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Recensione a “Sulle rive del crepuscolo”, Matteo Mancini, GDS Edizioni.

Creato il 04 marzo 2011 da Braviautori
Recensione a “Sulle rive del crepuscolo”, Matteo Mancini, GDS Edizioni.
La raccolta di racconti “Sulle rive del crepuscolo” di Matteo Mancini comprende diciassette racconti, tra brevi e brevissimi, originali e dal taglio assai particolare. Sono racconti che lasciano un segno e si fanno ricordare, a volte per il nucleo centrale sviluppato nella storia, a volte per l’atmosfera che l’Autore riesce a creare. Più spesso, però, sono i protagonisti che rimangono impressi nella memoria del lettore.
I personaggi di Mancini sono caratterizzati da una solitudine che attiene a una dimensione esistenziale più che alle contingenze occasionali: l’eroe è sempre solo. I protagonisti dei racconti si dibattono in situazioni misteriose, angoscianti, inesplicabili. Quello dell’autore è un horror inquietante e visionario, cerebrale come nelle pellicole di Balaguerò anziché banalmente splatter. La vertigine nasce da una visione distorta, onirica della realtà. Il reale diventa incubo così come un viso in un quadro cubista viene scomposto e rimontato secondo diverse angolazioni e prospettive, sfiorando nei finali proposti una lettura e un’interpretazione grottesca e beffarda, quasi sempre “disturbante” del mondo e della realtà.
Stilisticamente si segnala una padronanza non comune nell’uso della prima persona, gestita in maniera elegante e borgesiana. La scrittura mostra passaggi e snodi vividamente nitidi, e profondi fino a toccare punte di lirismo (si veda in particolare il racconto “Anello di Tufo” ma anche “Rien ne va plus…” e diversi altri se ne potrebbero citare), altrove invece si intravede ancora margine per un miglioramento espressivo.
Un punto di forza riconoscibile nello stile dell’Autore sta in un’attenzione rivolta non sempre e solo agli aspetti visivi delle scene narrate, ma a tutti e cinque i sensi del lettore. Parrebbe una considerazione ovvia ma questa è cosa che non sempre gli autori si ricordano di mettere in atto. In questi racconti c’è tensione costante verso il dato uditivo, olfattivo, tattile; nessun senso è trascurato, men che meno il cosiddetto sesto senso: al lettore si lasciano intuire i possibili sviluppi del narrato, a volte lo si conduce per mano sino alle conferme finali, a volte lo si sorprende e spiazza con esiti inaspettati.
Una lettura coinvolgente, solo in apparenza “facile” e “lineare”: in realtà alle singole trame dei racconti sono spesso sottese una pluralità di letture e interpretazioni, poiché ogni immagine e ogni situazione ricreata rimanda a metafore, simboli e significati che immediati non sono né vogliono essere.
Idee originali dunque, che unite a una personale cifra stilistica fanno già la differenza: non resta che raccomandare il rigore costante nel sorvegliare la forma e quella coerenza nel distacco da un certo gusto commerciale che segna fin dagli inizi la produzione e le prove narrative di Mancini.

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