Si tende a considerare i termini realtà e verità come se fossero dei sinonimi. Eppure, la realtà è in buona parte condizionata dalle convenzioni. Non a caso, chi assume un comportamento in modo autonomo, quindi più aderente alla sua vera personalità, viene considerato stravagante, fuori dal comune, fuori dalla realtà del mondo.
Il reale, nel suo percorso di formazione dal vero (la volontà) all’epifenomeno (la rappresentazione), deve tener conto di una lunga serie di condizioni che inesorabilmente alterano la purezza originaria. Un sorriso o una frase di circostanza appartengono alla realtà dei fatti, a prescindere che trovino o meno una corrispondenza con lo stato d’animo di chi li esprime.
La finzione ha piena libertà d’azione nel campo della realtà, ma è vera solo quando viene smascherata. Il teatro è l’esempio paradigmatico di come la verità della finzione consista nel suo essere riconosciuta e accettata come finta.
Un ragionamento similare può essere fatto riguardo al rapporto tra spontaneità e sincerità. Spesso, in presenza di pericolo o per semplice convenienza, l’atteggiamento più immediato, dunque spontaneo, è l’insincerità. Viceversa, per essere sinceri, altrettanto spesso, è necessario appellarsi alla propria coscienza, resistendo alla spontaneità dell’istinto, incapace di avere un orizzonte più ampio del proprio egoismo.