RASSEGNA STAMPA/ “Vieni via con me”

Creato il 10 novembre 2010 da Iltelevisionario

Il ruolo di Saviano e il sigillo di Benigni

(A fil di rete di Aldo GrassoCorriere della SeraMi piacerebbe che Roberto Saviano accogliesse queste considerazioni come costruttive. Quando, mattine fa, ho letto la sua presentazione del programma «Vieni via con me» un brivido mi ha percorso la schiena. Per due motivi: il primo è che una fondamentale legge dello spettacolo impone di promettere poco e dare molto (a leggere quell’articolo sembrava invece che stessimo per assistere alla «Divina commedia» tv); il secondo è che bisogna con tutte le forze rifuggire l’ingenuità e la retorica.

Non si può scrivere una frase del tipo, «Nel racconto televisivo gli articoli sono le luci dello studio, gli aggettivi sono i filmati, i verbi sono i movimenti di scena, le frasi sono le inquadrature, la punteggiatura sono gli ospiti. In un tempo limitato deve entrare tutto: la volontà di raccontare uno spaccato significativo di esistenza e l’onestà di raccontarla come un punto di vista, non come verità assoluta». Quello che il programma ha dimostrato è che se sei un professionista come Roberto Benigni puoi permetterti di affrontare temi impegnativi anche in modo scherzoso, irridente, ma sempre efficace. E fare tuo il programma, imprimergli il sigillo beffardo del paradosso. Se sei Saviano ti devi accontentare di un compitino, con il rischio di imbozzolarsi nel personaggio e nell’autocompiacimento.

Intendiamoci, «Vieni via con me» (Raitre, lunedì, ore 21,05) è un programma ben sopra la media delle pochezze che la Rai propone, e Saviano ha tutte le ragioni del mondo a portare avanti la sua battaglia. Ma proprio la posta in gioco della sua missione gli imporrebbe di crescere. Il duetto finale con Fabio Fazio era tutto incentrato su un dubbio: restare o andare via dall’Italia? Nessuno ha la risposta, ma credo che girare il mondo, guardarsi attorno, guardare un’altra tv, rapportarsi con un universo meno provinciale del nostro gli farebbe un gran bene. E comunque questi sono consigli non richiesti, cioè superflui.

I veri vincitori: il Cavaliere e la sua Endemol

(di Laura RioIl Giornale) Lunedì ha superato un altro dei suoi record: guadagnare soldi grazie ai nemici più insidiosi. Sì, perché l’altra sera lo show di Saviano-Benigni-Fazio in gran parte imbastito contro di lui, alla fine dei conti gli ha riempito le casse già ben piene. Nel culmine dei paradossi italiani, infatti, Berlusconi è il «produttore finale» del programma Vieni via con me che, nel gioco degli elenchi, ha ironizzato proprio sulle sue vaste proprietà.

E non è finita: lunedì sera in un sol colpo il premier-produttore ha messo insieme il 45 per cento di share. Si perché le aziende Mediaset (della famiglia Berlusconi) detengono il 33 per cento della Endemol international, la cui filiale italiana è la casa produttrice sia di Vieni via con me (e di tutti i programmi di Fabio Fazio) sia del Grande Fratello. E lunedì lo show con Saviano ha realizzato un risultato storico: il 25,48 per cento di share con 7 milioni 623mila spettatori, assurgendo a programma più visto di Raitre negli ultimi dieci anni. Se si somma questa cifra a quella portata a casa dal Gieffe (il 19,9 per cento con 4 milioni 862mila spettatori, un po’ di più del lunedì precedente), si arriva appunto a metà della platea televisiva. Tutto in conto a Endemol. Anche se, a dirla tutta, gli incassi da parte della casa produttrice per il programma di Fazio sono parecchio contenuti rispetto ad altri grandi show (meno di 200mila euro a puntata), però vanno sempre nelle casse Mediaset. Mentre la Sipra (la concessionaria Rai) ha guadagnato con Vieni via con me circa un milione di euro a serata in spot pubblicitari (tariffe da listino, che non tengono conto degli sconti). Il reality di Canale 5, tanto per capire, fa arrivare a Publitalia circa 5 milioni di euro a puntata (sempre da listino).

E, se si vuol allargare il discorso, ci sarebbe anche da considerare il premier-editore nel complesso: aggiungendo le altri reti (Italia Uno, Rete4 e i canali in digitale), lunedì il totale tra programmi prodotti e mandati in onda da Mediaset supera abbondantemente il 60 per cento di share. Nonostante tutte le reti – tranne Canale 5 – abbiano lasciato strada spianata all’evento di Raitre: Raiuno ha mandato la replica di una fiction con Terence Hill, il secondo e terzo canale Mediaset film visti decine di volte.

In ogni caso, gli alti ascolti di Vieni via con me si devono in gran parte a Benigni, in forma come non mai. Il suo monologo – onestamente spassoso e anche coraggioso nella parte in cui ha abbracciato Saviano e inveito contro la mafia che lo perseguita – ha catturato più pubblico rispetto alle parti con gli altri ospiti del programma, compresi gli spazi dello scrittore (e ora impazza sul web). Il comico ha superato il trenta per cento di share con punte di più di nove milioni di spettatori come quando ha intonato il brano di Paolo Conte che dà il titolo al programma. Insomma, non c’è verso: ovunque appaia, l’attore regala ascolti e soldi a palate. Ma i vertici Rai sono divisi tra la necessità di incassare e quella di mantenere l’equilibrio politico. Per cui stanno nicchiando sull’altro progetto: riportare Benigni sul primo canale a dicembre intorno a Natale con un’altra delle sue stupende serate dantesche, giocate a metà tra la Divina Commedia e l’attualità. Per Benigni anche un modo per rifarsi della prestazione gratuita offerta lunedì (mica è un grullo!). Però sembra che il direttore generale Mauro Masi abbia già messo il veto accampando questioni di costi.

Comunque sia, dopo questa potente risposta del pubblico, la strada per le altre tre puntate del programma sembra in discesa. Ora l’obiettivo è convincere Celentano a partecipare, magari già lunedì o per la chiusura «in bellezza». «La sua partecipazione – commenta Loris Mazzetti, capostruttura Rai delegato al programma – sarebbe una risposta a quelli che non gli permettono di fare televisione come vuole». Per la parte avversa, il Molleggiato è invece un altro acerrimo nemico di Berlusconi, come del resto tutti gli ospiti chiamati da Fazio (si vedranno anche Paolo Rossi, Ilda Boccassini, Dario Fo). Tanto poi, alla fine, gli «sghei» li incassa lui…

Effetto Saviano

(di Carlo TecceIl Fatto Quotidiano) La politica guarda a chi ha guardato Vieni via con me? A chi ha fermato il telecomando sul programma di Roberto Saviano e il monologo (gratuito) di Roberto Benigni7,6 milioni di spettatori per il 25,5% di share, un lusso che a Raitre mancava da tredici anni, 9 milioni per il comico toscano e 18 milioni di contatti. Lunedì il pubblico di Fabio Fazio e soprattutto di Saviano è stato generico e vario, istruito e laureato, giovane e anche anziano, di classe media e anche benestante. Forse di sinistra oppure di centro o destra. E oltre le categorie ottocentesche, dice Renato Mannheimer, sondaggista e fondatore di Ispo: “Di certo, un pubblico attento e partecipe con un valore politico e culturale che può ingolosire i partiti, proprio perché terzo rispetto a schieramenti attuali”.

Perché la macchina del fango e la mafia, raccontata dallo scrittore di Gomorra, superano le divisioni tra destra e sinistra: “Saviano ha toccato temi che sono di tutti e di nessuno, ma che interessano a chi s’impegna a capire il presente e il passato per costruirsi un futuro”, aggiunge Mannheimer. Che colore ha Saviano per la politica? “Un jolly per la sinistra per avvicinarsi al centro sino ai finiani”. Alessandro Campi, direttore scientifico di “Farefuturo”, per Gianfranco Fini e dintorni è il politologo più ascoltato: “Il messaggio di Saviano è politico, senza giri di parole, e arriva a chiunque perché trasversale. Ha visibilità e autorevolezza per un pubblico giovanile. Attenti, però: non bisogna cucirgli addosso una bandiera. Può influenzare una destra moderna, seppur sia più aderente alla sinistra con cui dialoga spesso. Comunque, la forza di Saviano è che può fare politica senza avere una collocazione”. Il debutto di Vieni via con me? ha guadagnato un patrimonio di audience (e di voti?) e interessato un pubblico diverso rispetto ai 4,8 milioni (19,8% di share) del Grande Fratello. È curioso che la stessa casa di produzione, la multinazionale Endemol controllata al 33% da Mediaset, sia riuscita a intercettare due gruppi di telespettatori opposti per il lunedì sera di Canale 5 e Raitre (elaborazione dati Auditel, studio Frasi). Il reality più vecchio della tv attrae i giovanissimi: l’ha guardato il 30% dei bambini dai 4 ai 7 anni, il 25 per cento dei 14enni. Piace poco dai 45 anni in su. Il Grande Fratello fa pesca grossa nelle regioni del Sud: share regionale del 31% in Calabria e Sicilia e 26 in Puglia. E bottino magro tra i diplomati (16,57), i laureati (9,5) e le famiglie di classe economica media alta (17) o altissima (12).

Il pubblico di Vieni via con me raccoglie i giovani studenti (28,7), lavoratori laureati (46) famiglie benestanti (40), tanti insegnanti o dipendenti pubblici. E poi c’è chi ha visto e (ri)visto la puntata sul sito Rai: oltre 700mila pagine consultate e 100mila visite su Youtube per l’intervento di Benigni. Le cifre e i particolari tracciano il profilo, o meglio l’identikit di uno spettatore-elettore eterogeneo: “Un po’ di sinistra e un po’ di destra – spiega Mannheimer – con idee ben radicate che, a differenza dei più distratti, cambiano opinioni prima di un’elezione e non decidono il giorno stesso”.

Aspettando di conoscere chi accorrerà alla fonte di Saviano, ieri la Rai ha festeggiato – e le capita raramente – un boom di ascolti. Festeggia Paolo Ruffini, direttore di Raitre, anche se l’esplosione diVieni via con me coincide con la chiusura di Articolotre di Maria Luisa Busi: “Sono felice per quello che è successo ieri. Come tanti, tantissimi italiani, mi sono ritrovato a ridere, a pensare, a commuovermi. E a riflettere anche sulla televisione, sul senso del servizio pubblico. È stato visto da un pubblico giovanissimo, giovane, adulto e anziano. E non è facile tenere insieme età così diverse per un tempo televisivo così lungo”. Soddisfatto Paolo Garimberti, presidente di viale Mazzini: “Il programma è stato un esercizio di libertà da parte di autori e telespettatori”.

Ieri a viale Mazzini hanno evitato commenti ufficiali, mentre sul tavolo di Mauro Masi, il direttore generale così citato nella trasmissione di Saviano, prolunga le riflessioni per uno speciale su Dante di Benigni da trasmettere tra Natale e Capodanno su Raiuno. Soltanto Antonio Verro, consigliere del Pdl, s’è fatto sentire: “I numeri non si discutono, anche se il programma mi sembra un po’ lungo e un po’ lento. Invece Saviano mi è sembrato molto banale e un po’ qualunquista”. E Maurizio Belpietro (Libero) raddoppia intervistato da Enrico Mentana al Tg di La7: “Non esiste una macchina del fango. L’atto di accusa di Saviano era un po’ confuso perché ha messo insieme cose che non c’entrano”. DaVieni via con me nessuno soffia sulle polemiche. Parla Fazio che ringrazia, e basta. E per la prossima puntata sperano di ospitare Adriano Celentano e stupire ancora Raiuno che, scommettendo su una caduta di share, cerca un piatto forte.

Benigni fa la scialuppa di salvataggio della nave in avaria di Ruffini

(di Marco CastoroItalia Oggi) Altro che boccata di ossigeno. Il direttore di Raitre, Paolo Ruffini, deve fare un monumento a Fabio Fazio. Non soltanto perché da anni tiene alta la bandiera della rete con Che tempo che fa, ma anche per il fatto che sia riuscito a convincere Roberto Saviano e Roberto Benigni a partecipare a Vieni via con me. Il programma del lunedì sera è partito col piede giusto, per quanto riguarda gli ascolti, stabilendo il primato di Raitre con 7.623.000 telespettatori e il 25,48% di share (picco più alto con Benigni alle 22,42 con 9.321.000 telespettatori e il 32,02%), anche se la controprogrammazione della Rai lasciava alquanto a desiderare. Su Canale 5 c’era il Grande Fratello, ma sempre di Endemol si tratta. Vieni via con me, seppure sia stato descritto da una parte della critica come un programma innovatore, non sembra destinato a lasciare il segno. Saviano non è Celentano. E i monologhi prima o poi stancano. Soprattutto se sono retorici. Enzo Biagi e Sergio Zavoli se la sarebbero sbrigata in meno di dieci minuti. Avrebbero guardato negli occhi i telespettatori e non il pubblico in sala. Un monologo senza guardare in faccia chi ti ascolta ti fa sembrare un alieno. La trasmissione ha fatto grande audience ma in molti si sono annoiati. Per fortuna che ci ha pensato Benigni a risollevare il morale con le sue bischerate. Alla lunga questo format potrebbe anche non funzionare. Per il momento però il direttore Ruffini si gode il risultato. Anche se deve recitare il mea culpa per aver dedicato molto della sua direzione, arroccato, a difendere spazi e programmi in bilico, trascurando di conseguenza la sperimentazione dei nuovi format che avevano fatto grande lui e Raitre.



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