La Showtime quest'anno ha saputo rimediare alla tragica fine di Dexter con due ottimi prodotti che, se non seguono la stessa sorte del killer, avranno di che glorificarsi.
Uno è Masters of Sex, già esaltato e amato lo scorso anno, l'altro è questo Ray Donovan, recuperato solo ora più per mancanza di tempo che per mancanza di stimoli.
Già il cast è infatti di quelli di alti livelli, con la sfida attoriale tra il granitico e silenzioso Liev Schreiber e lo spumeggiante, eccessivo e incontrollabile John Voight a tenere banco, in più i due trovano negli altri coprotagonisti ottime spalle, tra cui quell'Eddie Marsan già incontrato e apprezzato in Still Life e Southcliffe.
Schreiber e Voight sono figlio e padre e, come tradizione, sono agli apposti.
Quando quest'ultimo esce di prigione dopo 20 anni, la sua gestione tra amori licenziosi, giri di droga e sbalzi d'umore, non sarà certo facile per uno come Ray abituato a risolvere le questioni scottanti dei vip che per questo lo compensano lautamente. Il suo lavoro è infatti quello di trovare scappatoie e escamotage per non rovinare l'immagine dei suddetti vip, tra attori teen idol in realtà dipendenti dal sesso con trans, a giocatori di basket drogati e dediti al tradimento seriale.
Ma il lavoro di Ray passa presto in secondo piano, lasciando invece spazio alle sue beghe famigliari, con lui e i suoi due fratelli (pardon, tre, visto che scopre solo ora della scappatella del padre con la donna di colore Claudette che ha dato vita a Daryll) così diversi tra loro che si ritrovano in modo diverso a gestire il rapporto con il padre. Terry è infatti il più saggio, ma anche tormentato da un perenne senso di inferiorità, accentuato da un deficit fisico causato dagli incontri di boxe, Bunchy è invece ormai alla deriva, molestato ancora in tenera età da un prete, che lo ha portato nella strada facile della droga e dell'alcool.
Oltre a loro, Ray deve far fronte a una famiglia esigente, con una moglie che ancora non lo conosce e che è spaventata dalla sua natura violenta, e una figlia con i primi bollori adolescenziali.
Tutto questo è raccontato con una sana dose di freddezza e di sangue, che fanno emergere tutti i lati spigolosi di un protagonista scomodo e con cui è difficile simpatizzare. Molto meglio va' invece con il folle Mickey , pruriginoso, pazzo per il twerking e in perenne oscillazione tra padre a suo modo amoroso e premuroso e mina vagante che potrebbe rovinare tutto visto il suo rapporto con l'FBI.
La serie semina infatti a poco a poco i germogli di misteri passati che solo in parte troveranno risposta, lasciando a bocca aperta e coinvolti in storie profonde e difficili da digerire.
Arrivati al finale molto evocativo nella sua immagine, si resta così soddisfatti da un prodotto in cui, seppure i sentimenti vengono messi da parte, lo stile e la trama sapranno sicuramente crescere nella già confermata seconda stagione.
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