Magazine Cucina

Ratafìa (o Ratafià? taratà-tà-tà!)

Da Lisbeth @minpeppex
La ratafìa, femminile con l'accento sulla "i", o il ratafià, maschile con l'accento sull'ultima "a"???
E' l'eterno dilemma. Chi lo pronuncia (e scrive) in un modo, chi nell'altro. Chi asserisce che la radice etimologica impone che sia corretto il primo, e chi giura e spergiura che no! il nome giusto è il secondo!
Ratafìa (o Ratafià? taratà-tà-tà!)
Io lo confesso: per anni ho continuato a chiamarlo, con grande convinzione, nel secondo modo: maschile e con l'accento sull'ultima "a". E a chi mi contestava, opponendo che il nome giusto era il primo, rispondevo "perché? tu dammi una spiegazione linguisticamente plausibile, e io comincerò a chiamarlo come dici tu!"
La spiegazione non arrivava mai, o meglio, non è arrivata fino a qualche tempo fa, quando qualcuno mi ha riferito che il nome di questo delizioso liquore, dolce e fruttato, deriva direttamente dall'espressione latina rata fiat (da cui deriverebbe anche il termine ratificato), e vale a dire sia fatta (presa) la decisione.
Forse adesso qualcuno si starà chiedendo "ma decisione in merito a che? se farsi un bicchierino oppure no?"
No, la decisione era quella che si prendeva davanti a un notaio, la conclusione di un atto, che veniva suggellata con un brindisi con un liquore dolce, vinoso e dalla forte caratterizzazione fruttata, e pare che fosse il notaio stesso a tirare fuori bottiglia e bicchierini da un mobile nello studio per celebrare il momento. Rata fiat, per l'appunto.
Da questa spiegazione, dall'innegabile sapore popolare, ho potuto desumere due cose: la prima è che la pronuncia corretta è Ratafìa, con l'accento sulla "i", almeno per me che ho trovato molto verosimile questa evoluzione lessicale da un'antica espressione latina, per cui da quel momento, io questo liquore lo chiamo così.
La seconda è che... non ci sono più i notai di una volta!!! :-D
Comunque, il nome Ratafìa ha una valenza abbastanza estesa, nel senso che, secondo il luogo dove si produce, si può caratterizzare per l'uso di ingredienti diversi. Posto che i principali sono sempre vino e frutta, ogni tradizione userà preferibilmente vino e frutta che, in qualche modo, ne sottolineano la tipicità geografica.
In Abruzzo, sono il vino Montepulciano d'Abruzzo e le amarene, ed è di questa ratafìa che sto parlando il questo post. Il periodo in cui è possibile avviare la produzione è la stagione in cui si trovano le amarene mature, parliamo dunque di fine giugno.
Ratafìa (o Ratafià? taratà-tà-tà!)
Quaranta giorni per l'infusione, quindi si filtra, più o meno verso gli inizi di agosto, e poi si lascia maturare in bottiglia, l'ideale sarebbe per 3 mesi. In pratica, Natale sarebbe un buon momento per degustare la produzione dell'anno. Lo so, si tratta di una lunga attesa, ma il risultato premia. In ogni caso, ormai siamo a settembre, quindi decisamente fuori tempo massimo per dare inizio ai lavori, ma potete sempre mettervelo in scadenza per l'anno prossimo! ;-)
Fonte della ricetta è il sito L'Abruzzo è servito.
  • 1 kg (1,15 nel mio caso) di amarene mature da agricoltura biologica a km 0
  • 1 litro (1,15 nel mio caso) di vino Montepulciano d'Abruzzo
  • 1 stecca di cannella
  • 1 bacca di vaniglia (o un chiodo di garofano)
  • 300 g di alcool etilico (ho arrotondato un po' per eccesso, 345g=>350g)
  • 300 g di zucchero (ho arrotondato un po' per difetto, 345g=>300g)
Ratafìa (o Ratafià? taratà-tà-tà!)Togliere il picciòlo alle amarene (ma, udite! udite! una bella notizia... NON il nocciolo, yeppa!!!), lavarle bene ma delicatamente, metterle a scolare lasciandole all'aria per una giornata.
Disporle quindi in un contenitore di vetro bello capiente (dev'essere grande abbastanza da garantire un 10-15 cm di spazio vuoto tra il livello del liquido e il collo), versarci sopra il vino, aggiungere la cannella e la bacca di vaniglia (la ricetta che ho linkato non mette vaniglia ma chiodi di garofano, direi che si possa scegliere secondo preferenza), chiudere solo poggiando il tappo o il coperchio, più che altro va coperto per proteggere l'infusione dalle impurità, annodarci sopra un telo e mettere al sole per 40 giorni, NON UNO DI MENO.
Trascorso tutto il periodo di infusione, filtrare il liquido, togliere la cannella e la vaniglia e strizzare le amarene in un telo non troppo fitto, per cercare di tirare fuori quanto più succo possibile. Quindi aggiungere l'alcool e lo zucchero. Chiudere e lasciar riposare ancora un giorno, infine imbottigliare.
Ratafìa (o Ratafià? taratà-tà-tà!)
Lasciar maturare in bottiglia per tre mesi, dice la ricetta. Lo so, è un tempo lunghissimo, impossibile aspettare! Tuttavia, la raccomandazione è cercare di resistere: più a lungo si fa riposare, più buono diventa.
P.S. no, non avete le allucinazioni... nelle foto, con le bottiglie di ratafìa, ci sono anche dei vasetti di marmellata d'amarene. Il fatto è che non ce l'ho fatta a buttare via le amarene tenute in infusione nel vino, e allora, secondo la miglior filosofia del non si butta via niente, ho fatto una marmellata di amarene di risulta. Come l'ho fatta ve lo spiego nel prossimo post ;-) 
E voi, la passata notte di San Lorenzo, le avete osservate le stelle cadenti? ;-P
Ratafìa (o Ratafià? taratà-tà-tà!)

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Magazines