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Recensione a “Ti racconto di lei” da Il Mondo dello Scrittore

Creato il 13 febbraio 2014 da Andrea Leonelli @AndreaLeonelli

Il Libro

Recensione a “Ti racconto di lei” da Il Mondo dello ScrittoreDue vite, due storie parallele che s’intrecciano a tratti e che finiscono per sconfinare l’una nell’altra creando una risonanza di eventi. Il romanzo di Alessio FollieriTi racconto di lei, non è un libro d’amore, non è un thriller e non descrivere situazioni paranormali destinate a fare botteghino solo per soddisfare una determinata curiosità morbosa. Ti racconto di lei propone una trama complessa, coinvolgente, dalle mille sfumature, in cui l’umana comprensione è messa a dura prova da determinati fenomeni che non rientrano propriamente nelle leggi fisiche. Avvenimenti che passano oltre il quotidiano conosciuto, proiettando il lettore in un’altra dimensione in cui la speranza e il feroce attaccamento alla vita possono condurre persone normali a intraprendere percorsi totalmente inspiegabili.La trama entra subito nel vivo presentando Fabio Brighi, il giornalista co-protagonista di questa vicenda, il quale racconta in prima persona in che modo riuscì a finire in carcere per coprire le malefatte del fratello e come questo avvenimento cambiò totalmente il percorso della sua esistenza, portandolo verso un fato in grado di sconvolgere il suo mondo, le sue convinzioni e il suo approccio alla vita. L’essersi preso la colpa al posto di Paolo creerà una spaccatura destinata a durare anni, fino a quando una telefonata, da parte della cognata, lo avviserà delle condizioni disperate in cui versa il fratello, essendo stato colto da un malore. Il lungo viaggio in treno, che lo porterà da Roma a Milano, costituirà quell’occasione per fare i conti con sé stesso e con quanto gli è accaduto fino a quel momento, diventerà il mezzo con cui raccontare, mentalmente al fratello, le sue vicissitudini e la storia dell’unica donna che potrebbe salvargli la vita.
Stella, questo è il nome della nostra protagonista, una donna che, nata in un paesino vicino a Roma, proietta il lettore in quei primi anni sessanta in cui ancora si lavora tenacemente nei campi per riuscire a sopravvivere, nonostante la rinascita economica e in cui il ristretto habitat costituito dai paesani, affetti da quella tipica mentalità chiusa e bigotta dei piccoli centri, faranno da sfondo e cornice alla sua vicenda personale.
Ti racconto di lei è un romanzo che non lascia spazio alle mezze misure: o si ama o si odia. È un romanzo che penetra nell’animo umano sondandone i confini, mettendo in risalto quelle che sono le paure sorte dal timore di morire, ma anche di vivere. Sono quattro i punti fondamentali che caratterizzano lo svolgersi di tutta la trama.Il primo emerge proprio dalla personalità di Fabio che, divenuto giornalista, predilige il campo della scienza e dunque tutto quanto sia sondabile, calcolabile e dimostrabile. Una mente fertile e aperta alla scoperta ma, soprattutto, un animo in grado di offrire ancora uno spazio ai sogni e alle speranze. E dunque, uno dei punti di vista di questo romanzo verte proprio sulla capacità di Fabio di comprendere l’importanza di ogni singolo gesto nello schema generico delle cose. Ogni evento ne presagisce un altro, riproponendo, in questo modo, la teoria in cui uno sbattere d’ali di una farfalla potrebbe provocare un uragano in un’altra parte del mondo.
Il secondo considera l’approccio che le persone hanno nei confronti di ciò che non comprendono e non riescono a spiegare con le proprie capacità cognitive: la negazione o la possibile apertura verso fatti che richiedono semplicemente un atto di fede. Una fede che, tuttavia, non sconfina mai nel campo religioso vero e proprio, lasciando al lettore la facoltà di interpretare al meglio quanto avviene, a seconda delle proprie convinzioni e del proprio background sociale. Quindi il confronto, fra Fabio e il suo collega giornalista Gianluca, diventerà quel fattore simbolico adatto per comprendere in che modo l’ignoto possa fare paura e possa portare a ignorare anche tutto quello che potrebbe essere positivo. Lo scetticismo non sempre elargisce buoni consigli.
Il terzo sottolinea la speranza. Quel barlume che ancora ci tiene attaccati alla vita, anche quando un male incurabile potrebbe portarcela via. Quel filo sottile che permette di non cedere alla paura e che porta ad afferrare saldamente la mano che il destino ci porge, permettendoci di vivere una seconda occasione. Il concetto che viene  magistralmente spiegato da un ex paziente di Stella allo stesso Fabio. L’uomo riesce a far comprendere al giornalista quelle che sono le fondamentali differenze fra il timore di morire e l’ansia di vivere. La metafora della mano tesa diviene quell’atto che ogni essere umano deve prima o poi compiere per trovare in sé stesso la forza di andare avanti, di guarire sia mentalmente che fisicamente, ma soprattutto spiritualmente, da qualsiasi malattia oscura che potrebbe alla fine distruggerlo. È dunque quel libero arbitrio che porta a scegliere in quale direzione vogliamo incamminarci, per sperimentare noi stessi e i nostri limiti. E afferrare quella mano con convinzione significa porre una linea netta fra lottare e cedere.
Il quarto affronta quell’egoismo che spinge le persone a chiedere, a chi è realmente in grado di dare, senza mai porsi la domanda su quanto sia il costo pagato in fatto di energie e vitalità dalla persona che dona. Una sorta di egoismo che nasce dalla disperazione e da tutte quelle situazioni in cui sono coinvolte le persone a noi vicine, essendo loro a essere sottoposte alla sofferenza e al dolore.Perché Stella è una guaritrice, una donna che fin da bambina ha manifestato dei poteri in grado di prevedere le situazioni, di sondare a fondo l’animo umano e di alleviare, se non addirittura guarire i mali del corpo. Una donna che non agisce solo sul piano fisico ma anche su quello spirituale, accompagnando i propri pazienti verso quella consapevolezza che potrebbe salvarli da una morte certa. I suoi poteri non sono comprensibili e non sono quantificabili, non hanno una connotazione vera e propria, ma sono parte di lei e, proprio per questo motivo, elargirli diventa una sofferenza e una pena che si acuisce nel corso degli anni.
Tutto ha un prezzo. La vita di Stella ne ha uno e il suo potere pesa ogni giorno sulle sue forze prosciugandole. Fabio paga il suo restando lontano dal fratello per anni, forse persino troppi, divenendo consapevole solo attraverso il proprio dolore e diventando testimone di quello altrui, aspettando con gli altri pazienti il proprio turno davanti allo studio di Stella.I personaggi secondari sono descritti in modo approfondito fino a metà libro, conosciamo in questo modo Luisa e Renzo, i genitori di Stella, Marisa la nonna, Silvia la sorella e poi ancora Maria la pettegola, Tonino lo storpio, il parroco, il dottor Lucchi, Maurizio e molti altri. Tuttavia, da metà libro in poi tutto sfuma, le tinte, che fino a quel momento avevano tratteggiato ogni carattere e ogni singolo avvenimento, lasciano il posto alla trama stessa, alla storia. Non vi sono più volti riconoscibili, ma solo involucri di persone che contengono altre storie, altre speranze, ma anche altre sofferenze. Vicende che s’accavallano per portare il lettore finalmente a chiedersi perché a un certo punto si smette di lottare. Cosa distingue una situazione da un’altra? Sono tutte ugualmente tragiche e tutte richiedono i poteri curativi di Stella. Quindi perché taluni ce la fanno e altri no? La risposta è fra le righe. Una risposta che non è un dogma, ma solo un lieve sussurro che apre degli spiragli, dei piccoli vuoti che ognuno può colmare con le proprie decisioni e le proprie convinzioni. E le nostre decisioni saranno quelle che segneranno il percorso della nostra vita.OsservazioniRecensione a “Ti racconto di lei” da Il Mondo dello ScrittoreIl libro è stato scritto in modo scorrevole e con grandi capacità descrittive, il fatto che l’ambientazione possa sembrare tratteggiata in modo superficiale viene ampiamente sopperito dai personaggi, che vengono invece presentati approfonditamente, facendo calare il lettore nei panni dell’uno o dell’altro. I particolari si snodano attraverso le caratteristiche parlate dialettali e nel modo di agire, offrendo uno spaccato realistico e bucolico di una campagna romana molto vivace e vera. La mancanza di capitoli non danneggia la lettura, ma lega, con un unico filo conduttore, i cambi di scena fra il presente, prima di Fabio e poi anche di Stella, con il passato di entrambi. Unico appunto è il cedimento di attenzione verso l’editing in alcuni punti della trama, anche se questo fatto comporta solo lievi refusi e piccole imperfezioni stilistiche, piuttosto irrilevanti. Il linguaggio è colloquiale nonché intimo: Fabio si rivolge al fratello, anche se questi in realtà non può sentirlo data la lontananza e il fatto che non è cosciente, ma è come se si rivolgesse direttamente al lettore, trasformando nel proprio congiunto chiunque approdi alle pagine del libro. Non vi sono incongruenze che potrebbero guastare la lettura né, tanto meno, spezzoni inutili che potrebbero solo servire come contorno. La trama è fluida in ogni sua parte e ben costruita nonostante i continui cambi temporali dal passato al presente.ConclusioniAlessio Follieri, studioso di scienze e filosofia, racchiude in questo libro il proprio pensiero sul senso della vita. La vita intesa come fattore naturale e dunque in continua evoluzione dinamica quanto la natura stessa. Una vita in cui le uniche regole imposte sono quelle che poniamo noi attraverso i confini della nostra mente, limiti che possono essere valicati osservando le cose da una prospettiva diversa, senza pregiudizi o paure. Personalmente ho trovato estremamente interessante questo libro, sia per le tematiche affrontate sia per lo stile con cui è stato proposto. Ho apprezzato molto l’approccio teologico dell’autore, il quale ha evitato accuratamente di cadere nella dottrina religiosa, nonostante determinati ovvi accenni, per lasciare spazio alla filosofia e alla pura narrativa. I fatti raccontati non sono reali, ma sono descritti in un modo così realistico da lasciare le porte aperte al dubbio. Gli avvenimenti si susseguono con regolarità e logica, coinvolgendo il lettore fino alla fine. Una fine che non si basa sull’importanza del classico “happy end”, ma costringe il lettore a riflettere. Dunque un libro consigliato, ma non di semplice lettura: la trama è complessa e non presenta le caratteristiche del romanzo d’intrattenimento spiccio. Sicuramente adatto per un pubblico adulto che ami poter riflettere su quanto ha appena condiviso.Irma Panova Maino per Il Mondo dello Scrittore.

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