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Vista la propria innata simpatia, su pressione dei numerosi parenti e dei figli partecipa alle selezioni per il Grande Fratello. L'attesa della telefonata della produzione, che dovrebbe comunicargli di essere stato scelto come concorrente, diventerà ossessione. Reality, ultimo lavoro di Matteo Garrone, racconta il vuoto di una società che ha perso il senso della realtà. Garrone non si limita alla lezioncina facile facile ma dimostra di conoscere alla perfezione i meccanismi mentali di una consistente fetta della nostra società, quella che al banchetto di nozze invita, spendendo somme considerevoli, il concorrente del Grande Fratello pensando di essere chic; che si lamenta delle tasse ma fa la coda per l'ultimo modello di telefonino, che vive in case fatiscenti e mal tenute ma che non rinuncia a spendere i pochi soldi che possiede per cafonesche unghie finte. Con queste premesse, la prima parte del film si rivela un horror sociale di rara bellezza, di chirurgica precisione quando si tratta di descrivere la psicologia dei protagonisti, raccontata non con fiumi di parole, ma quasi esclusivamente attraverso le immagini. Garrone è capace di far capire chiaramente non solo quello che ci mostra, ma mette lo spettatore nella condizione di sapere (immaginare) come si comportano i personaggi fuori dallo schermo: cosa guardano in Tv, come votano, cosa mangiano, come fanno l'amore. Il Grande Fratello è solo un pretesto per raccontare la vita vera, quella dell' italiano teledipendente, che tende a sostituire la propria esistenza fatta di ignoranza, sacrifici e rinunce (non necessariamente) con una più confortevole fatta di lustrini e pailettes. Che lo show sia fuoriuscito dal teleschermo non ce ne accorgiamo oggi, basta guardarsi intorno alla fermata del tram per vedere come giovani donne si muovano come se fossero riprese dalle telecamere o soggiornare per qualche minuto da una parrucchiera per ascoltare con quanta enfasi vengono pronunciati i nomi di località come Sharm el Sheikh o Ibiza o peggio ancora, basta scorrere le pagine del giornale della parrocchia, dove alla voce "battesimi" ci si imbatte nei vari Michael e Sean (scritti Maicol e Scion - ve lo giuro è successo-). La forza di Garrone è quella di raccontare tutto questo come se fosse una favola senza voler fare il professorino. Nella seconda parte del film, finita la sociologia per immagini, Garrone non rischia molto e la pellicola perde di ritmo, ma Reality è girato talmente bene che il regista, alternando piani sequenza e primi piani del protagonista, accompagna dolcemente lo spettatore verso un finale onirico. Con Reality, Garrone evidenzia ancora una volta una capacità narrativa di grande livello e una idea di cinema che tende ad avvicinare lo spettatore alla realtà senza utilizzare ruffianerie. Degni di segnalazione i due piani sequenza girati dall'alto che aprono e chiudono il film, come se la storia raccontata sia stata seguita nel suo evolversi da un grande occhio, probabilmente quello del Grande Fratello a cui nulla sfugge. Matteo Garrone non sbaglia un film (L'imbalsamatore 2002 - Primo Amore 2004 - Gomorra 2008) ne la scelta dei protagonisti, pescando tra attori sconosciuti o addirittura tra i dilettanti. Il protagonista, Aniello Arena, è un ergastolano detenuto nel carcere di Volterra. Grand Prix all'ultimo festival di Cannes Fabrizio Luperto
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