L'adolescenza
è un'età potenziale.
Titolo:
Acciaio
Autrice:
Silvia Avallone
Editore:
Bur – Rizzoli
Numero
di pagine: 357
Prezzo:
€ 5,90
Sinossi:
Nei
casermoni di via Stalingrado a Piombino avere quattordici anni è
difficile. E se tuo padre è un buono a nulla o si spezza la schiena
nelle acciaierie che danno pane e disperazione a mezza città, il
massimo che puoi desiderare è una serata al pattinodromo, o avere un
fratello che comandi il branco, o trovare il tuo nome scritto su una
panchina. Lo sanno bene Anna e Francesca, amiche inseparabili che tra
quelle case popolari si sono trovate e scelte. Quando il corpo
adolescente inizia a cambiare, a esplodere sotto i vestiti, in un
posto così non hai alternative: o ti nascondi e resti tagliata
fuori, oppure sbatti in faccia agli altri la tua bellezza, la usi con
violenza e speri che ti aiuti a essere qualcuno. Loro ci provano,
convinte che per sopravvivere basti lottare, ma la vita è feroce e
non si piega, scorre immobile senza vie d'uscita. Poi un giorno
arriva l'amore, però arriva male, le poche certezze vanno in
frantumi e anche l'amicizia invincibile tra Anna e Francesca si
incrina, sanguina, comincia a far male. Silvia Avallone racconta
un'Italia in cerca d'identità e di voce, apre uno squarcio su
un'inedita periferia operaia nel tempo in cui, si dice, la classe
operaia non esiste più.
La recensione
“La
loro amicizia era diventata una cosa inesplosa, come i petardi
difettosi rinvenuti il giorno dopo. Quelli che ti cavano un occhio,
se li raccogli dal marciapiede”. Francesca e Anna –
tredici anni, quasi quattordici – si schizzano, si rotolano nella
sabbia e attirano sguardi indiscreti, sulle spiagge di una Toscana
che non riconosci: grigia, radioattiva, industriale. Angosciante.
Eccola lì, una spallina del costume che scivola giù. Eccolo, il
triangolo del bikini che si sposta e si infila ovunque, lasciando ben
poco all'immaginazione. Ci fanno caso a quanto sono diventate belle
di botto, a quanto piacciono, loro due, mentre fanno i giochi stupidi
di sempre e fanno girare la testa ai ragazzi del quartiere? C'è chi,
con il binocolo alla mano e i pantaloni gonfi sul davanti, le guarda
e fa pensieri strani: un genitore fin troppo apprensivo, un amico di
famiglia ritrovato, un operaio in pausa caffè... Nuotano, e a largo
c'è l'Elba. Saranno mai abbastanza forti le loro braccia, per
portarle d'un fiato fin lì, a cavallo di un'onda? Non sanno ancora,
infatti, che la loro amicizia è destinata a finire presto – una
andrà al classico, un'altra al professionale; una vuole bene
all'altra come a una sorella, e l'altra la ama come pare sia
sconveniente amare una ragazza – e che da via Stalingrado, un
labirinto di casermoni a pezzi e motorini truccati, non si scappa
mica. La periferia è un destino, la terra all'orizzonte un miraggio
sfocato. Insieme alle due, ingenue e fatali, con i poster di Britney
Spears alle pareti e gli sguardi estranei fissi addosso, i parenti –
padri troppo assenti o troppo presenti, mamme similmente vittime –
e gli amici, a un bivio. Quel fratello così invidiato, Alessio, che
eppure muore d'amore per l'inarrivabile Elena e campa di strisce di
coca, turni faticosissimi, vita spericolata. Quei soliti amici suoi,
Cristiano e Mattia, che con le adolescenti del quartiere hanno i
flirt e, talora, i figli. E su di loro, nell'Italia delle centomila
lire e Berlusconi, le luci tremolanti delle tivù, che trasmettono in
sincrono la caduta delle Torri Gemelle, e l'ombra della Lucchini, che
a tanti dà la vita – con le occasioni lasciate in eredità alle
generazioni future, gli incarichi a tempo (in)determinato – e a
qualcuno la morte. Le temperature di fusione sono altissime, infatti,
i walkman non sovrastano il rumore assordante e sono lunghi, i turni,
per permettersi un tuffo nel blu. Come separi il ferro dal carbonio,
uniti insieme in una lega metallica? Come spezzi un'amicizia in due,
un cuore, e sperare di tirare avanti? Acciaio, in
whishlist dal giorno dell'uscita, a metà strada tra il romanzo
d'inchiesta e quello di formazione, è l'esordio nostrano che
guardava a Niccolò Ammaniti – la sua periferia, i tocchi pulp, i
nuovi miserabili - e a cui, qualche tempo dopo, avrebbe guardato
Valentina D'Urbano, amatissima da queste parti.
Sono
passati sei anni. Facevo il liceo, mi sembra, e la Avallone era
ovunque mi girassi: amici non lettori, perfino, mi parlavano di un
vagheggiato amore saffico, nocche livide, colate
incandescenti. Acciaio faceva discutere e vendeva,
sì, ma non ero curioso neanche un po'. Esploravo altri generi,
all'epoca, e le storie suburbane sarebbero arrivate sul mio scaffale
soltanto qualche estate fa – prima con i Gemelli e la Fortezza, poi
con l'indimenticabile Graziano Biglia e le figure della inventata
Ischiano Scalo. Tutti ne parlavano. E allora perché parlarne ancora?
Tutto era stato detto. E allora cos'altro aggiungere? L'ho riscoperto
solo adesso e l'ho letto lentamente: un esame dai giorni contati, che
forse andrò a dare mercoledì o forse no, e climi afosi, tra le
pagine. Una vicenda per cui mi viene in mente un aggettivo
preciso, torrida, e un rapporto al femminile di amore e
odio, gelosie e confidenze, che vagamente mi ha reso queste Francesca
e Anna molto simili a Lila e Lenù, che però popolano un'altra città
e altre saghe – acclamate, a giusta ragione, come eroine di
un capolavoro contemporaneo. Acciao l'hanno amato e
l'hanno odiato invece. Forse, lo amano più all'estero, da quel che
leggo. Io sono il tipo che preferisce stare in mezzo. In mare aperto.
Perché è scritto benissimo o, se benissimo non è scritto, comunque
è scritto come piace a me: suggestivo, vigoroso, sferzante. E
perché, d'altra parte, raccoglie personaggi - e purtroppo luoghi -
comuni, e inevitabilmente non tutti affascinano allo stesso modo.
Spettacolo voyeuristico e verisimile che non ha occhi che per loro.
Gli si perdonano, perciò, le svolte irrisolte e i drammi mancati: le
tragedie colpiscono loro, poco noialtri. Non si urla all'ingiustizia,
alla vita che è una gran bastarda, se sembravano inevitabili. Le
storie che vi nominavo, che lo abbiano preceduto o seguito poco
importa, hanno più anima e più pancia. Come il metallo di cui porta
il nome, il romanzo è duro e tagliente. Ma come quell'acciaio lì è
anche freddo, al tatto. Ritiri la mano, ma prima getti il sasso. O
era l'uniposca rubato? Quello, sui muretti e nei libri, con colori
sanguigni, ti racconta di tutti loro e di un'isola che potresti
sfiorare con un dito: se non fosse per la pigrizia, se non fosse per
la paura... Quando ci mette il sole a cancellare amicizie ed amori a
inchiostro dalle panchine?
Il
mio voto: ★★★
Il
mio consiglio musicale: Vasco Rossi – Albachiara