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Titolo: Sulla sedia sbagliata Autrice: Sara Rattaro Editore: Garzanti Numero di pagine: 157 Prezzo: € 9,90 Sinossi: Una madre rimane sempre una madre. Non smette mai di esserlo. Qualunque cosa accada. Anche quando non esiste nulla di più difficile al mondo. Lo sa bene Francesca, che ogni settimana va in carcere a trovare suo figlio accusato di un reato gravissimo: omicidio. Lei che continua a domandarsi dove abbia sbagliato. Perché negli occhi di Andrea fatica a riconoscere il bambino che ha cresciuto. Ma il suo cuore non può fare altro che proteggerlo. E la missione di ogni madre. Proprio quella missione che Teresa sente di aver fallito nel momento in cui sua figlia le è stata strappata via troppo presto in un incidente d'auto. Lei non era lì a difenderla per non lasciarla andare. Un dolore troppo grande che l'amore materno di Teresa non riesce ad accettare, al punto da creare una realtà diversa in cui la ragazza gira ancora per la casa a portare luce con il suo sorriso. Francesca è la madre di un carnefice, Teresa la madre di una vittima. Eppure sono solo due donne che devono in qualche modo superare la sconfitta delle loro speranze, dei loro sogni di un futuro felice per i figli. La loro sofferenza assume le stesse tonalità, usa le stesse parole, piange le stesse lacrime. Perché il confine tra l'errore e la verità si confonde. Non è mai netto. L'amore più puro può trasformarsi in un peso troppo grande da sopportare. Può fare male o far sbagliare... La recensione Attendevo l'ultimo libro di Sara Rattaro – che poi in realtà è il primo, trattandosi di una ristampa – con tanta speranza. Ci eravamo lasciati con Niente è come te e, dopo i bei romanzi iniziali, mi era mancata la scintilla. Non mi era piaciuta la Sara che scriveva in corsivo frasi scontate, né la presenza – nello stesso romanzo, ed era un romanzo sulle duecento pagine – di troppi temi importanti. Tra il divorzio, l'autolesionismo, le responsabilità dei padri e la crudeltà di certe mamme avevo letto un po' di tutto. Comunque, non abbastanza. Ritornare al principio, perciò, con Sulla sedia sbagliata. Una storia delle sue: drammatica, intensa, vera. Quattro voci – una mamma con un figlio assassino, una mamma con una figlia vittima, una paziente malata in attesa di un trapianto e un figlio fragile, infine, che ha assassinato una madre forte – e la complessità dei rapporti di sangue. Mostrati assumendo, questa volta, ora un punto di vista, ora un altro. Prendendo posto ai capi lontani della stessa tavola rotonda. L'inizio è stato a mille, con la vicenda di Francesca – chirurgo bellissimo e libertino, braccato all'ospedale da un manipolo di uomini in divisa con notizie su un figlio che così perfetto non è – e i pensieri di una madre che, nonostante l'omicidio, non smette mai di essere tale. Immagino che, innocente o colpevole, sia impossibile smettere di volere bene alla parte più bella di te: anche andarlo a trovare in carcere per dodici anni, una volta a settimana, è un compromesso giusto pur di rivederlo ancora. Eccola lì la Sara che mi emozionava sempre, con le parole giuste e i tempi giusti. Purtroppo, durante la lettura, con l'ampliarsi delle voci, ho trovato che l'intensità iniziale rimbalzasse da un punto all'altro con il rischio di andare spesso oltre le linee di confine e perdersi. Un'apostrofe a una figlia che non c'è più, un inno alle seconde possibilità e alla vita che a volte fa giri straninissimi, una confessione a cuore aperto di un assassino uomo che, in mezzo a tante madri, in mezzo a tante donne, così fuori posto in realtà non è. Trattandosi di un testo di cinque anni fa, un lontano esordio con la Morellini Editore, niente da dire su uno stile che è già maturo e impeccabile. Se la Rattaro scrittrice ha un difetto è solo uno: ha una voce fin troppo riconoscibile. Qui, passando attraverso a un prisma, si scompone in quattro, ma si sente per tutto il tempo che è lei l'intermediaria: lei Francesca, lei Teresa, lei Zoe, lei Paola. Sfumature tanto delicate da risultare pressochè invisibili da un ruolo ad un altro, nonostante lo sforzo di introspezione non da tutti. Mi rimane un dubbio che solo un nuovo romanzo scioglierà. Sulla sedia sbagliata non mi ha convinto al cento per cento perché: è un'opera prima, e ogni opera prima ha i suoi limiti? È vicino a un ultimo romanzo che già di suo non mi aveva entusiasmato? O, ancora, crescendo – e leggendo – mi sono accorto che quello che mi colpiva all'inizio adesso non ha più su di me il suo portentoso effetto? A lasciarmi stranito, il fatto che le pagine siano meno del solito – centocinquanta – e che i temi siano, invece, il doppio. Importantissimi. Non dico maltrattati, liquidati in fretta, perché sapete che Sara ha cura di noi e delle nostre storie, ma troppi per una lettura che non si protrae per più di un giorno. Accanto alla forza delle madri, che immaginavo essere il tema portante e un po' lo è, si parla di trapianto degli organi, anoressia, attacchi di epilessia in tenera età, la malattia capace di straziare famiglie infelici. E non so, ho come avuto l'impressione che stessi rivivendo lo stesso rapporto avuto con Niente è come te. E che, ora me ne accorgo definitivamente, forse non è del tutto vero che la Rattaro parli del quotidiano. Nel quarto libro, ecco ancora una volta un quotidiano drammatico, problematico, triste: quello dei casi eccezionali, della cronaca nera, e di certe case maledette dalle stelle. Spaccati sociali ben resi, ma è come se leggessi sempre la stessa storia e come se famiglie con problemi più piccoli non fossero abbastanza interessanti per avere diritto a un libro tutto loro. A volte, c'è gente che è serena. A volte, vorrei sapere anche di loro, stanco di "romanzi a tesi" in cui c'è troppo tutto – anche troppo dolore.
Il mio voto: ★★★ Il mio consiglio musicale: Elisa – A modo tuo
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