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Ray Donovan - Stagione 1

Creato il 11 novembre 2014 da Misterjamesford
Ray Donovan - Stagione 1Produzione: ShowtimeOrigine: USA
Anno: 2013
Episodi: 12

La trama (con parole mie): Ray Donovan risolve problemi. E' un tipo tosto, tutto d'un pezzo, pronto a sopraggiungere nel momento in cui la celebrità di turno si trova con la merda fino al collo. Ed è garantito che Ray Donovan, quella merda, la spalerà tutta, senza risparmiarsi o scomporsi troppo. Peccato che, nella gestione dei propri disagi, Ray non mostri la stessa abilità che porta sul lavoro: il rapporto con la moglie sempre appeso ad un filo, il dialogo con i figli scarso, il legame con i tre fratelli profondo e radicato, eppure instabile, e soprattutto il patimento legato al ritorno dal carcere del padre Mickey.Quest'ultimo, finito dietro le sbarre quasi vent'anni prima proprio a causa di Ray, da Boston - città originaria della famiglia - raggiunge i figli a Los Angeles, compromettendo il già traballante equilibrio delle loro esistenze.Riuscirà Ray a fare fronte alle difficoltà della sua vita privata con lo stesso piglio con il quale affronta quella "pubblica"? E quali segreti nasconde una delle famiglie più complicate del passato recente del piccolo schermo?
Ray Donovan - Stagione 1
Per esperienza, ho sempre pensato che i ricordi e le vicende destinate a restarci impresse nel cuore siano quelle legate alla questione di essersi fatti il culo il più possibile.
Un pò come accade per le relazioni importanti, o la famiglia: parliamo dei focolari delle nostre più grandi passioni, ed al contempo del frutto delle più profonde sofferenze, di legami praticamente inscindibili costruiti con il sudore della fronte, la lotta, le battaglie e le fatiche tanto quanto le risate, l'affetto, la sensazione che il sangue sia qualcosa di più forte di ogni convinzione.
Ray Donovan - la serie ed il suo protagonista - conoscono bene il significato di queste affermazioni.
Era dai tempi del meraviglioso Six feet under, infatti, che non mi trovavo di fronte una proposta figlia del piccolo schermo così legata al concetto più profondo di Famiglia, all'importanza dello stesso ed alle difficoltà che si affrontano affinchè possa continuare ad essere il posto in cui tornare, il nostro rifugio dalle tempeste e lo stimolo ad essere sempre presenti, rocciosi, granitici per difenderlo.
Non che questo debba giustificare una promozione ad occhi chiusi, però: Ray Donovan si è sudato il suo spazio episodio dopo episodio, mostrando le crepe nella sua corazza - e Liev Schreiber è perfetto per questo ruolo - e dando libero sfogo agli squilibri di Bunchy, Terry e Mick, interpretati e scritti con l'anima dagli autori di quello che, di fatto, è uno dei titoli che, pur restando ostico dall'inizio alla fine, ho finito per amare di più nel passato recente.
Non tanto per la messa in scena ed una Los Angeles che pare un incrocio tra Bukowski e I Soprano - parlando di famiglia, più che di Costa Ovest contro Costa Est -, la cura dei particolari, i comprimari - perfetti i soci di Ray, così come la sua famiglia ed il quarto Donovan -, l'intreccio o i dialoghi, quanto per quella scintilla che pare quasi faticare a scoccare, e che non sai fino all'ultimo episodio essere già mutata in un incendio: questa prima stagione di un serial che ha consacrato una volta ancora uno strepitoso Jon Voight è dannatamente simile ad un incontro di boxe, ferita e sudata, sempre in bilico, pronta ad appoggiarsi alle corde così come a tornare ansimando all'attacco, caricando a testa bassa.
Non ci sono personaggi positivi, eroi da pellicola d'altri tempi, quanto uomini e donne alla ricerca di un equilibrio che, sotto i ripetuti cazzotti sferrati dalla vita, cercano di fare del loro meglio per stare in piedi, o quantomeno alzarsi anticipando il conto di dieci: Ray, ex promessa della boxe, problem solver d'altri tempi, grezzo e spigoloso quanto presente e protettivo, è il ritratto perfetto dello scontro impari che tutti noi combattiamo ogni giorno, con i secondi che la vita ci ha assegnato e quelli che abbiamo scelto riuniti allo stesso angolo, che se abbiamo giocato bene le carte della mano del Destino finisce per essere il nostro, ben oltre il suono della campana.
Perfino il personaggio di Mick, decisamente più vicino ad un vecchio e criminale Hank Moody che non allo squallido Frank Gallagher, finirebbe per stare bene, in quel posto.
Perfino Bunchy, con le sue ferite e la sua anima di bambino rimasto intrappolato in un trauma che i suoi fratelli hanno spazzato via a suon di botte.
Perfino Terry, cui bastano due mani tremanti per mettere con il culo per terra chi ha provato a fare del male a chi ama.
E Ray. Che pare in grado di risolvere qualsiasi problema, tranne i suoi.
Forse perchè sono proprio quelli che lo mantengono vivo, vigile, reattivo.
Come lo squalo impossibilitato a fermare la sua corsa.
Eppure finisce per essere evidente il bisogno del predatore di prendersi il suo tempo, e sedersi all'angolo.
Su una sdraio, in spiaggia.
Prima del round successivo.
MrFord
"Hey brother, do you still believe in one another?
Hey sister, do you still believe in love, I wonder?
Oh, if the sky comes falling down for you,
there’s nothing in this world I wouldn’t do."Avicii - "Hey brother" - 

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