Ti sei mai ritrovato con gli occhiali da sole, per difetto di memoria, all'imbrunire, o con un buio pesto?
E tutti che ti guardano come un perfetto idiota.
(Te lo immagini, perchè tu non li vedi, ovviamente).
Ti sei mai ritrovato con gli occhiali da vista, in spiaggia o in autostrada, in un assolato giorno di agosto, verso mezzogiorno?
Oltre non vedere assolutamente niente, causa riflesso, sei tu che ti consideri un perfetto idiota.
E il brutto è che se non li avessi, gli occhiali sbagliati, sarebbe ancora peggio.
Chi è miope lo sa.
Meglio Piuttosto, per dire.
Ci pensavo qualche giorno fa, mentre correvo in un bosco dai colori autunnali, in pausa pranzo. Con 17 gradi a metà Novembre. Alla rassegnazione.
E' rassegnarsi alle cose che non si possiedono, alle faccende da risolvere, al pranzo con i parenti, alle situazioni nuove. A quelle cose che non si incastrano poi così bene: non bastano la forza, la perseveranza, la determinazione. Niente. C'è un ingranaggio, un tassellino che non entra, che non funziona.
Pensavo alla rassegnazione costruttiva, ovvero quella rassegnazione che serve per essere felici, per essere in pace, per dire sì sono anche io parte di questi piccoli grandi traumi che incontriamo nel vivere. Per dire, ah sì, è dura anche per me. Anche io ho i giorni no, ho le mie sofferenze, un sacco di conti che non tornano e mi faccio serenamente i miei pianti nervosi.
Quella rassegnazione necessaria per stabilire l'ordine, un confine plausibile, per inserirsi nel normale scorrere delle cose, adeguarsi a qualche testata sulla roccia dura. Con eleganza.
Quella necessaria per dare il giusto peso e capire che l'ironia è l'unica ancòra di salvezza di fronte al baratro del dubbio, dell' indecisione. Del buio alle quattro di pomeriggio.
E del nuovo governo, che vediamo come va.