Recensione a basso costo: Giulia 1300 e altri miracoli, di Fabio Bartolomei
Creato il 05 febbraio 2015 da Mik_94
Ieri,
tra le due e le tre del pomeriggio, scrivevo questo. E,
nelle ore successive, sono stato così bravo da rivedere quattrocento
versi. E da prendermi un febbrone di quelli potenti. Un abbraccio a
voi. M.
Nasciamo
con le mani piene. Per questo da neonati stringiamo i pugni, perche'
abbiamo i doni piu' meravigliosi che si possano desiderare:
l'innocenza, la curiosita', la voglia di vivere.
Titolo:
Giulia 1300 e altri miracoli
Autore:
Fabio Bartolomei
Editore:
E/O
Numero
di pagine: 281
Prezzo:
€ 9,50; € 16,00
Sinossi:
A
Diego, quarantenne traumatizzato da un lutto familiare, con un lavoro
anonimo e un talento unico per le balle, accade di imbarcarsi in
un'impresa al di sopra delle sue capacità, l'apertura di un
agriturismo; accade che decida di farlo in società con due individui
visti solo una volta e che in comune con lui hanno esclusivamente la
mediocrità; accade anche che a scongiurare il fallimento immediato
sia l'intervento di un comunista nostalgico e che la banale fuga in
campagna si trasformi in un atto di resistenza quando
nell'agriturismo si presenta un camorrista per chiedere il pizzo.
La recensione
Guardo
l'orologio e penso che non ho tempo. Sul serio, questa volta è
peggio del solito. So che sono paranoico e che ogni esame mi toglie
un mese o due di vita, ma questa volta la situazione è tragica.
Quando lo dicevo le altre volte, non avreste dovuto darmi ascolto. Il ripasso di Letteratura Latina è missione impossibile.
Qualche giorno appena per rivedere mille e ottocento versi
dell'Eneide, che ho già tradotto con cura, tra dicembre e
gennaio, e con altrettanta cura ho rimosso. Zero. Nero. Blackout,
proprio. Ma ho letto, nei ritagli scarsi di tempo, e anche se c'ho
messo una settimana intera per portare a termine un libricino piccolo
ma che fa una compagnia immensa, mi sono preso una pausa, a metà tra
il mio caffè senza zucchero e il ritorno a Virgilio,
e mi sono ripromesso che, senza troppi preamboli, dovevo dirvelo.
Che, dopo Lezioni in paradiso e
altri “leggilo, leggilo” da parte delle solite Sonia e Federica,
ormai comparse fisse nel blog e impiegate a tempo indeterminato nella
non abbastanza nutrita schiera delle fangirl della
narrativa italiana, ho comprato l'edizione tascabile dell'esordio del
buon Fabio e, prima che la versione cinematografica
venisse a tentarmi, ho scoperto i segreti e i prodigi di una storia
di prati musicali, quarantenni con sogni e amori precari, camorristi
col pallino dei concerti brandeburghesi e bijoux d'auto d'epoca.
Dirvi, poi,
che sono famoso per non avere post arretrati – i miei arretrati si
limitano alle lingue morte, e già – e che, ora come ora, non
vorrei rovinarmi da me la fama di blogger stacanovista, prolifico e
altamente logorroico, ma leggendo Giulia 1300 e altri
miracoli non ho preso in verità
manco uno stralcio di appunto. Però non è un altro buco nero,
un'altra lampadina saltata, la corrente che – insieme alle buone
intenzioni – va via in un pufff.
Più che altro, mi fa strano che sia già finito. Ho realizzato la
cosa dopo qualche giorno. Non è un libro particolarmente originale o
accattivante, né uno di quelli che ti tengono svegli nel cuore della
notte, almeno che tu non soffra di insonnia cronica di tuo. Mi ci è
voluto un po' per arrivare a leggere lo splendido messaggio contenuto
nell'ultimo rigo, ma non ho avuto fretta, durante il viaggio. Finché
è durata, è stata pura pace averlo a portata di mano e sapere che,
anche con la lettura di un capitoletto al giorno, era una finestra su
un più gradevole altrove. Dirvi, ancora, che spesso diverte, senza
ricercare la risata facile, e che altrettanto spesso, forse
involontariamente, rattrista, con toni agrodolci e bicchieri che, a
volte, sono solo mezzo vuoti, comunque tu li voglia vedere. Li
conoscerete tutti leggendo, ma li conoscete già. Come li conosco io.
Un Diego che si è avvicinato al padre, quando era tardi; un Claudio
un po' mammone che ha perso moglie, capelli, impresa di famiglia,
ricevendo in cambio solo nuove e continue manie; un Fausto arricchito
a sbafo, volgare e pacchiano, ma con un cuore grande così; un Sergio
che si infiamma per un nulla, ma che non crede più a destra o a
sinistra e che quindi, sinceramente, adesso non sa dove svoltare. Nella vostra vita, quanti esemplari simili ci sono?
Autentici
italiani medi, una televisione che manda porno a tutte le ore, una
donna che porta tanta allegria, un rapimento impossibile che non sai
come andrà a finire. Un paradiso privato che confina con una
discarica abusiva. E sembrerà una barzelletta, raccontata da me –
“la sapete quella del venditore di macchine, del
presentatore televisivo di serie b, del commerciante fallito? Ma sì,
quella in cui tutti insieme sfidano la camorra e i pregiudizi, capito
quale?” - e se (poveri voi!)
non conoscete le chicche che regala l'irresistibile dialetto
napoletano (io sono madre-e-padre-lingua, modestamente), ogni tanto vi
ci vorrà qualche sottotitolo o un ripasso veloce, ma guardando
l'ultima puntata di Gomorra, qui
camorristi simili ma più sorridenti, o il magnifico Song'e
Napule, e con i Manetti Bros sì che ci avviciniamo
di più allo stile spigliato, intelligente e rilassato di Bartolomei,
sarete a bordo. Un posto sulla Giulia non si nega a nessuno. Perché la vicenda di
quattro disadattati con le spalle al muro ma con la testa sempre
alta, che prendono in ostaggio una manciata di spietati camorristi, è
assurda ma non è che non stia né in cielo né in terra. La storia
rocambolesca di Giulia 1300 e altri miracoli non
è fuori dal mondo: al contrario. E' dentrissimo. Contemporanea;
nostrana come un piatto fresco fresco pomodoro, mozzarella e
basilico; di cuore. Una parabola, per una volta, sul sogno italiano.
Quello americano, noi che tanto amiamo Hollywood, va a
finire che lo conosciamo meglio del nostro. In un'Italia che è
quella che è, un sogno sotto sotto c'è – ma che brutta questa frase,
sembra un pezzo della sigla dei Puffi,
ma ricordatevi che non ho tempo, quindi non la cambio, no. Il sogno
italiano, dicevo: fare inversione di marcia e non scappare più.
Prendere in gestione un agriturismo per sentirti padrone di qualcosa,
tu che non hai avuto mai niente. Smettere di andare appresso alle
ragazzine, anche se universitari e quarantenni è un binomio
schifosamente alla moda, e capire che si può amare una che ha la tua
età, le rughe e i suoi pensieri scontrosi, anche senza la prova di
un primo bacio. L'amore non è mica come il melone d'estate, che devi
farci la prova. Insomma, quando si legge un bel romanzo italiano, scatta il paragone con l'estero. Sempre. E' internazionale, ormai, è la frase all'ordine del giorno. Ma che poi, mi chiedo, è un complimento? I romanzi di Fabio Bartolomei sono invece da leggere perchè di quel che è moda se ne infischiano coraggiosamente e, al tanto inflazionato internazionale, contrappongono due spaghetti al sugo; un fiasco di vino rosso, che fa pure buon sangue; la magia del casereccio.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: Pino Daniele – Yes I Know My Way
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