L’11 ottobre viene inaugurata la mostra Realismi socialisti. Grande pittura sovietica 1920 – 1970 al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Questa mostra rappresenta la più grande revisione fatta relativamente alla pittura e al movimento del realismo sovietico al di fuori della Russia.
Incentrata sul periodo che va dalla Rivoluzione d’ottobre fino all’epoca di Leonid Brézhnev (1964-1982), la mostra si sviluppa cronologicamente attraverso le sette sale del palazzo e ha come obiettivo quello di sfatare il mito del realismo sovietico, mostrando come gli artisti affrontarono il ferreo controllo esercitato dallo Stato sull’arte.
Realismo Sovietico è la definizione ufficiale di questo movimento apparsa nello statuto dell’Unione degli Scrittori Sovietici del 1932, applicabile all’arte e a tutte le espressioni creative. Questo definisce la forma di intendere ed esprimere l’arte legata all’ideologia socialista e imperante nell’Unione Sovietica, che come tale si trasformò in una propaganda del regime piuttosto che un’arte diretta al popolo.
Il Realismo tuttavia nasce a metà del secolo XIX con il fallimento del Romanticismo, la comparsa di mutazioni sociali e il positivismo. L’idea era quella di rappresentare la realtà nel modo il più fedele possibile, mettendo da parte gli ideali e cercando la bellezza in sé stessa. Molti altri artisti assunsero queste premesse senza grandi giri di parole, come nel caso di Nesterov, il quale cambia i suoi ammiratori dell’aristocrazia per il popolo e il partito.
L’ascesa al potere di Stalin significò per molti pittori l’obbligo a incentrare le proprie opere sull’idealizzazione del lavoratore e le allegorie della nuova società, nella quale la madre e i figli sono la raffigurazione della purezza attribuita al socialismo. Dopo la Seconda Guerra Mondiale l’opera epica che esalta il fervore della patria socialista finisce con l’essere il tema predominante dell’arte. Tuttavia, e nonostante le critiche che si possono avanzare all’intervento dello Stato nella sfera della libertà creativa, tutte le opere di questa epoca sono di altissimo livello tecnico, prodotto della grande scuola di pittura russa.
In seguito alla morte di Stalin si avvia un processo di abbattimento dei limiti imposti alla creazione, ci si interroga sul culto della personalità e sul reinserimento dei pittori banditi all’interno della scena artistica. Il Realismo continua tuttavia a essere la tendenza dominante nell’arte sovietica e i pochi artisti che rifiutano questa imposizione continuano nell’ostracismo, senza spazi per esporre né risorse per creare.
L’apertura degli anni ’80 permetterà l’emersione di una nuova generazione di pittori e artisti che portano una ventata di aria fresca in questo asfissiante panorama artistico. Questa situazione scardina definitivamente il Realismo Sovietico nell’arte.
Per ulteriori informazioni:
http://www.palazzoesposizioni.it/MediaCenter/FE/CategoriaMedia.aspx?idc=550&explicit=SI
Nancy GuzmanA più di 20 anni dalla caduta dell’Unione Sovietica e dei socialismi reali, questa mostra risulta un buon esercizio di memoria di una tappa dell’umanità. Non perdete l’occasione di trascorrere alcuni giorni in uno degli appartamenti a Roma in modo tale da poter visitare questa mostra e magari anche qualche altro museo.
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