Riprendo, per parlarne anche a un pubblico diverso, un post che ho scritto per il blog di Digital PR.Si chiama Real Time Marketing ed è una delle opportunità più interessanti che il marketing digitale ha messo a disposizione delle aziende. Come spesso capita si tratta di un’evoluzione di modelli pubblicitari tradizionali – classicamente l’annuncio pubblicitario realizzato in gran fretta e pubblicato sul quotidiano 24 o 48 ore dopo un “evento”, in genere sportivo.L’idea è quella di reagire, questa volta davvero in tempo reale, a uno stimolo, un’opportunità di comunicazione che ci permetta di fare notizia, di diffondere un messaggio che faccia impatto, sorprenda, diverta, dimostri la nostra smartness.Gli esempi non mancano – famosissimo quelli di Oreo al Superbowl che ha saputo approfittare di un imprevedibile blackout, ma anche quelli “costruiti” con cura gettando reti per poi raccogliere opportunità, come nel caso di Kleenex, che ha individuato in rete un piccolo numero di persone raffreddate e le ha coccolate inviando un “kit”. Ottenendo una vasta amplificazione mediatica, nettamente superiore in valore al costo dell’operazione e soprattutto dimostrando concretamente intelligenza e coolness (o, in forma un po’ più “blanda” e più in campo User Generated Content, l’operazione che ha visto Wendy trasformare in diretta in canzoni i tweet degli utenti, oppure Old Spice trasformarli addirittura in spot pubblicitari personalizzati).In sostanza si tratta o di mettersi in agguato, sperando succeda qualcosa (possibilmente di probabile) e intervenendo con una propria comunicazione nel giro di pochi minuti, ad esempio presidiando un evento famoso come la cerimonia degli Oscar , che sappiamo essere molto popolare e la cui popolarità e seguito possiamo provare a intercettare entrando nella conversazione, proponendo una nostra visione (interessante, divertente, critica…).A volte il tempo di reazione dev’essere rapido, anzi rapidissimo.Citando un caso che abbiamo gestito direttamente, prendiamo l’esempio del down di Whatsapp del 2 aprile 2014. 50 minuti in cui i server della più popolare applicazione di messaggistica gratuita sono andati in crash. In quanto agenzia di Social PR di LINE, abbiamo deciso di intervenire in tempo zero con un messaggio chiaro e semplice su twitter: “#whatsappdown Vi aspettiamo a braccia aperte! #LineUp”.Anche su Facebook abbiamo voluto dire la nostra, guidati da quel tocco di irriverenza con cui abbiamo da subito caratterizzato la comunicazione di LINE: “#whatsappdown Niente panico… Ci siamo noi!”.In quel pomeriggio abbiamo deciso di dialogare un po’ con i nostri futuri potenziali clienti e abbiamo deciso di fare un po’ di sana infiltration anche su altri dialoghi tra utenti twitter..I risultati in termini social sono stati ottimi: oltre 150 menzioni su LINE, più di 100 interazioni su Facebook e, soprattutto, un grande impatto sul business: nella sola giornata del 2 aprile, LINE ha accresciuto del 30% la media dei nuovi iscritti, con un netto aumento degli unique browsing (persone che utilizzano l’app almeno una volta al giorno)Aspettarli al varcoUn’altra possibilità/ modalità di intervento è invece costruire dei progetti in cui sappiamo già che qualche utente dirà una certa cosa (possibilmente un certo numero di utenti), predisponiamo una reazione un po’ eclatante e attendiamo che si verifichi l’evento che ci permette di scatenare la nostra azione (tipicamente, come nel caso di Kleenex, si tratta di attendere che una persona qualsiasi, ad esempio su Twitter, dica una certa cosa e far partire un progetto già predisposto accuratamente).Specialmente nel primo caso, quello in cui ci si trova davanti una inaspettata opportunità di comunicazione, entrano in gioco una serie di fattori per riuscire davvero a farcela. In primis una capacità creativa dell’agenzia, ovvia; ma soprattutto l’essere in continuo monitoraggio della Rete – con i conseguenti budget allocati per un’attività che impegna risorse dell’agenzia e quindi comporta costi. Può comunque capitare che l’opportunità si manifesti anche per caso; che anche se non si sta monitorando in tempo reale e continuamente la Rete, balzi agli occhi di azienda o agenzia un messaggio, uno spunto da cogliere subito (e qui ci va anche un po’ di fortuna).Qui diventa critica la capacità di essere flessibili, sia per l’azienda che per l’agenzia. Di sviluppare immediatamente un messaggio appropriato e potente, Di azzerare i tempi delle approvazioni, di essere fuori nel giro di minuti, non di giorni, sennò diventa molto meno interessante. Avere un sistema che riesce a mettere da parte le “procedure burocratiche”, il dover reperire il management, fissare appuntamenti per il giorno dopo. Avere la capacità di operare (anche) per rapidi colpi di mano, prendendosi magari qualche ragionevole rischio, in modo guerrigliero e quindi più sorprendente ed efficace. E soprattutto avere la capacità di non volerlo fare a tutti i costi. Come quando si vuole a tutti i costi raccontare una barzelletta, e la si racconta comunque, fuori contesto: non fa ridere, non funziona. Come molto spesso capita quando le marche cercano di forzare la mano non avendo una buona idea in mano (si veda questo articolo di Mashable).[Branding & Marketing Blog / Venturini]
Riprendo, per parlarne anche a un pubblico diverso, un post che ho scritto per il blog di Digital PR.Si chiama Real Time Marketing ed è una delle opportunità più interessanti che il marketing digitale ha messo a disposizione delle aziende. Come spesso capita si tratta di un’evoluzione di modelli pubblicitari tradizionali – classicamente l’annuncio pubblicitario realizzato in gran fretta e pubblicato sul quotidiano 24 o 48 ore dopo un “evento”, in genere sportivo.L’idea è quella di reagire, questa volta davvero in tempo reale, a uno stimolo, un’opportunità di comunicazione che ci permetta di fare notizia, di diffondere un messaggio che faccia impatto, sorprenda, diverta, dimostri la nostra smartness.Gli esempi non mancano – famosissimo quelli di Oreo al Superbowl che ha saputo approfittare di un imprevedibile blackout, ma anche quelli “costruiti” con cura gettando reti per poi raccogliere opportunità, come nel caso di Kleenex, che ha individuato in rete un piccolo numero di persone raffreddate e le ha coccolate inviando un “kit”. Ottenendo una vasta amplificazione mediatica, nettamente superiore in valore al costo dell’operazione e soprattutto dimostrando concretamente intelligenza e coolness (o, in forma un po’ più “blanda” e più in campo User Generated Content, l’operazione che ha visto Wendy trasformare in diretta in canzoni i tweet degli utenti, oppure Old Spice trasformarli addirittura in spot pubblicitari personalizzati).In sostanza si tratta o di mettersi in agguato, sperando succeda qualcosa (possibilmente di probabile) e intervenendo con una propria comunicazione nel giro di pochi minuti, ad esempio presidiando un evento famoso come la cerimonia degli Oscar , che sappiamo essere molto popolare e la cui popolarità e seguito possiamo provare a intercettare entrando nella conversazione, proponendo una nostra visione (interessante, divertente, critica…).A volte il tempo di reazione dev’essere rapido, anzi rapidissimo.Citando un caso che abbiamo gestito direttamente, prendiamo l’esempio del down di Whatsapp del 2 aprile 2014. 50 minuti in cui i server della più popolare applicazione di messaggistica gratuita sono andati in crash. In quanto agenzia di Social PR di LINE, abbiamo deciso di intervenire in tempo zero con un messaggio chiaro e semplice su twitter: “#whatsappdown Vi aspettiamo a braccia aperte! #LineUp”.Anche su Facebook abbiamo voluto dire la nostra, guidati da quel tocco di irriverenza con cui abbiamo da subito caratterizzato la comunicazione di LINE: “#whatsappdown Niente panico… Ci siamo noi!”.In quel pomeriggio abbiamo deciso di dialogare un po’ con i nostri futuri potenziali clienti e abbiamo deciso di fare un po’ di sana infiltration anche su altri dialoghi tra utenti twitter..I risultati in termini social sono stati ottimi: oltre 150 menzioni su LINE, più di 100 interazioni su Facebook e, soprattutto, un grande impatto sul business: nella sola giornata del 2 aprile, LINE ha accresciuto del 30% la media dei nuovi iscritti, con un netto aumento degli unique browsing (persone che utilizzano l’app almeno una volta al giorno)Aspettarli al varcoUn’altra possibilità/ modalità di intervento è invece costruire dei progetti in cui sappiamo già che qualche utente dirà una certa cosa (possibilmente un certo numero di utenti), predisponiamo una reazione un po’ eclatante e attendiamo che si verifichi l’evento che ci permette di scatenare la nostra azione (tipicamente, come nel caso di Kleenex, si tratta di attendere che una persona qualsiasi, ad esempio su Twitter, dica una certa cosa e far partire un progetto già predisposto accuratamente).Specialmente nel primo caso, quello in cui ci si trova davanti una inaspettata opportunità di comunicazione, entrano in gioco una serie di fattori per riuscire davvero a farcela. In primis una capacità creativa dell’agenzia, ovvia; ma soprattutto l’essere in continuo monitoraggio della Rete – con i conseguenti budget allocati per un’attività che impegna risorse dell’agenzia e quindi comporta costi. Può comunque capitare che l’opportunità si manifesti anche per caso; che anche se non si sta monitorando in tempo reale e continuamente la Rete, balzi agli occhi di azienda o agenzia un messaggio, uno spunto da cogliere subito (e qui ci va anche un po’ di fortuna).Qui diventa critica la capacità di essere flessibili, sia per l’azienda che per l’agenzia. Di sviluppare immediatamente un messaggio appropriato e potente, Di azzerare i tempi delle approvazioni, di essere fuori nel giro di minuti, non di giorni, sennò diventa molto meno interessante. Avere un sistema che riesce a mettere da parte le “procedure burocratiche”, il dover reperire il management, fissare appuntamenti per il giorno dopo. Avere la capacità di operare (anche) per rapidi colpi di mano, prendendosi magari qualche ragionevole rischio, in modo guerrigliero e quindi più sorprendente ed efficace. E soprattutto avere la capacità di non volerlo fare a tutti i costi. Come quando si vuole a tutti i costi raccontare una barzelletta, e la si racconta comunque, fuori contesto: non fa ridere, non funziona. Come molto spesso capita quando le marche cercano di forzare la mano non avendo una buona idea in mano (si veda questo articolo di Mashable).[Branding & Marketing Blog / Venturini]
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