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Ravenna Nightmare: “Chiméres” di Oliver Beguin

Creato il 03 novembre 2013 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Ravenna Nightmare: “Chiméres” di Oliver Beguin

Nightmare. L’evento di punta della serata è stato senz’altro la riproposizione sul grande schermo di un ‘classicone’ come Shining, in versione originale coi sottotitoli italiani; e a rendere più sapida la visione ci ha pensato, con una introduzione ironica e “controcorrente”, lo scrittore Valerio Evangelisti, vecchio amico del Nightmare che in chiusura di festival proporrà anche un’intrigantissima “Lecture” sul tema Horror e Lotta di Classe. Ma prima di Evangelisti, prima del film di Kubrick, questo fatidico 31 ottobre ha dato asilo ad altri ospiti che in una rassegna di cinema horror sono sempre ben accetti: i vampiri!

A portarsi dietro i vampiri, presenze immancabili, è stato il cineasta svizzero Olivier Beguin. E non solo loro. Nel film dell’elvetico c’è da registrare un cameo eccellente, quello di Ruggero Deodato, nella circostanza ineffabile macellaio. Eppure, a conti fatti, il sanguinolento Chiméres ci è piaciuto solo a metà. Di sicuro si fa apprezzare la prospettiva insolita con cui viene introdotto e sviluppato il tema del vampirismo. Un po’ meno brillante, a nostro avviso, la dimensione realizzativa e in particolare l’uso un po’ ripetitivo di determinati effetti.

Cominciamo però dall’inizio. Protagonista di Chiméres è una giovane coppia molto affiatata in viaggio di piacere a Sighişoara, che si trova nella terra di cui lei è originaria, e cioè la Transilvania rumena. Guarda caso. Al loro ritorno in Svizzera (ma i momenti del viaggio e l’angoscioso rientro a a casa sono presentati in un classico montaggio alternato, nella prima metà del film) il compagno della ragazza, Alexandre, comincia ad accusare strani sintomi (saranno reazioni fisiche o soltanto psicosomatiche?), dovuti al grave incidente stradale avuto in Romania. E alla conseguente trasfusione di sangue, soprattutto, un sangue che potrebbe anche rivelarsi infetto…

Ecco, l’ossessione del vampirismo ha origine da qui, per i due innamoratissimi giovani. Ed è destinata ad avere esisti particolarmente funesti. L’approccio alla figura del vampiro tra autosuggestione, pulsioni aggressive tenute precedentemente sotto controllo, slanci di passionalità, comportamenti fobici e raccapriccianti mutazioni fisiche che si compiono realmente sullo schermo, è senz’altro l’elemento più riuscito e interessante del film. Molto meno convincente è la resa visiva delle tensioni in atto, coi momenti presumibilmente allucinatori che inondano l’inquadratura, con una certa prevedibilità, di effetti morphing, pupille dilatate, canini d’improvviso più lunghi e facce coperte di sangue. Qui, come anche negli scontri tra i sedicenti vampiri e quei delinquenti di strada affrescati in maniera piuttosto convenzionale, il plot avrebbe potuto avere un impatto ben maggiore.

Stefano Coccia      


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