La crisi libica è sintomatica di diversi aspetti. Il primo, che l’Unione europea (il cui ritardo decisionale e comunicativo è alquanto evidente) ha preso sotto gamba le proteste tunisine ed egiziane non riuscendo a prevedere l’evolversi degli eventi. Il secondo, che peggio di un dittatore travestito da presidente democratico c’è soltanto un dittatore camuffato da dittatore. Il terzo, che l’Italia è il Paese che più degli altri paga la scellerata politica estera degli ultimi anni. Dapprima si incoraggia Mubarak a governare nella assoluta saggezza che lo ha contraddistinto nel tempo, poi ci si allinea al resto d’Europa e agli Stati Uniti che piuttosto invocano una transizione democratica dell’Egitto. In principio si fanno accordi con un dittatore spietato quale è Gheddafi – di per sé poco male (non siamo né i primi né gli ultimi in questo senso) –, invitandolo però in casa propria a sostenere show poco lusinghieri. Poi, fulminati sulla via di Damasco, ci accorgiamo che sì, il Colonello è un dittatore che non guarda in faccia a nessuno, fratelli e sorelle compresi (acute osservazioni di Frattini). Muore, ancora una volta, un soldato italiano in Afghanistan. Il premier, dopo anni e anni di presenza nell’area, si chiede se tale sacrificio porterà a qualcosa di buono. Poi afferma: dobbiamo andare avanti. In nome della realpolitik. Magazine Società
La crisi libica è sintomatica di diversi aspetti. Il primo, che l’Unione europea (il cui ritardo decisionale e comunicativo è alquanto evidente) ha preso sotto gamba le proteste tunisine ed egiziane non riuscendo a prevedere l’evolversi degli eventi. Il secondo, che peggio di un dittatore travestito da presidente democratico c’è soltanto un dittatore camuffato da dittatore. Il terzo, che l’Italia è il Paese che più degli altri paga la scellerata politica estera degli ultimi anni. Dapprima si incoraggia Mubarak a governare nella assoluta saggezza che lo ha contraddistinto nel tempo, poi ci si allinea al resto d’Europa e agli Stati Uniti che piuttosto invocano una transizione democratica dell’Egitto. In principio si fanno accordi con un dittatore spietato quale è Gheddafi – di per sé poco male (non siamo né i primi né gli ultimi in questo senso) –, invitandolo però in casa propria a sostenere show poco lusinghieri. Poi, fulminati sulla via di Damasco, ci accorgiamo che sì, il Colonello è un dittatore che non guarda in faccia a nessuno, fratelli e sorelle compresi (acute osservazioni di Frattini). Muore, ancora una volta, un soldato italiano in Afghanistan. Il premier, dopo anni e anni di presenza nell’area, si chiede se tale sacrificio porterà a qualcosa di buono. Poi afferma: dobbiamo andare avanti. In nome della realpolitik. Possono interessarti anche questi articoli :
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