Re Silvio non è nudo. Solo un po’ spellato
Creato il 22 giugno 2011 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Quando scrivevamo, insieme a molti altri in verità, che Berlusconi non poteva più essere il presidente del consiglio perché un uomo di Stato non può sottostare a ricatti, in parecchi ci avevano dato dei fanatici del “Fantapolitik War Game” poi, lentamente, passo dopo passo, la verità è venuta fuori e il re si è mostrato per quello che è: più spellato che nudo. Anni di connivenze a ogni livello lo hanno messo nella situazione in cui si trova attualmente, quella di un premier disperato, impossibilitato a dire dei “no” e costretto dai troppi “si” a non avere più un minimo di potere decisionale autonomo. Il giudizio che su Silvio hanno anche le persone che dicono di volergli bene è netto, spietato, senza appello. In una intercettazione si sente: “Sta come nu’ cane mazziato. È ricattato dalle puttane, da Gianni Letta, da Verdini, da tutti quanti”. E mentre la ministra Prestigiacomo gli da del “deficiente”, Bossi lo tiene per le palle sapendo che senza il Lumbard è perso. Volendo esemplificare al massimo il discorso, potremmo dire che l’essere sotto ricatto è la conseguenza logica e immediata del non aver fatto politica, del non avere una politica, dell’essere privo di qualsiasi parvenza di ideologia anche spicciola, e di aver puntato tutto sull’assunto che un “elettore è solo un consumatore”. Eppure proprio questa convinzione avrebbe dovuto portare Silvio a cambiare marcia, a tentare di modificare il suo prodotto che col tempo è invecchiato e oggi è venuto a noia alla maggioranza degli italiani. Silvio sta continuando a vendere un sogno nel quale gli italiani non credono più, un Rolex fabbricato a Casal di Principe al quale hanno montato la coroncina rovesciata, una patacca firmata D&G made in Forcella. Gli unici che hanno fatto finta di crederci ancora sono stati i Responsabili, e non è un caso che Silvio è tenuto per le palle pure da Razzi e Scilipoti che sono riusciti a sovvertire la legge per la quale gli idioti non fanno carriera ma i leccaculi si. L’immagine di Silvio di ieri, al Senato, ci ha ricordato la scena della crocifissione di Jesus Christ Superstar, nella quale il Cristo morente ha ancora la forza di cantare un’ultima canzone. Ma quello era un musical, questa di Silvio è la triste realtà di un uomo alla deriva. Va ancora raccontando la storia della riforma fiscale quando ormai tutti hanno capito che è, e sarà ancora per molto, inattuabile; ha concesso alla Lega le rappresentanze dei ministeri al Nord glissando sulla Libia per non entrare in conflitto pure con Napolitano e poi, per dirla tutta, è sembrato rassegnato, un uomo privo della solita verve e della prontezza alla battuta che lo hanno reso famoso in tutti i circhi del mondo, compresi quelli dislocati su Venere. Un suo onorevole dipendente, sottovoce, ha detto: “Ma che ha fatto una flebo di valeriana?” ma noi, che siamo notoriamente più maliziosi, ci siamo fatti un’altra idea. L’atteggiamento di Silvio di ieri fa parte della strategia del cambio d’immagine voluta dai suoi nuovi spin-doctor. È sotto gli occhi di tutti che l’aggressività non ha pagato, che il ricorso alla battuta e alla barzelletta sconcia sono controproducenti e che la gente ha premiato, ad esempio, il nuovo corso di Di Pietro diventato all’improvviso un politico dall’aplomb anglosassone. Ma il Tonino dell’Idv, che è contadino schietto, ha dichiarato pubblicamente le ragioni del suo cambio di atteggiamento. Ha detto Tonino: “Basta fare i barricadieri, basta con le dichiarazioni tese solo a distruggere, voglio cominciare ad essere propositivo, ad andare avanti per le idee e le proposte alternative a questo governo e non solo per l’antiberlusconismo viscerale”. Il problema è che, al pubblico meno informato, il new-look di Di Pietro al massimo può far dire: “Oddio, Tonino è impazzito” e prendere in positivo il suo cambio moderato. Ma Silvio nelle condizioni viste ieri può portare a una sola considerazione: “È rincoglionito, vecchio e stanco. Non ne possiamo più”. Dobbiamo per forza concludere il nostro post quotidiano con un altro stralcio dell’intercettazione telefonica fra Masi e Bisignani, i nostri cari, antipatici, maneggioni Stanlio&Ollio. Masi: “Santoro è in fuga. Come lo sborrone, voleva rompere il culo a tutti, va all’arbitrato...Gigi. Grande figura, dai retta a Mauro”. Bisignani: “Ma che...Ma scherzi”. Masi: “Gli stiamo a spaccà il culo”. Bisignani: “Eh!...”. Masi: “So’ arrapato come una bestia”. L’arrapatura di Mauro Masi, il peggior direttore generale che la Rai abbia mai avuto nella sua storia (Eiar compresa), è durata esattamente altri 90 giorni. Un lunghissimo coito interrotto dalla cacciata e dalla direzione della Consap.
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