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RealDolls: androidi e sentimento nella fotografia di Elena Dorfman.

Creato il 20 giugno 2014 da Claudia Stritof

Le RealDolls sono giocattoli sessuali, ma in realtà la loro nascita non fu pensata a tale scopo, si trovano in vendita dal 1996 e vengono prodotte a San Marcos, in California dalla Abyss Creation.

L’idea di queste bambole nacque allo scultore Matthew McMullen, chiamato lo “Steve Jobs del sesso”, da sempre stato attratto dalla figura e dal corpo della donna. Inizialmente voleva realizzare manichini realistici, che fossero più sensuali e il più possibili simili al vero. Pian piano con lo sviluppo della tecnologia questi androidi si sono evoluti riuscendo a farli parlare e a fargli assumere espressioni facciali “umane” (ad esempio chiudono gli occhi e si muovo autonomamente).

Quando lo scultore mise in vendita le prime bambole sul suo sito, il successo non tardò ad arrivare, ma lo scopo delle bambole era diverso da quello da lui immaginato, i clienti erano precise: si richiedeva un anatomia perfetta e aderente al vero in tutto e per tutto, anche le sensazioni al tatto dovevano essere simili a quelle reali, e così fu.

Le RealDoll hanno lo scheletro in PVC che permette di assumere movenze e posizioni simili al corpo umano, le articolazioni sono realizzate in acciaio inossidabile e il corpo in silicone ricrea la sensazione della pelle. Le caratteristiche fisiche si scelgono in base ai propri gusti nel minimo dettaglio, le mani assumono la posizione che si desidera, le ciglia sono truccate, le unghie perfette e così anche i capelli, alcuni modelli sudano e addirittura il creatore ha “messo a punto un sistema di sensori interni grazie al quale se si stringe un braccio, affiorano le vene blu…alcuni modelli si riscaldano con il movimento, più le muovi più la temperatura in superficie si alza”.

“Queste bambole non sono per tutti, non vanno nascoste o buttate sotto il letto”, i proprietari le vedono nascere e le seguono per tutto il cammino della loro creazione, scelgono il nome, le caratteristiche e ciò comporta un grande investimento emotivo.

Credo che questo atteggiamento sia curioso, ma non da criticare o da pensare come un puro sfogo sessuale, i sentimenti sono tra i più diversi e di sicuro non sono da prendere con leggerezza.

Numerose le indagine svolte su questi comportamenti e numerosi i documentari: Guys and Dolls (rinominato Love Me, Love My Doll per la messa in onda del 2007 da parte della BBC); nel 2007 è uscito Lars e una ragazza tutta sua di Craig Gillespie, in cui il protagonista (Ryan Goslin) introduce una bambola nella vita quotidiana e la porta ovunque, presentadole amici e parenti, fino ad ottenere il riconoscimento da parte della società.

Un ricercatore britannico David Levy, ha svolto un analisi approfondita su questo argomento e nel 2001 ha fondato la Intelligent Toys Ltd. E’ fermamente convinto che “presto i robot diventeranno partner sessuali per un vastissimo numero di persone”.

Riccardo Campa, docente di Sociologia della Scienza all’Università di Cracovia e direttore della World Transhumanist Association dice: “Ci sarà un momento in cui i robot saranno quasi indistinguibili dagli esseri umani, ma più belli e privi di difetti”, dice: “A quel punto, il loro utilizzo anche a fini sessuali sarà inevitabile”. E con il perfezionamento dell’interattività, dai dispositivi già esistenti (come la lettura dell’occhio o la gesture recognition) le bambole reagiranno ai nostri movimenti e alle nostre emozioni.

In parallelo all’indagine sociologica anche quella artistica e documentaria si è interessata a questo argomento.

Già Helmut Newton nella serie Simulato e Umano del 1978, aveva fatto una campagna pubblicitaria con questi manichini. Il servizio è contenuto nella retrospettiva dedicata al fotografo Playboy: Helmut Newton edita dalla Chronicle Books nel 2005.

Il fotogiornalista Zackary Canepari è entrato dentro la fabbrica di McMullen realizzando belle fotografie tra il surreale e l’inquietante: con volti eterei riposti in una scatola o manichini inquietanti stesi ad asciugare su ganci di ferro.

Ma l’artista che molti anni fa mi colpì durante una mostra fu Elena Dorfman. Nata a Boston ma vive e lavoro tra New York e San Francisco.

Con la serie Still Lovers, ha deciso di entrare in questo mondo particolare. Ha incontrato i proprietari delle bambole che hanno condiviso con lei intimità, litigi e passioni, spiegandole i motivi di questi particolari acquisti.

Legami emotivi forti, che travalicano dell’essere meri oggetti sessuali, con queste bambole “umane” si condivide la lettura di un libro, la visione della televisione tenendosi per mano, un pasto o una colazione.

Mi domando: come i sentimenti di odio, amore, affetto possono venir appagati da un essere passivo? Cosa porta l’uomo a investire i propri sentimenti su una bambola? La realtà è ormai in tutto e per tutto artificio? La libertà più grande che abbiamo raggiunto con lo sviluppo della nuova tecnologia è la possibilità di scegliere su un catalogo Web il nostro partner perfetto? E l’emozione degli sguardi e del corteggiamento come si potrà sostituire?

Gli androidi sono già un discorso “vecchio”, le ricerche della Dorfman risalgono al 2001 e la creazione della RealDolls al lontano 1996. Dopo tutto questo tempo, possiamo essere sicuri di aver accettato e capito senza riserve queste storie d’amore, passione e sentimento?

Molto spesso ci leghiamo affettivamente a degli oggetti materiali, e allora se questi androidi esprimessero sentimenti ed emozioni “fisiche”, se pur pre-impostante, l’affezione  diventerebbe maggiore? Ne vale veramente la pena?

Entro il 2020 si pensa che questi androidi verranno dotati di un inizio di coscienza… in un mondo dove la Barilla afferma: “no famiglie gay negli spot” come se ci fosse qualcosa di strano, siamo disposti a bere un cappuccino tenendoci per mano con il nostro androide che ci guarda e ci strizza l’occhiolino?

Elena Dorfman, Still Lovers, 2001                                                                             (Clicca sulle immagini per ingrandirle)

RealDolls: androidi e sentimento nella fotografia di Elena Dorfman.
RealDolls: androidi e sentimento nella fotografia di Elena Dorfman.
RealDolls: androidi e sentimento nella fotografia di Elena Dorfman.
RealDolls: androidi e sentimento nella fotografia di Elena Dorfman.
RealDolls: androidi e sentimento nella fotografia di Elena Dorfman.
RealDolls: androidi e sentimento nella fotografia di Elena Dorfman.
RealDolls: androidi e sentimento nella fotografia di Elena Dorfman.
RealDolls: androidi e sentimento nella fotografia di Elena Dorfman.
RealDolls: androidi e sentimento nella fotografia di Elena Dorfman.

From the series, “Still Lovers”,
Chromogenic print mounted to aluminum, 29-3/4 by 29-3/4 inches
edition 4 of 12

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RealDolls: androidi e sentimento nella fotografia di Elena Dorfman.

From the series, “Still Lovers”,
Chromogenic print mounted to aluminum, 29-3/4 by 29-3/4 inches
edition 2 of 12

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RealDolls: androidi e sentimento nella fotografia di Elena Dorfman.

From the series, “Still Lovers”,
Chromogenic print mounted to aluminum, 29-3/4 by 29-3/4 inches
edition 2 of 12

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From the series, “Still Lovers”,
Chromogenic print mounted to aluminum, 29-3/4 by 29-3/4 inches
edition 11 of 12

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RealDolls: androidi e sentimento nella fotografia di Elena Dorfman.

From the series, “Still Lovers”,
Chromogenic print mounted to aluminum, 29-3/4 by 29-3/4 inches
edition 7 of 12

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RealDolls: androidi e sentimento nella fotografia di Elena Dorfman.

From the series, “Still Lovers”,
Chromogenic print mounted to aluminum, 29-3/4 by 29-3/4 inches
edition 2 of 12

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RealDolls: androidi e sentimento nella fotografia di Elena Dorfman.

From the series, “Still Lovers”,
Chromogenic print mounted to aluminum, 29-3/4 by 29-3/4 inches
edition 2 of 12

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edition 4 of 12

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Dentro la fabbrica RealDoll: Matthew McMullen fotografato da Zackari Canepari

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Helmut Newton, Simulato e Umano, 1977-1978

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