L’idea del personaggio che si trova, suo malgrado, scaraventato in avanti o all’indietro lunga la linea temporale, non è certo un’idea nuova nella fantascienza, si potrebbe dire addirittura abusata. La novità, in questo romanzo di Marco Trogi, è che il disgraziato evento non occorre a un singolo personaggio, né a un gruppo ristretto, come ad esempio l’equipaggio di un’astronave. Stavolta è un intero paese della Toscana a trovarsi trasportato per ben diecimila anni nel futuro. Questo naufragio di gruppo da modo all’autore di divertirsi a descrivere lo sbigottimento prima, e poi la reazione, di un intera comunità di fronte a un evento tanto anomalo. E la descrizione dei meccanismi interni a questa stessa comunità, resa davvero molto bene, è certamente uno dei nodi focali del romanzo. Ma la storia non si riduce a questo. Infatti, in seguito all’incontro con degli esseri umani nativi di questo tempo, in una parte avventurosa maneggiata da Trogi con un notevole vigore narrativo, i naufraghi del tempo vengono a conoscenza dell’evento che li ha condotti in quel remoto futuro. Una volta che il mistero è stato chiarito, sembrerebbe che il racconto abbia trovato la sua conclusione naturale, ma non è così; una scelta importante e inaspettata attende ancora i personaggi. Una scelta pratica, che però lascia la porta aperta a un importante dilemma morale. La trama, oltre a dei colpi di scena ben congegnati e niente affatto forzati, offre al lettore diversi spunti di meditazione su temi universali. Oltre a quello finale, che ho già citato e che verte sul senso del percorso di crescita dell’umanità, nel corso di tutto il romanzo si possono cogliere molte interessanti riflessioni, in particolare sul tema della responsabilità. Da segnalare anche, e personalmente è ciò che mi ha maggiormente colpito, l’altissima qualità dei dialoghi. Sono freschi, immediati, e a essi è affidata in gran parte (con ottimi risultati) la caratterizzazione dei personaggi. Sono dialoghi che rendono alla perfezione la mentalità, il modo di ragionare diretto, la forma arguta dello scherzo, tipicamente popolari. Un’ultima qualità che vorrei far notare riguardo ai dialoghi (ma non ultima come importanza), è la loro ottima resa, stilisticamente ineccepibile, della parlata toscana. Davvero divertiti, e divertenti. Infine un’ammissione di colpa; sin dall’inizio della lettura, mi sono sentito infastidito da alcune (apparenti) incongruenze narrative. Nel finale, con quello che per me è stato un vero colpo a sorpresa, l’autore mi ha costretto a ricredermi. Tanto di cappello! Ovviamente non dirò di cosa si tratti per non guastarvi la sorpresa, sappiate solo che un piccolo indizio è nascosto nel titolo stesso.a cura di Sauro Nieddu
Magazine Cultura
Recensione a Camaiore, 25 dicembre 12078 di Marco Trogi, a cura di Sauro Nieddu
Creato il 07 febbraio 2014 da Andrea Leonelli @AndreaLeonelli
L’idea del personaggio che si trova, suo malgrado, scaraventato in avanti o all’indietro lunga la linea temporale, non è certo un’idea nuova nella fantascienza, si potrebbe dire addirittura abusata. La novità, in questo romanzo di Marco Trogi, è che il disgraziato evento non occorre a un singolo personaggio, né a un gruppo ristretto, come ad esempio l’equipaggio di un’astronave. Stavolta è un intero paese della Toscana a trovarsi trasportato per ben diecimila anni nel futuro. Questo naufragio di gruppo da modo all’autore di divertirsi a descrivere lo sbigottimento prima, e poi la reazione, di un intera comunità di fronte a un evento tanto anomalo. E la descrizione dei meccanismi interni a questa stessa comunità, resa davvero molto bene, è certamente uno dei nodi focali del romanzo. Ma la storia non si riduce a questo. Infatti, in seguito all’incontro con degli esseri umani nativi di questo tempo, in una parte avventurosa maneggiata da Trogi con un notevole vigore narrativo, i naufraghi del tempo vengono a conoscenza dell’evento che li ha condotti in quel remoto futuro. Una volta che il mistero è stato chiarito, sembrerebbe che il racconto abbia trovato la sua conclusione naturale, ma non è così; una scelta importante e inaspettata attende ancora i personaggi. Una scelta pratica, che però lascia la porta aperta a un importante dilemma morale. La trama, oltre a dei colpi di scena ben congegnati e niente affatto forzati, offre al lettore diversi spunti di meditazione su temi universali. Oltre a quello finale, che ho già citato e che verte sul senso del percorso di crescita dell’umanità, nel corso di tutto il romanzo si possono cogliere molte interessanti riflessioni, in particolare sul tema della responsabilità. Da segnalare anche, e personalmente è ciò che mi ha maggiormente colpito, l’altissima qualità dei dialoghi. Sono freschi, immediati, e a essi è affidata in gran parte (con ottimi risultati) la caratterizzazione dei personaggi. Sono dialoghi che rendono alla perfezione la mentalità, il modo di ragionare diretto, la forma arguta dello scherzo, tipicamente popolari. Un’ultima qualità che vorrei far notare riguardo ai dialoghi (ma non ultima come importanza), è la loro ottima resa, stilisticamente ineccepibile, della parlata toscana. Davvero divertiti, e divertenti. Infine un’ammissione di colpa; sin dall’inizio della lettura, mi sono sentito infastidito da alcune (apparenti) incongruenze narrative. Nel finale, con quello che per me è stato un vero colpo a sorpresa, l’autore mi ha costretto a ricredermi. Tanto di cappello! Ovviamente non dirò di cosa si tratti per non guastarvi la sorpresa, sappiate solo che un piccolo indizio è nascosto nel titolo stesso.a cura di Sauro Nieddu
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