramaro. La canzone sugli “uomini sessuali” è un grande classico, come la distinzione tra i gay e “noi normali” o la sacrosanta istanza di progresso sociale: “Sono per i diritti dei gay: agli omosessuali sempre diritto”. Sublime la crudeltà verso i cantanti impegnati nei progetti umanitari dopo le catastrofi (il riferimento è alla canzone sul terremoto dell’Aquila). Maremoto a Porto Cervo è ciò che Fiorello avrebbe potuto fare in radio, senza l’ossessione dei toni bassi di Raiuno. Mai si era visto prima Albano cantare «niente bionde né brunette son tornate le pugnette». È volgare? Per niente: è cattivo, ma vero. Zalone ha preso atto che il nostro modo di ridere è cambiato, più sguaiato forse, ma anche più cinico. Dopo Resto umile, la comicità in tivù non sarà più la stessa.


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