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Recensione a basso costo: Sogni di sangue, di Lorenza Ghinelli

Creato il 13 agosto 2013 da Mik_94
Ciao a tutti, e ben ritrovati. Come state? Come avete passato il vostro weekend? Io, dopo il più soft The Vincent Brothers, mi sono dedicato a un racconto, acquistato in libreria a soli novantanove centesimi: Sogni di sangue. Un racconto firmato non da un signor nessuno, ma da un'autrice finalista – e meritatamente – al premio Strega: Lorenza Ghinelli. Ve lo consiglio vivamente. Un euro speso nel migliore dei modi, credetemi. A presto e buone letture, M. Enoch ha paura dell'ora in cui la mamma lo manda a dormire: la paura di sognare. Sogni di sangue che al risveglio non si lasciano scordare, sogni che macchiano l'anima.  Recensione a basso costo: Sogni di sangue, di Lorenza Ghinelli  Titolo: Sogni di sangue Autrice: Lorenza Ghinelli Editore: Newton Compton “Live” Numero di pagine: 125 Prezzo: € 0,99 Sinossi: Enoch ha tredici anni ed è costretto a portare dei tutori di metallo che lo rendono facile bersaglio delle prepotenze dei suoi coetanei. Eppure, quando si addormenta, diventa più letale di una legione di demoni. Cosa accade mentre dorme? C'è forse un legame tra i sogni di Enoch, la sparizione del suo peggiore aguzzino e il ritrovamento di uno strano ciondolo risalente all'antico Egitto? Chissà se Dorotea, la madre di Enoch, donna algida e imperturbabile, con una passione viscerale e morbosa per le scienze occulte, conosce il suo segreto. Persino la loro casa nasconde un mistero, mentre tanti altri brulicano e strisciano lungo le fogne della città...                           La recensione Recensione a basso costo: Sogni di sangue, di Lorenza Ghinelli Odore, odore, odore. Fame. Tanta, tantissima. Gioia pura, istintiva, bestiale. E' l'odore che conduce, è la fame, è la gioia. Occhi rettili in corpo rettile, è il rettile cervello che comanda. E' tutto micidiale, semplice, come scivolare sulla pancia, come zampettare, come sibilare.” Una volta, per inscenare storie da incubo, servivano magioni in rovina, chiese sconsacrate, fatiscenti ville in stile Tudor d'oltreoceano. Adesso, la nostra Italia di periferia – un brutto posto in cui essere bambini – offre il peggiore e il migliore degli scenari possibili: fabbriche vuote, senza più operai, ormai finiti in cassa integrazione a tempo indeterminato; fogne sporche che vomitano topi e blatte; case popolari dall'intonaco scorticato, sulla linea dell'orizzonte; acque inquinate, tanfo di smog, tunnel d'acciaio da cui non si vede neppure un anello di luce incontaminata. Un incubo artificiale. Il cemento armato è caduto giù dal cielo, insieme a gocce acide che hanno seminato germogli di aridità per tutto l'anno. Ha ricoperto tutto, tutti. Casermoni dall'anima di ferro e dalle pareti antracite; persone dall'anima di ferro ossidato e dalle pareti del cuore color tristezza. Un'Italietta grigia e provinciale, narcotizzata da smog, TV e noia, e l'infanzia chiusa in un cassettone, insieme ai calzini e ai cocci di sogni segreti che non abbiamo il coraggio di confessare ad anima viva – perché ci renderebbero deboli, nudi... femminucce – ma che, al buio, quando un pigiama sporco di dentifricio sul davanti sostituisce un'armatura da finto bullo, incolliamo con sudore, sputo e colla da quattro soldi. Su questi piccoli orrori del quotidiano si concentra lo sguardo sensibile e attento di una giovane e promettente autrice italiana. Lorenza Ghinelli, una fuoriclasse. L'avevo capito dalle prime righe del suo primo romanzo. Anche se aveva il sapore poco corposo della frutta raccolta troppo presto, anche se quella storia di bambini infelici, vecchi misteriosi e disegni profetici non mi era piaciuta poi tanto. Per me, Il divoratore era un racconto diluito in acqua abbondante: un'idea semplicissima, con gli occhi puntati sulla tradizione, che era stata smembrata e rimescolata per dar vita a un insoddisfacente troppo. Lo stile così curioso e tagliente dell'autrice, benché innegabilmente ottimo, mi era parso artificioso, eccessivamente incrostato, rivestito da una mano pesante di barocca e palesata ostentazione. Ogni pagina gridava la bravura di lei, non l'evolversi della storia in sé. Storia che ho dimenticato, ma stile che – intatto e più maturo ancora – ho trovato in questo Sogni di sangue: un racconto. E, nonostante la mia avversione per i racconti non sia cosa nuova, il suo mi ha affascinato come non mi era mai accaduto prima. Conquistato completamente. E' breve, ma completo e appagante. Lorenza si ritaglia uno spazio vitale in quelle 120 pagine e la sua prosa mi è apparsa più concentrata, intensa e forte – come un buon caffè ristretto: senza parole di troppo, senza fiato sprecato quando non ce n'era bisogno alcuno, senza attimi preziosi disseminati in pagine e pagine in eccesso, senza dolcificante aggiunto per alterarne il sapore amaro e deciso. 
Recensione a basso costo: Sogni di sangue, di Lorenza GhinelliLa sua scrittura crea i punti di sutura che, a zigzag, rimarginano una brutta sbucciatura sulle ginocchia. La sua scrittura, in verità, è quella sbucciatura che zampilla sangue nero; quel taglio da cui si riversano sogni mortali, bulli e mamme con oscuri segreti. Francesca, Alex e Gino – tredici anni – fumano erba lontani da ogni indiscreti, masticano Mentos per mandare via l'odore di fumo vecchio dalle loro bocche, cacciano tesori e ragazzini indifesi nei loro pomeriggi di libertà. Bambini cattivi e crudeli, come lo sono tutti quelli della loro età, quando deridono un compagno in difficoltà, quando chiamano quattr'occhi il ragazzo occhialuto di turno, quando spintonano e picchiano chi ha gambe meno salde e forti. Enoch è il loro bersaglio preferito. All'inizio del libro, zoppica verso casa sua e vera la sua personale vendetta, con un occhio pesto e i capelli insozzati di fango. Lo chiamano Wall-E, per i tutori d'acciaio che, come morse, gli imprigionano gli arti inferiori. Come Wall-E vaga tra discariche e strade vuote colme di rifiuti, auspicandosi il ritorno all'umanità in un mondo di mostri innocenti. Quando dorme, sogna di essere più forte e veloce. Di avere occhi da rettile e zanne come rasoi per punire i suoi crudeli carnefici. Di strisciare nel sangue e nella sporcizia, come il coccodrillo inciso sul misterioso medaglione egizio che ha ritrovato in un luogo dominato dall'abbandono. L'amico ideale del Tony Tormenta di Rosanna Rubino. Dorotea, sua madre e carceriera, è una donna che emana gelo e severità: il volto tirato, espressioni di cera, una vestaglia di raso stretta in vita, una passione segreta custodita in una stanza segreta: a metà tra l'algida Nicole Kidman di Stoker e l'inclemente Julianne Moore che, prossimamente, vedremo in Carrie. Tra Hemlock Grove, It e Acciaio, Sogni di sangue è un racconto che, spaziando dall'attualità alla mitologia, ha vita propria e che, distinto ed esemplare, cattura ogni attenzione. Non è una storia per riempire semplicemente il tempo. Senza che tu te ne accorga nemmeno, te lo ruba, il tempo. Una storia di Stephen King raccontata, prima di andare a dormire, a un bambino infelice e coraggioso di Susanna Tamaro. Da finire di leggere allo scoccare della mezzanotte, nel silenzio di una casa addormentata. Il mio voto: ★★★★ Il mio consiglio musicale: David Bowie – Space Oddity 

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