Nella mia testa immagino che le cose siano andate così. Balaguerò sta guardando REC 3 e non sa che faccia fare, Paco Plaza è vicino a lui con le mani che tremano ma il sorriso enorme, gli comunica cose tipo entusiasmo, meraviglia e rivoluzione con il suo terzo capitolo, che scardina la natura mockumentary dei primi due atti della saga e butta tutto in vacca con un umorismo che non saprei bene come definire se non che si tratta di un umorismo che non fa ridere. Dunque, Balaguerò sta guardando e gli fa, bello sì, ehm, come no, ehm, un sacco ridere, però aspetta che ho parcheggiato in doppia fila, torno subito, eh, stai tranquillo, poi sale in macchina, sgomma e fila a fare REC 4.
Il problema di una porcata come REC 3 stava nell’inadeguatezza comica di un film che montava un’impalcatura serissima, il suo era un umorismo strambo, delirante e fuori fuoco come se prima Plaza avesse scritto e girato tutto con rigidità e autorevolezza per poi pensarci un attimo e magari dirsi che un paio di battute non ci sarebbero state male. Non era sbagliato un concetto anche molto coraggioso come quello di trasformare il progetto in una semi parodia demenziale – anche se dopo una cosa orrenda come il secondo capitolo, che è il vero film brutto della saga, c’era del fegato anche solo ad annunciare una quadrilogia –, sembrava più che altro che Plaza, lasciato solo, incapace di riabilitare una serie di film che si era esaurita già con il primo, avesse scelto in extremis una strada ironica perché non sapeva dove altro sbattere la testa.Balaguerò riprende quindi in mano tutto quanto e riporta ordine laddove non c’era più alcuna direzione, la spartizione di un capitolo a testa era già stata decisa a suo tempo ma la mano più esperta si sente parecchio nell’iniettare quell’adrenalina e quel ritmo, o in generale quella squisita potenza horror, che mancavano da molto tempo. E il film è tutto qua, e va bene così, è gran mestiere e nient’altro, quel professionismo tutt’altro che indispensabile, soprattutto con una carriera che conta ormai un buon numero di titoli, ma che fa sempre bene e dà una certa sicurezza in un ambiente dove tutto traballa troppo spesso.Abbandonate la sorpresa e l’allora feroce innovazione visiva del primo capitolo, uno zombie-movie ha bisogno di pochi aspetti per funzionare, e tra questi certo non compaiono vermoni infernali, esorcismi, possessioni e demonologia assortita. Con REC 4 Balaguerò ignora la tecnica found footage ma recupera l’essenza brutale e con questa la stessa protagonista, Manuela Velasco, li scaraventa in un’ambientazione insolita (una nave in mezzo all’oceano) e per non sbagliare si ferma lì, dando quel minimo sindacale che assicura buon intrattenimento pur non sforzandosi più di tanto per raggiungerlo.Non ci sono personaggi di rilievo, il compitino è svolto rapidamente con una manciata di personalità grezze e poco più che funzionali, e non ci sono guizzi narrativi, perché Balaguerò pare sentirsi in dovere di riassumere i guai satanici combinati con REC 2 per livellare, equilibrare e riportare ogni cosa su quella necessaria, cruda e animalesca azione. È quindi un viavai, invero non troppo interessante, di virus, cure, dottori sleali, soldati opportunisti, nerd grassocci e pervertiti e un personaggio femminile con colossali controcoglioni, il tutto mescolato con il sempreverde lerciume edile che contraddistingue le scenografie del regista iberico.
La parata di infetti furibondi, il loro incontrollabile vomitare sangue e il trampolino offerto a gustose esplosioni di sangue impediscono di annoiarsi, le situazioni create, le armi a disposizione e il labirintico smarrirsi nelle viscere della nave fanno il resto, la comicità è bandita e sostituita da un’avventurosa seriosità, con eroi tradizionali ma ben determinati e imbevuti di una potentissima epicità sinfonica che, soprattutto nell’ultima parte, tra le urla sempre più disperate della Velasco e le secchiate sempre più esagerate di budella, fanno provare anche qualche emozione imprevista.Panzer Division Balaguerò firma il suo film più facile: REC 4 è cinema horror old school, quadrato come un carro armato, ignorante e felice di esserlo, nessun cedimento, provate ad affondarlo se ci riuscite.