Perfino
le brave ragazze hanno la tentazione di rubacchiare gli orecchini in
un centro commerciale. Gli adolescenti ritengono di essere
invincibili. I figli senza difetti, quelli impeccabili, mi
preoccupano molto di più.
Titolo:
Una brava ragazza
Autrice:
Mary Kubica
Prezzo:
€ 4,90
Editore: Newton Compton
Numero
di pagine: 317
Sinossi:
Mia
Dennett è figlia di un importante giudice di Chicago, ma ha scelto
di condurre una vita semplice, lontana dai quartieri alti e dalla
mondanità in cui è cresciuta. Una sera come tante, entra in un bar
per incontrare il suo ragazzo ma, all'ennesima buca di lui, Mia si
lascia sedurre da un enigmatico sconosciuto dai modi gentili. Colin
Thatcher - questo il vero nome del suo affascinante nuovo amico -
sembra il tipo ideale con cui concedersi l'avventura di una notte.
Peccato che si rivelerà il peggior errore della sua vita: Colin
infatti è stato assoldato per rapirla. Ma quando Thatcher, invece di
consegnare l'ostaggio, decide di tenere Mia con sé e di nasconderla
in un remoto capanno del Minnesota, il piano prende una piega del
tutto inaspettata. A Chicago, intanto, la madre di Mia e il detective
Gabe Hoffman, incaricato delle indagini, sono disposti a tutto pur di
ritrovare la ragazza, ma nessuno può prevedere le conseguenze che un
evento tanto traumatico può avere su una famiglia apparentemente
perfetta...
La recensione
Qualche
anno fa, non ci avrei pensato due volte ad acquistare un romanzo come
Una brava ragazza. Le donne, quando si parla di thriller, sono
più brave dei colleghi uomini: naturalmente eleganti, scaltre,
figure da noir. E quando non sono soltanto autrici, ma anche
protagoniste di un mistero annunciato, c'è da aspettarsi più
scaltrezza, una crudeltà che va per il sottile: con loro, la
vendetta è un piatto da servire freddo e, possibilmente, al sangue.
Caso eclatante, uno dei gialli più acuti e spietati degli ultimi
tempi, scritto magnificamente: L'amore bugiardo. Chi
attraverso il folgorante romanzo della folgorante Flynn, chi grazie
alla trasposizione non da meno a cura dal maestro Fincher, si è
arrivati comunque – in un modo o nell'altro – al
cospetto dell'algida Amy Dunne. Ghiaccio bollente, come direbbe
Hitchcock; la donna che nessuno può dimenticare. O piantare in asso.
Se non mi sono dunque avvicinato immediatamente al fortunato esordio
di Mary Kubica, uscito a gennaio e, qualche mese dopo, già
disponibile in una edizione tascabile dal prezzo stracciato, è
perché le fascette promozionali, i commenti che hanno preceduto il
mio, i critici d'oltreoceano sembravano trovare, almeno una volta al
mese, la sostituta lampo di Gillian Flynn – tra fiori d'arancio in
giallo, matrimoni ai ferri corti, attrazioni mortali e ragazze della
porta accanto dal cuore nero. Per un mese e qualcosa, Una brava
ragazza – con un punto
interrogativo accanto – è stato L'amore bugiardo
di turno. La bellezza bionda in copertina, innocente e sinistra come
la Dunst ai tempi di Il giardino delle vergini suicide,
cosa aveva mai da nascondere, con l'indice sulle labbra – per
intimare silenzio – e una vicenda di rapimenti e riscatti? Cosa
avevano in comune “the good” e “gone” girl? Me lo chiedevo da
un po', ma l'ho scoperto soltanto mesi dopo; solo adesso. Quando ho
opzionato per la solita libreria per ripararmi dalla pioggia e per un
romanzo alla mia portata da portare in autobus e poi a
casa, durante un fine settimana che mi avrebbe voluto senza libri sul
comodino. Letto in una manciata di giorni, nonostante il font
piccolo, mi sono trovato, per nulla pentito dell'acquisto, a
definirlo una buonissima opera prima, ma un thriller alquanto piatto. A
colpirmi positivamente, la struttura polifonica, quasi, e
l'accuratezza dell'autrice: a personaggi verisimili, a una gestione
fuori dall'ordinario di ben quattro punti di vista differenti,
purtroppo non corrisponde una stessa originalità, se si parla di
suspance. Il romanzo si snoda in capitoli che alternano voci diverse,
un prima e un dopo.
In una pagina Mia Dennett, figlia di un giudice
senza scrupoli, è prigioniera; nell'altra è finalmente libera,
seppure affetta da una inspiegabile amnesia: dei suoi tre mesi
passati sotto sequestro, ricorda i disegni affidati al suo taccuino,
la compagnia di un gatto randagio e la premura di un orco meno
dispotico di quanto dicano i giornalisti. I narratori sono tre –
Mia, infatti, interverrà soltanto nell'epilogo, per raccontarci una
verità che nemmeno sorprende. Abbiamo
Eve, la madre della protagonista e moglie trofeo: una cinquantenne piacente, affabile, profondamente addolorata dalla scomparsa
di una figlia ribelle e indipendente che non ha saputo proteggere né
da un pericoloso pregiudicato, né dalle parole scortesi di un padre
padrone; Gabe, detective di mezza età di origini italiane: uomo di
buon cuore e buona forchetta, sensibile al fascino di una signora
in lacrime e al richiamo della giustizia; Colin, il rapitore dal
passato triste, che dovrebbe consegnare nelle mani di famigerati
colleghi la ragazza a cui punta la pistola alla tempia, ma che a modo
suo porta in salvo, attirando le attenzioni di delinquenti meno
compassionevoli di lui e delle forze dell'ordine in allerta. In fine,
c'è Mia: venticinquenne che ha rifiutato l'aiuto di una famiglia
altolocata, all'università, per dedicarsi all'insegnamento e vivere
di poco. Sarà così gentile, così perfetta, la
giovane donna di cui, per tutto il tempo, si parla, senza che lei
parli per sé? La neve che cade incessante, con il Natale che arriva,
e una convivenza forzata in un capanno in mezzo al nulla, bastano a
rendere Colin e Mia confidenti.
Per renderli Owen e
Chloe: pseudonimi con cui fingersi, nell'attesa della fine, qualcosa
di più che aguzzino e vittima. Magari, complici. Mentre là fuori
proseguono le indagini e gli struggimenti di una casalinga
inconsolabile, Mary Kubica prende figure agli antipodi – lei ricca e viziata, lui con dall'infanzia tragica – e conferisce delicati tocchi romance a un libro
che, almeno per me, funziona più quando parla di sentimenti nati
all'improvviso – dove finisce la sindrome di Stoccolma, infatti, e
dove comincia l'amore? - che di colpi di scena che, in
ritardo, non aggiungono nulla di nuovo a quanto letto. Mi ha ricordato
l'onesto Fragili e Preziose,
ma più ingarbugliato e meno sentimentale; l'esecrabile
Black Ice, che resta più un
siparietto trash che un romanzo degno di questo nome. I suoi limiti
sono in attese mal riposte, ingiustificate, e in etichette che
sbagliano. Una brava ragazza
non è il grande thriller annunciato in copertina, né un thriller
vero e proprio: non abbastanza accattivante, all'acqua di rose.
Tuttavia, sia per l'ottima gestione dei tempi che per un lavoro
certosino con l'uso dei quattro pov, al contrario che nel mediocre
La ragazza del treno,
è un romanzo – ma senza un genere suo – che non sconsiglio.
Grazie a una penna matura e, soprattutto, a un'autrice assai notevole.
Brava, sicuramente più della ragazza del titolo che - dietro
referenze impeccabili e un'aria angelica - forse non la racconta
sempre giusta...
Il
mio voto: ★★★½
Il
mio consiglio musicale: Rihanna Feat. Eminem – The Monster