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Rcs: qualche numero su semestrale, piano di sviluppo e digitale

Creato il 01 ottobre 2015 da Pedroelrey

L’analisi della seme­strale di Rcs Media­group – pub­bli­cata online qual­che set­ti­mana fa – ci dà la pos­si­bi­lità di tor­nare a misu­rare lo “stato di avan­za­mento” verso gli obiet­tivi dichia­rati dal piano di svi­luppo 2012–2015 dal gruppo edi­to­riale. Dei conti di Rcs ci siamo già occu­pati ampia­mente e anche in quella occa­sione, tra le altre cose, abbiamo con­fron­tato in una info­gra­fica i numeri dei bilanci con i tra­guardi che il piano di svi­luppo si pone di rag­giun­gere per la fine di quest’anno.

In par­ti­co­lare ci sem­bra inte­res­sante tor­nare oggi a guar­dare gli obiet­tivi sullo svi­luppo del digi­tale, par­tendo dai dati del bilan­cio di giu­gno (cioè a sei mesi dalla chiu­sura del trien­nio 2012–2015) per­ché è lì che comun­que si gioca gran parte delle scelte stra­te­gi­che per l’immediato futuro.

La cre­scita del digi­tale in Rcs

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Se guar­diamo ai bilanci annuali vediamo come i ricavi da digi­tale, che nel 2010 erano di 104 milioni di euro (il 4,6% dei ricavi totali), sono effet­ti­va­mente cre­sciuti in que­sti anni arri­vando a 161 milioni nel 2014 (il 12,6% del fat­tu­rato totale del gruppo). Una cre­scita del 55% e un “peso” per­cen­tuale sui ricavi totali pra­ti­ca­mente tri­pli­cato. Bene.

Certo ci sono sem­pre due aspetti impor­tanti da sot­to­li­neare quando si evi­den­ziano que­sto tipo di numeri: il primo è che la cre­scita dei ricavi da digi­tale par­tiva pra­ti­ca­mente da zero, un ter­ri­to­rio ver­gine da svi­lup­pare; il secondo è che il peso del digi­tale aumenta anche gra­zie alla con­tem­po­ra­nea dimi­nu­zione dei fat­tu­rati totali. Fles­sione non da poco visto che nel gruppo Rcs i ricavi totali nei mede­simi anni presi in con­si­de­ra­zione (2010–2014), hanno dovuto regi­strare un pesante –43%.

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Il piano di svi­luppo 2013-2015 sullo svi­luppo del digi­tale si pone prin­ci­pal­mente due obiet­tivi da rag­giun­gere a fine di quest’anno: ricavi da digi­tale a quota 310 milioni e loro peso al 21% sul totale. Nel 2012 i ricavi da digi­tale erano di 142 milioni di euro e il loro rap­porto per­cen­tuale con il fat­tu­rato del gruppo era del 9%. A fronte di una pre­vi­sione, da parte del gruppo, di ricavi com­ples­sivi rela­ti­va­mente sta­bili la cre­scita del digi­tale avrebbe dovuto, nelle aspet­ta­tive del piano di svi­luppo, con­tro­bi­lan­ciare quasi del tutto la pre­vi­sta fles­sione dei ricavi “clas­sici” come pub­bli­cità e dif­fu­sio­nale deri­vati dalla carta.

Leg­giamo dal comu­ni­cato cor­po­rate del gruppo di marzo 2013: “I ricavi del Gruppo nel 2015 sono pre­vi­sti in linea con i ricavi del 2012 esclu­dendo le atti­vità oggetto di dismis­sione (quindi su una base com­pa­ra­bile di circa 1.500 milioni di euro nel 2012). Tale anda­mento deri­verà dalla forte cre­scita dei ricavi digi­tali (incluse le atti­vità tele­vi­sive) nell’arco del Piano: nel 2012 essi rap­pre­sen­tano circa il 9% del fat­tu­rato del Gruppo (pari a 142 milioni), nel 2015 ne rap­pre­sen­te­ranno oltre il 21%. La cre­scita com­ples­siva pre­vi­sta per i ricavi digi­tali, pari a circa 170 milioni dal 2012 al 2015, com­pensa la fles­sione dei ricavi tra­di­zio­nali al netto delle dif­fe­renze di peri­me­tro. Si pre­vede infatti che i ricavi tra­di­zio­nali regi­strino una pro­gres­siva con­tra­zione nell’arco del Piano, sia della com­po­nente pub­bli­ci­ta­ria, sia di quella editoriale”.

Rcs Piano triennale investimi su digitale
Il piano pre­ve­deva quindi, nei tre anni, di rad­dop­piare i fat­tu­rati da digi­tale e una cre­scita di quasi due volte e mezzo del suo peso sui ricavi com­ples­sivi. Il tutto sup­por­tato da inve­sti­menti sul digi­tale di circa 115 milioni di euro. Una cre­scita decisa non c’è dub­bio, ma nem­meno impos­si­bile a fronte di sforzi ade­guati (stiamo o no par­lando di uno dei mag­giori gruppi edi­to­riali europei?).

Le cose stanno andando un po’ diver­sa­mente. Almeno leg­gendo i numeri delle rela­zioni di bilan­cio di que­sti ultimi anni. Ad esem­pio: se guar­diamo alle ultime seme­strali vediamo come la cre­scita dei ricavi dell’online sia deci­sa­mente in fre­nata. È vero, il peso dei ricavi digi­tali aumenta in que­sti ultimi tre anni – dall’11,3% al 13,6% – ma la cre­scita anno su anno del valore del digi­tale dopo un ottimo +17% nel 2013, si ada­gia subito su un +9,6% nel 2014 e frena deci­sa­mente a + 1,3% nel 2015. La corsa verso gli ambi­ziosi obiet­tivi sem­bra avere già il fiato corto: deci­sa­mente non era que­sto il tasso di cre­scita atteso.

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Se come sostiene la stessa
Rcs nel comu­ni­cato stampa di pre­sen­ta­zione della seme­strale 2015 si pre­vede che i ricavi a fine anno siano “sostan­zial­mente sta­bili rispetto al 2014” (che sono stati di 1.279 milioni di euro) il dif­fe­ren­ziale dei ricavi rispetto ai circa 1.500 milioni pre­vi­sti dal piano di svi­luppo sarà intorno ai 200 milioni. I ricavi da digi­tale nel primo seme­stre 2015 sono pari a 81 milioni di euro, ipo­tiz­zando un secondo seme­stre di quest’anno simile al primo i ricavi dovreb­bero asse­starsi attorno ai 150/160 milioni di euro men­tre il piano ne pre­ve­deva 310.

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Insomma comun­que la giriamo manca quella cre­scita da digi­tale pre­vi­sta che avrebbe, se non del tutto, almeno in gran parte attu­tito la fles­sione dei ricavi totali di que­sti ultimi tre anni (il tutto a meno di stra­bi­lianti per­for­mance in que­sti ultimi mesi dell’anno che, ripe­tiamo, nem­meno in Rcs si attendono).

Con­si­de­ra­zioni generali

Il “caso” Rcs non è certo iso­lato, anzi, decli­nia­molo a secondo delle dimen­sioni e degli inve­sti­menti e avremo un qua­dro di quello che accade, se non in tutti, nella stra­grande mag­gio­ranza dei gruppi edi­to­riali ita­liani. La solu­zione del pro­blema di tra­durre con­cre­ta­mente nei fat­tu­rati la cre­scita dell’audience online è un pro­blema che anche molte testate stra­niere stanno cer­cando di risol­vere, non senza dif­fi­coltà. Però vedere oggi  la quota di ricavi da atti­vità digi­tali nei due mag­giori gruppi edi­to­riali di quo­ti­diani ita­liani anco­rata al di sotto del 15% (per Rcs, come scritto intorno al 13% men­tre il gruppo Espresso si ferma a circa 9%) rende evi­dente i ritardi accu­mu­lati qui da noi.

La ten­ta­zione di citare il milione di abbo­nati da digi­tale rag­giunti recen­te­mente dal New York Times (abbo­nati, cioè che pagano per i con­te­nuti e che si aggiun­gono al milione di abbo­nati carta+digitale) o gli 82 milioni di euro di introiti da digi­tale, 38% sul totale, del Guar­dian nel 2015 (che invece non applica nes­sun tipo di pay­wall ma ottiene quei risul­tati gra­zie anche a decise poli­ti­che di com­mu­nity enga­ge­ment), è forte anche per­ché non par­liamo di ordine di gran­dezza distanti visto che il NYT, come gruppo, fat­tura circa il 10% in più di Rcs e il Guar­dian Media Group quasi tre volte meno.

Ma va bene, rischiamo di fare sem­pre i soliti esempi. E allora guar­diamo alla recente tran­sa­zione che ha por­tato il Finan­cial Times al cam­bio di pro­prietà per 844 milioni di ster­line dove la com­po­nente digi­tale della testata svi­lup­pata con stra­te­gie decise ha con­tri­buito in modo fon­da­men­tale a quella valu­ta­zione così ele­vata. Il FT ha oggi 750mila let­tori paganti, non ne mai avuti così tanti nella sua sto­ria ultra­cen­te­na­ria, due terzi di que­sti abbo­nati sono digi­tali (e non pen­sate che digi­tale voglia dire a basso costo, alcuni di loro hanno sot­to­scritto abbo­na­menti per 480 dol­lari l’anno).

Tutto que­sto per ricor­dare, ce ne fosse biso­gno, che par­lare di tra­sfor­ma­zione digi­tale nei gior­nali non signi­fica solo di cer­care di met­tere una pezza al declino dei fat­tu­rati da carta. Signi­fica dare una svolta ai pro­cessi pro­dut­tivi (anche della carta) per ren­derli effi­cienti e al passo con i tempi. Vuol dire dare valore ai pro­pri asset e al valore della testata nel suo com­plesso. Che cosa aspettiamo?

[tabelle gra­fici pos­sono essere con­sul­tate a que­sto indi­rizzo (Goo­gle Drive)]


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