Ho subito una morbosa fascinazione per questo documentario di Gianfranco Rosi, scritto da Niccolò Bassetti e insospettabile vincitore del Leone d’Oro (arghhh… voleva essere un ruggito… ma mi sa che… mmm) all’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (ce l’ho fatta a scriverlo tutto… ora mi sento molto meglio). Semplicemente magico, rischioso ma, paracadutato verso il successo (e che sia io a doverlo giustificare, è grave, eh!). Rappresentando visivamente un po’ quella narrazione letteraria che è stata ispirata da Le città invisibili di Italo Calvino (autore italiano che a me garba parecchio), Bassetti feat. Rosi calcolano con inenarrabile sicurezza ogni frame che sottopongono all’attenzione dello spettatore, sfruttando tutto il meglio che la videocamera ha ripreso in due anni di riprese e montandolo (ci sono voluti 8 mesi… quasi un parto) senza fare il minimo errore. Acquisiti i dettami di un genere come quello documentaristico, non si supera e non ci si avvicina nemmeno alla soglia della noia, che molti temono di trovare in questa pellicola. Non c’è neanche una scena che dia l’idea di essere vagamente eccessiva (le prostitute che cantano dentro l’auto… mai come in quella sequenza “Chiavi in mano” è un’espressione perfetta… la coppia extracomunitaria in cui lei cuce e lui fa musica come un dj). Una roba da Oscar, di una grazia mai vista. Fa bene agli occhi il Raccordo Anulare.
Fabio Secchi Frau