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Recensione (a basso costo) in anteprima: Il traghettatore, di William Peter Blatty
Creato il 05 settembre 2012 da Mik_94Titolo: Il traghettatoreAutore: William Peter BlattyEditore: FaziPrezzo: € 9,90Numero di pagine: 200Data di pubblicazione: 15 Settembre 2012Sinossi: New York, anni Novanta. Joan Freeboard è un agente immobiliare ambiziosa e di successo. Ha fra le mani un grande affare: la vendita di Elsewhere, una villa costruita negli anni Trenta su una boscosa isola del fiume Hudson, ormai disabitata da anni. Ma quella che sembra un'occasione d'oro nasconde un impedimento non da poco: si dice che la proprietà, già scena di diversi omicidi, sia infestata da fantasmi che uccidono chiunque vi soggiorni. Joan arruola allora un esperto di paranormale, una sensitiva e uno scrittore e insieme a loro si trasferisce nella villa per una settimana, per sfatare questa terribile nomea. Ma le cose andranno diversamente: isolati da tutto in seguito a una tempesta, i quattro sperimenteranno l'oscura forza delle presenze occulte che si aggirano nella casa, in un crescendo di terrore che li porterà a una imprevedibile e spaventosa rivelazione finale. La recensioneE' abitudine frequente, al termine di un libro dal ritmo sostenuto e dagli spiazzanti colpi di scena, osannare il lavoro dell'autore attribuendogli il titolo di “re del brivido”. Il nuovo. L'ennesimo. Ci troviamo, così, con scaffali pieni di bei thriller dai risvolti imprevedibili, in cui fascette promozionali e commenti su Anobii annunciano, riempendoci di alte aspettative, l'erede dell'ultima ora di Stephen King o Edgar Allan Poe. Un autore che avrebbe pieno diritto di essere investito di questo onore e colui il cui nome è ricordo di un brivido costante lungo quarant'anni. William Peter Blatty. Il più imitato, il più controverso. Un lampione che stempera di un verde asettico una notte piovosa. In controluce, un'ombra distinta che stringe una ventiquattrore. Una musichetta fastidiosa e infantile che raggiunge le note più raggelanti del pentagramma. Era il 1973, e William Friedkin portava sul grande schermo il romanzo più celebre dell'autore statunitense. La storia della piccola Regan, interpretata da una giovanissima Linda Blair, e della possessione demoniaca che rese un incubo ad occhi aperti la sua vita di dodicenne e quella dei suoi familiari. L'esorcista. Come la trasposizione cinematografica di It, è una tappa obbligatoria per i ragazzini assetati del fascino del proibito. I genitori dicono di non guardarlo, la rete o una fornita videoteca li aiutano a infrangere le regole. Una scatola di pop corn e due ore passate, per lo più, a nascondersi il volto nelle mani e a dare occhiate alla TV tra le fessure delle dita. Uno dei tanti elementi che hanno dato a questo film le proporzioni di un capolavoro. Divieti aggirati e una fama leggendaria cresciuta di voce in voce. In una parola, è una pietra miliare nota quanto le rovine di Stonehenge. Blatty ha alimentato un vero e proprio franchising, ma il suo nome è finito per essere seppellito, nel tempo, da remake, documentari, sequel e da una fama difficile da gestire. Il suo nome, adesso, è tornato alla ribalta. Stampato in rilievo su nuovo titolo edito dalla Fazi: Il traghettatore. Mi dispiace ammettere che, pur essendo un amante del genere, non ho mai letto nulla di suo. Sarà stata l'ombra incombente del suo primo, vero romanzo. Il dubbio di rimanere annoiato da uno stile troppo datato. Paradossale, forse, come il caso di un musicista professionista che non conosce i pezzi di repertorio. A detta di tutti, era un maestro. Ed io ero disposto ad imparare, perso nei misteri della gotica Elsewhere. Il risultato non è stato dei più memorabili. Lo stile dell'autore, personale e curioso, stempera le ombre più dense con pennellate di freddo ed elegante cinismo. Ti fa salire una risata cavernosa in gola e, inchiodandoti al tuo posto, ti impedisce di alzarti dalla poltrona solo dopo l'ultimo sussulto. Ha la sicurezza e l'eccentricità che contraddistingue i più grandi. Non ti ammalia con personaggi ai quali è facile affezionarsi, né cerca di intrappolarti in nessun modo. I capitoli sono piuttosto brevi e quasi tutte le pagine finiscono sempre con un bel punto. Ti dà tregua, attimi per inserire il segnalibro tra le pagine e per dedicarti a qualcosa di più urgente. Eppure non accetti quell'offerta. Nel pomeriggio in cui l'ho portato a termine, i miei occhi erano ridotti a due fessure, ma non volevo alzarmi ad aprire altri spiragli della persiana. Non ne avevo voglia. Quei quattro protagonisti, spesso detestabili, avevano tratti grossolani, abbozzati ed eccessivi come quelli delle caricature di una rivista di satira. Ma erano riusciti nell'impossibile. Farsi amare. Si scambiano battutine acide, si unisco accanto al caminetto in sedute spiritiche e diventano veicoli per spiriti estroversi intorno a una tavola Ouija. L'imperturbabile donna in carriera, il suo effeminato amico scrittore, una medium con un passato di cicatrici e un enigmatico professore universitario. Sono i protagonisti di una cupa avventura la cui semplicità si avverte anche solo guardando la copertina. Un'affascinante casa stregata (la solita), per una classica ghost story (la solita). Un tempo era Blatty ad influenzare gli altri, adesso sono gli altri ad influenzare lui. Il Traghettatore è un racconto ben scritto, ma, a parte la grande classe che lo caratterizza, si accontenta di brillare della luce riflessa di alcuni dei più intriganti film del genere – su tutti, Haunting, The Uninvited, Amityville Horror e Il mistero della casa sulla collina. Il risultato è simpatico, ma poco incisivo. E' l'ultimo anello di una lunga catena di remake su carta e ha l'aria di una soap opera degli anni settanta, che, nonostante qualche brivido e un discreto finale, mi ha regalato qualche sorriso involontario di troppo. La colpa non è attribuibile all'autore, giuro, ma alla mitica squadra di Scary Movie, che, nel secondo capitolo di questa saga tutta da ridere, aveva parodiato per bene tutti i film sopracitati.Quando penso ai motivi che hanno portato un autore così affermato a perdersi nelle trame di una storia tanto consueta, ho un'immagine piena di tenerezza. Nonno William Blatty - classe 1928: ad arrivarci a 84 anni con questa lucidità! - che, tra zucche intagliate e dolcetti zuccherosi, intesse una storia di fantasmi per i suoi nipotini curiosi. Questo suo nuovo romanzo, infatti, ha lo spirito grottesco che caratterizza la festività di Halloween: è leggero, scherzoso e agghiacciante. Un'altra scenetta, vede lui cavalcare il suo passato successo, rinchiudersi nella sua tenebrosa villa - rigorosamente sprovvista di Tv e internet – e lavorare a un esercizio stilistico che se ne infischia orgogliosamente dei copyright e che reputa troppo sopravvalutato l'essere originali ad ogni costo. Nel caso, qualcuno dovrebbe dirgli che The Others già esiste e che la sua algida bellezza lo rende una gemma un po' difficile da riproporre. Meglio conservare la prima immagine allora, no? Un racconto veloce e tremendamente affascinante, dunque, ottimo per farci compagnia in un pomeriggio in cui la pioggia sferza gli alberi e per farsi accompagnare dagli schiamazzi di un esercito di bambini mascherati che, sullo sfondo del cielo di Ottobre, domandano: “Dolcetto o scherzetto?”. Un incentivo a recuperare gli altri romanzi dell'autore, che, sono certo, non vorrebbe essere ricordato per questo suo esperimento dal successo mancato. Il mio voto: ★★ +Il mio consiglio musicale: Ella Fitzgerald – Nigh and day (Cole Porter)
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