Piove
a dirotto, domani ho l'esame; dovrei ripassare ma non mi va. Così,
nonostante la mia reclusione forzata, mi sono connesso cinque minuti
e ho deciso di parlarvi dell'ultimo romanzo che ho letto. Ho bisogno
di un vostro in bocca al lupo, ché è quasi fatta, dai. Buon
mercoledì, o quel che ne resta.E
questo era stato il vero sbaglio. Chiudersi in un solo amore e
chiedergli tutto. Semplicemente perché di tutto hai bisogno. Titolo:
Nessuno si salva da soloAutrice:
Margaret MazzantiniEditore:
MondadoriNumero
di pagine: 188Prezzo:
€ 10,00 Sinossi:
Delia
e Gaetano erano una coppia. Ora non lo sono più, e stasera devono
imparare a non esserlo. Si ritrovano a cena, in un ristorante
all'aperto, poco tempo dopo aver rotto quella che fu una famiglia.
Lui si è trasferito in un residence, lei è rimasta nella casa con i
piccoli Cosmo e Nico. La passione dell'inizio e la rabbia della fine
sono ancora pericolosamente vicine. Delia e Gaetano sono ancora
giovani, più di trenta, meno di quaranta, un'età in cui si può
ricominciare. Sognano la pace ma sono tentati dall'altro e
dall'altrove. Ma dove hanno sbagliato? Non lo sanno. Tre anni dopo
"Venuto al mondo", Margaret Mazzantini torna con un romanzo
che è l'autobiografia sentimentale di una generazione. La storia di
cenere e fiamme di una coppia contemporanea con le sue trasgressioni
ordinarie, con la sua quotidianità avventurosa. Una coppia come
tante, come noi. Contemporaneamente a noi. La recensioneLo
scorso anno ho scoperto che Margaret Mazzantini è la sola che può
rattristarmi quando e come dice lei. Glielo consento. Quando cerco
una storia aspra, una narrazione che se ne infischia delle censure e
dei limiti, uno stile che resta appiccicato addosso, è lei che leggo.
Mi sfrego il pollice sul palmo, contro le dita, e la Mazzantini è
esattamente lì che sta. Così la spiego a chi non la conosce. Lei la
leggi, la sfiori e, anche quando il romanzo finisce, volente o
nolente, non ti abbandona. Come una traccia di farina, dopo aver
impastato il pane; come colla sotto le unghie, che si annerisce col
tempo e va via quando vuole; quando ormai ti eri scordato che –
sgradevole e appiccicosa – era lì, magari, dal pomeriggio prima. E
la Mazzantini sgradevole può risultarlo spesso, è vero, qui come
poche volte in precedenza, ma per quel che vale incolla: te alle
pagine, i suoi personaggi alle due estremità di un tavolino, gli
occhi nel profondo dell'anima... ed è una morsa che ti strapazza e
ti lascia confuso. L'ho conosciuta un'estate, all'epoca del ginnasio,
con Non ti muovere e non
l'avevo capita. Ero troppo piccolo io. Ma, in realtà, con questo
Nessuno si salva da solo è
accaduto qualcosa di simile, e adesso sono grande, quindi che scusa
ho? Non ho vissuto abbastanza, immagino. I pensieri sconci di Timoteo
mi turberebbero ancora, ho realizzato, come adesso mi hanno turbato
le confessioni maleducate di due vecchi sposi in un ristorante del
centro. Lui con le maniche della camicia arrotolate, lei con un
tubino nero. L'estate che si avvicina, i bambini lasciati dalla
nonna, ritrovarsi soli dopo tanto. A quattr'occhi, dopo una
separazione voluta da entrambi, ma tremenda; sofferta. Tragico dire
al mondo di non avercela fatta, di aver perso. Ci vuole coraggio, ci
vuole l'orgoglio calciato da un lato per sventolare bandiera bianca e
ammettere a denti stretti che l'amore è perduto, insieme alla
gioventù. E si pensa ai bambini, che avranno una mamma e un papà
che non dormono più nello stesso letto e che non si lavano più i
denti allo stesso lavandino, guardandosi nello specchio di sempre; si
pensa agli errori grandi e a quelli minuscoli, alle tavolette
lasciate abbassate e a un piatto non lavato, a un'amante passeggera e
a un lavoro di cui portavamo a casa la noia e lo stress, il peggio.
Si ripensa però anche agli inizi.All'amore,
quando era così forte, così vorace e presente, che non li faceva
dormire, se non l'uno addosso all'altra. Appiccicati e bagnati. Cosa
mi hai fatto? Cosa ci siamo fatti? In
poche pagine, ma poche pagine con un peso che si avverte e affonda,
l'autrice rievoca gli inizi, la fine e quello che c'è nel mezzo, in
una specie di strano dialogo fatto di poche battute e ricordi
profondi che vincono, alla fine, sul chiacchiericcio. Seziona i baci,
esplora i giochi delle lingue sui denti corrosi dai succhi maligni
dell'anoressia e ne riporta l'umidità, la saliva, l'odore. Smantella
le armature, i filtri e va al nocciolo più segreto e velenoso: i
pensieri di una cattiva madre, la felicità spiata alle altre
famiglie, le tentazioni di un padre che cova un risentimento che
potrebbe massacrarli. Delia e Gaetano sono le coppie testarde e in
frantumi che escono dai tribunali, dagli studi degli avvocati,
insoddisfatte del verdetto finale. Vogliono avere ragioni entrambi,
vogliono lottare, vogliono volersi. Ogni occasione è buona per
bruciarsi a un gioco che non diverte più, perché non si può
confidare nemmeno nei benefici del sesso riparatore, ma la fiamma è
viva, scalda ancora, e calorosi e sanguigni chissà che non possano
ritornare sui loro passi, solo per litigare a sangue e fare di nuovo
pace. In una storia tutt'altro che facile – e quando mai sono
facili, le sue storie? - la Mazzantini a modo suo, con la poesia e il
turpiloquio, con le metafore audaci e i “cazzi” disegnati nei
bagni e nei metrò, mostra quant'è banale una storia d'amore che
fallisce e quant'è facile, invece, come cantava Samuele Bersani,
dirsi in faccia “sei solo la copia di mille riassunti”. Ci ha
fatto commuovere con la guerra e con la forza delle madri, ci ha
spezzati con un amore omosessuale lungo una vita intera e, adesso,
abile nel rendere difficile ciò che sembra tanto immediato, ma
“troppo cerebrale per capire che si può stare bene anche senza
complicare il pane”, gira intorno, come un cane affamato, a un
matrimonio messo in tiro per una sera sola, che puzza come una
carogna sotto il sole. Altrove ho parecchio apprezzato i giri di
parole, i voli pindarici, i capelli spaccati in quattro o in cento
parti, ma questa volta non del tutto, non abbastanza. Mi sono
distratto un po'. E a capire li ho capiti i personaggi, ma mi hanno
messo angoscia, lì dove gli altri avevano lasciato altro, il meglio
di sé, al loro passaggio. Più romanzati, più costruittivi, più
buoni. Qui ci sono le macerie e la forza di metterle insieme non
sapevo sinceramente dove trovarla. Salvarli, e a me chi mi salva? Con
Gillian Flynn l'amore era bugiardo, ma qui è fin troppo vero,
sconvolge per quello, e tra Gae e Delia non ci sono parole
trattenute, taciute, anche se per il bene comune e per il cuore –
che non vede, e perciò non sta male – quattro bugie a cena hanno
il potere miracoloso del conforto. Una Mazzantini in pillole – ma
niente imbrogli, sono pillole grosse e amare che vanno giù senza un
sorso d'acqua – per lettori con il pelo sullo stomaco, più maturi
di me, che comunque mi ostino ancora a vederci il buono nei cuori
della gente e i lieto fine nell'ultima riga di un matrimonio al
capolinea. Per chi sa certe cose e certe scrittrici. Per tutti gli
altri, direttamente il film di prossima uscita, frutto di una coppia
consolidata e invidiata che per fortuna non scoppia. Sento che, perso
nelle immagini, potrei metabolizzarlo meglio e inquadrarlo in una
cornice fatta con le mani, con gli indici e i pollici; afferrarlo,
per dire di averlo posseduto anche se non è del tutto vero, ma
vabbè. Il
mio voto: ★★★ Il
mio consiglio musicale: Samuele Bersani – Giudizi Universali
“Leggera
leggera si bagna la fiamma, rimane la cera.E
non ci sei più.”
L'incipit in un libro è tutto. In pochi capoversi l'autore cattura l'attenzione del lettore e lo risucchia nel vortice della storia. Oppure con poche banali...
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