Playoff Eurolega – © 2015 euroleague.net
Saranno CSKA Mosca, Fenerbahce, Real Madrid e Olympiacos a giocarsi il trono d’Europa nelle Final Four di Eurolega di Madrid il weekend del 17 maggio. Manca all’appello il Maccabi Tel Aviv campione in carica, fatto fuori in tre partite dai turchi di Obradovic, alla prima Final Four della loro storia. In generale abbiamo visto a serie molto equilibrate, con tanto spettacolo e decise spesso a fil di sirena (chiedere a Printezis e al Barcellona). Vediamo come sono andati questi playoff.
Cska Mosca – Panathinaikos 3-1
Troppo Cska Mosca per il Panathinaikos, lontano e pallido parente dello schiacciasassi ammirato negli anni precedenti. I moscoviti banchettano sui resti di un team stritolato dalla crisi e atteso da una rifondazione, strappando il pass per le Final Four di Madrid al termine di una serie poco avvincente e combattuta, se non in gara tre. I greci, approdati allo scontro con il ruolo di vittima sacrificale, hanno faticato a contrastare la profondità del roster di coach Itoudis, che ha alternato i vari Kaun, Vorontsevich, Weems con notevole efficacia. Le difficoltà di Diamantidis, che ha pagato lo scotto contro i più frizzanti Teodosic e De Colo, hanno condannato una compagine che ha avuto il canto del cigno sul campo di Oaka, costringendo il Cska ad allungare la serie.
La formazione di coach Itoudis ha mostrato l’enorme potenziale di cui dispone, chiudendo la serie con un differenziale di oltre cinquanta punti. Se Milos Teodosic ha confermato le buone cifre, ipotecando il titolo di MVP, Nando De Colo ha dimostrato una straordinaria capacità di adattarsi agli schemi di Itoudis, rivelandosi un asso a sorpresa per i moscoviti. Miglior attacco d’Eurolega, miglior fatturato a rimbalzo, e alte percentuali dal campo. Il Cska Mosca approda a Madrid con i favori del pronostico, ingigantiti anche dalla crescita di Andrei Kirilenko ormai pienamente inserito in un contesto già fortissimo. L’armata rossa ha centrato la dodicesima partecipazione alle Final Four negli ultimi undici anni (mancate solo durante la rifondazione del 2011), ma non alza il trofeo dal 2006, con Messina in panchina e Papaloukas in campo.
La formazione di Itoudis è apparsa una perfetta ed equilibrata macchina che ha raccolto in Europa venticinque vittorie e tre soli stop, ma troppo spesso, nel recente passato, i russi si sono sciolti nei momenti più delicati, come a Milano contro il Maccabi Tel Aviv. La semifinale contro l’Olympiakos riecheggia i capitoli neri della storia recente moscovita, con il suicidio di Istanbul in finale o la rimonta subita a Londra, ma Teodosic e compagnia sono decisi a cancellare gli incubi. E un altro miracolo greco sarebbe chiedere troppo..
Real Madrid – Efes Istanbul 3-1
Coach Pablo Laso aveva un solo risultato possibile per salvare la panchina blancos, portare il Real Madrid alle Final Four casalinghe. Un compito assolto a pieni voti, ma certamente facilitato da un roster di prim’ordine e un avversario coriaceo ma inferiore come l’Efes Istanbul. Trascinata da un Fernandez versione Mvp, aiutato da Llull e Rodriguez, la compagine madrilena ha mostrato un’ottima condizione offensiva, senza sfigurare in chiave difensiva. Coach Laso sorride, perché oltre al pass delle Finals, incassa l’ottima prova di Ayon, Mvp della seconda giornata, e pedina ritrovata nello scacchiere del Real Madrid. Il Real si dimostra un team spettacolare ma solido, perdendo sporadicamente la bussola, come avvenuto in gara 2 e gara 3. Il roster allestito da Florentino Perez punta deciso verso quella nona coppa che manca a Madrid dal 1994, un digiuno ingiustificabile per una corazzate che ha gettato al vento le ultime due Eurolega. Con Fernandez che viaggia a livelli mai visti, Rodriguez, Llull, Carrol sempre protagonisti, e Maciulis, Nocioni, secondi violini capaci di fare la differenza, il Real Madrid sogna di rompere l’incantesimo tra le mura amiche.
L’Efes Istanbul dimostra di non aver ancora digerito la medicina Ivkovic, risultata troppo amara per i turchi. Il solo Krstic, brillante come la prima era al Cska, non è bastato a superare l’ostacolo Madrid. Saric ha confermato le buone impressioni riscosse dagli scout senza strafare, mentre Janning, al di la del buzzer better in gara tre e dei 10 punti di media, si è rivelato troppo discontinuo. I progressi mossi dall’Efes sono visibili, ma non bastano le tattiche di coach Ivkovic (e i milioni dei nuovi proprietari) per giocare l’ultimo atto della competizione, specialmente contro un Real assemblato per arrivare fino in fondo. La semifinale contro il Fenerbahce, squadra rivelazione e tutt’altro che osso morbido, rappresenta l’aperitivo da assaporare prima della suggestiva (e probabile) finalissima contro il Cska Mosca. E il Real Madrid e Pablo Laso hanno un solo risultato disponibile.
Olympiakos – Barcellona 3-1
Il quarto di finale più bello, appassionante e incerto. I greci ribaltano il fattore campo, favorevole agli spagnoli, e si qualificano alle Final Four dopo un anno di purgatorio. La compagine del Pireo, dopo aver perso la prima gara a Barcellona, ha aggiustato la mira, violando il Palao Blaugrana prima di chiudere la serie tra le mura amiche con il clamoroso buzzer beater di Printesis. L’Olympiakos si conferma regina delle gare importanti, presentandosi a Madrid con il ruolo di mina vagante capace di far saltare pronostici e scommesse. Non solo Spanoulis (13 punti di media), nella formazione di coach Sfairopoulos, svettano Printezis (15 punti) e l’ex sense Othello Hunter (8 punti).
La semifinale contro il Cska Mosca, sulla carta, sembra una sfida insormontabile per i ragazzi di Sfairopoulos, ma il passato annovera episodi clamorosi contro i russi, come il lay-up del solito Printezis a Istanbul o la palla recuperata su Khryapa al Forum. In casa Barcellona resta il rammarico per una serie approcciata con la mentalità giusta ma compromessa da episodi. Le basse percentuali di Navarro, le difficoltà di Marcelinho nella gestione della partita, e la poca esperienza dei giovani Satoranski (bucato da Printezis nel buzzer beatter ma 10 punti di media per il giovane classe 1991), Abrines e Hezonja. Pascual manca le Final Four, dopo numerose partecipazioni, ma si può consolare guardando ad un futuro certo e rassicurante visto il roster. Il Barcellona non vola a Madrid a fare lo sgambetto al Real, ma si candida per le prossime edizioni.
Fenerbahce Istanbul – Maccabi Tel Aviv 3-0
Attenzione al Fenerbahce. Gli uomini di Obradovic sbrigano la pratica Maccabi in sole tre partite, scrivendosi per primi al programma delle Final Four. Supremazia assoluta quella dimostrata dai gialloneri che impartiscono una lezione magistrale ai campioni in carica. La mano di Obradovic è visibile e ha rivitalizzato un team reduce da gestione fallimentare. Attacco solido, difesa equilibrata e personalità straripante sono i segreti del Fenerbahce 2.0 che ha nel trio Goudelock-Bogdanovic-Bjelica i propri alfieri.
La cornice composta da Zisic (l’uomo del salto di qualità), Vasely, Erden, Zoric, Predlzic conferiscono all’affresco le sfumature da top club. L’ostacolo Real è impegnativo, e il Fenerbache, parte sfavorito, ma Obradovic cerca l’assalto al nono trofeo. Non si conferma invece il Maccabi, sorprendente campione lo scorso anno, ma poca cosa questa stagione. Gli addii di Blu e Hickman, soprattutto Tyrese Rice e coach Blatt, senza i giusti rincalzi, sono costate care agli israeliani, mai apparsi competitivi nella serie. La rifondazione del club di Tel Aviv, passa, inevitabilmente dalla partenza di alcune colonne storiche della squadra, e anche dalla ricerca di nuova linfa, più giovane e affidabile.