Il napoletano Luciano conduce una pescheria insieme al cugino, districandosi per soprammercato tra piccole truffe, e coltiva un sogno: partecipare al Grande Fratello, con l’illusione di trovare una via d’uscita dalla realtà che lo circonda. Spinto dalla famiglia, partecipa a un provino per entrare nella casa. Da quel momento in avanti vivrà l'attesa della chiamata in modo sempre più ossessivo, perdendo via via il senso di ciò che gli sta capitando.
Non è un caso che nel periodo storico attuale si producano film come Reality ed È stato il figlio: storie di disgraziati che affidano a circostanze esterne il riscatto sociale, fantasticando una soluzione magica ai propri problemi. Ma se Ciprì spinge a fondo il pedale del grottesco (a mio avviso il modo più efficace per rappresentare questo genere di situazioni), Garrone gira una commedia dall’impianto più tradizionale, incentrata sul tema dell'identità e sul rapporto tra realtà oggettiva e percepita.
I punti forti sono sicuramente la regia (magistrale), gli attori (favolosi, non solo Aniello Arena, artefice di una prova commovente) e la colonna sonora di Alexandre Desplat. Alcune trovate confermano il talento creativo di Garrone, tuttavia rimangono isolate, applicate a una storia debole che illustra il proprio enunciato senza riuscire mai a sorprendere e raccontata con ritmo lasco. Lo sguardo del regista non è capace di incidere e far breccia nella superficie della finzione. Complessivamente, un’occasione mancata.
Reality, di Matteo Garrone, con Aniello Arena, Loredana Simioli, Nando Paone (Italia/Francia, 2012, 115’). Vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria al 65° Festival di Cannes. In programmazione al Cinema Massimo 2 di Torino.