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Shock da Grande Fratello? Esiste, e Matteo Garrone riesce a mostrarcelo in tutta la sua assurdità.
Dopo il successo di Gomorra, il premiato regista italiano abbandona i toni foschi della mafia per portarci nei rioni napoletani e il loro colore. Protagonista è Luciano, un pescivendolo che s’arrangia anche con truffe assieme alla moglie, che è da sempre considerato un personaggio per via della sua esuberante simpatia e la parlantina facile. Fulminato sulla via di Damasco dal successo e l’osannazione che Enzo, un ex concorrente del Grande Fratello, ottiene e al lusso che la sua vita sembra promettere, decide anche per amore delle figlie di partecipare ad un provino per entrare nella famosa casa. Ma da qui in poi, la discesa nel vortice della paranoia diventa irrefrenabile: convinto di essere osservato, di essere un futuro concorrente, cambia il suo stile di vita per rendersi più interessante alle telecamere rovinando così l’equilibrio famigliare.
Vincitore a Cannes del Gran Prix della giuria, Reality riesce ancora una volta a mostrare il lato malato del nostro bel Paese, con un protagonista infarcito di false speranze e intrigato dai soldi facili. L’interpretazione di Aniello Arena, formatosi nel carcere e che per girare il film aveva un permesso speciale per uscire dalle sbarre, sorprende. Naturale, simpatico ed empatico, trasmette con semplicità i suoi sentimenti. Non da meno è la sua numerosissima famiglia, emblema del pubblico medio, pronta a sostenere il suo beniamino fino a che è nell’onda del successo salvo poi ammettere l’errore lasciandolo invischiato in problemi sempre più gravi.
Ma al di là della trama, che compone una godibile commedia che molto ricorda i toni di Pirandello o di Eduardo de Filippo, a colpire è soprattutto la realizzazione. Grazie ad una fotografia nitida che carica i colori e ad una musica leggera e lieve composta da Alexandre Desplat (e ispirata chiaramente a quelle di Danny Elfman), Reality assume i contorni di una fiaba. Il finale non può quindi che essere una happy end sottolineato dalla risata contagiosa di Luciano.
Garrone si conferma così un regista capace di affrontare non solo storie drammatiche (anche Primo Amore e L’imbalsamatore si muovevano su questo genere) ma anche la leggerezza di temi che nascondono in realtà una profondità sempre più presente.
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