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Anche se capivo. Che la paura di morire accelera il processo conoscitivo, che ci sono adolescenti brillanti. Qui è tutto più sopra le righe, più esagerato, più chiacchierato. Piaciuto? Non piaciuto? Breaktime, in realtà, è un altro volume che va ad aggiungersi alla categoria interessante e in allestimento dei romanzi boh. E' stranissimo, una cosa mai letta, e se consigliarlo o no dipende un po' dai vostri gusti: amate sperimentare? Io sono un lettore dai gusti assai semplici, e non me ne vergogno affatto. Soprattutto quando, con le feste di mezzo, mangio pesante e vado a stendermi sul divano. Leggevo Breaktime e non volevo un altro peso sullo stomaco. Questo romanzo audace, tutto forma, parla di tutto e di niente a modo suo: lì il lampo di genio autentico. Ma io non amo il cinema anti narrativo, figuriamoci la narrativa anti narrativa. E Breaktime per essere un romanzo dannatamente breve che parla di tutto e di niente può risultare, a lungo andare, pesante. Mi esaltava all'inizio, mi annoiava al centro, mi dava da pensare alla fine. Razionalmente: geniale. Emotivamente: cuore e testa non vanno d'accordo, perciò nulla di pervenuto alla voce "emotivamente-due-punti". Ho conosciuto Aidan Chambers con il suo romanzo meno semplice, con quello più personale. Ditto e Morgan, anacronistici nel modo di esprimersi ma comuni nei desideri, sono bambole nelle mani del ventriloquo Chambers. Parla lui, che è un autore navigato. Un adolescente non ci arriverebbe. A quei discorsi e a una costruzione che fa rima con distruzione. Lui non scrive una storia con un inizio, uno svolgimento e una fine. Lui fa mash up con passi di Oliver Twist; inserisce vignette illustrate e fumetti; lascia pagine in bianco; copia-incolla lettere e, libero, scivola dalla terza persona alla prima. Incolonna frasi, lascia puntini da riempire; perfino buchi narrativi, nell'attimo in cui il protagonista era tutto impegnato ad ansimare in compagnia di Federica la Mano Amica - non trovavo modo più chic per dire che Ditto si masturba e ogni tanto ci abbandona; ecco, l'ho detto lo stesso. Cioè, una cosa artistica e tanto, tanto acuta.
Ma il gioco è bello quando dura poco e questo, nonostante le sue centonovanta pagine a spizzichi e bocconi, è durato un po' troppo. Diverte, ma meno quando noti che l'autore, anzianotto, si diverte più di te. La lampadina si riaccende davanti a una scena di sesso carinissima, con tanto di spiegazione scientifica dell'atto (leggetela, e se non volete leggerlo leggete solo quella!), e a un finale in cui entriamo in gioco noi, a dire se è verità o bugia. Attivo è il ruolo del lettore. Ci sono passi originali, tutti intrecciati, con frasi alternate, che ti fanno tornare indietro per essere lette tutte quante. Mai sfogliato un romanzo al contrario, in quattordici, quindici anni che leggo. Tu dici che è illogico, e l'ho detto anch'io; ma in realtà Chambers ti stimola per tutto il tempo, anche quando la sua sembra una barzelletta senza senso. Ecco, adesso che ne parlo, mi rendo conto mi è piaciuto più di quanto pensassi. Lì per lì, proprio come Morgan che ascoltava, mi chiedevo cosa cavolo significasse quella storia. Anche se noi siamo sia Ditto, che nel potere della letteratura ci crede, ma siamo un po' anche Morgan, che non capisce a sua volta Ditto. Capito? Non fa una piega! Ribadisco lo strano, ma è uno strano che può piacere oppure no. Se avesse avuto la dimensione del racconto, pollice del tutto in su. Aidan Chambers, la prima volta che ci incontriamo, lancia un guanto di sfida. E' una provocazione intellettuale, Breaktime. E mi sa che io, per questa volta, non l'ho colta di petto. All'appuntamento all'alba, nella brughiera nebbiosa, con il vestito buono e le pistole sguainate, non mi ci sono presentato proprio. Ero nascosto nel mio pigiama chiazzato di dentifricio, in cameretta, a dire che John Green è vero che è più retorico, ma mi piace di più. Il mio voto: ★★★ Il mio consiglio musicale: Stromae – Papaoutai
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