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Recensione al saggio di salvatore agueci la laicità dei «non laici»

Creato il 31 dicembre 2010 da Agueci

È uscito quest’anno, presso l’Effatà Editrice, un nuovo libro di Salvatore Agueci: La laicità dei «non laici». Il libro consiste di otto capitoletti facili a leggersi, una “prefazione” dell’ex-deputato e sottosegretario agli Interni Ferdinando Russo (che è un lucido contributo), una “presentazione”, la biografia dell’autore e un’utilissima “bibliografia.”

L’autore, docente per molti anni di Religione Cattolica, ha già pubblicato libri sulle migrazioni, frutto di dedicato studio e di esperienza.Ha occupato, infatti, uffici importanti sia nel campo dell’emigrazione che dell’immigrazione, ed è co-fondatore e presidente dell’associazione «Italia-Tunisia».

Scrive anche libri di poesia, ispirati da un profondo amore cristiano e francescano verso Dio, la famiglia, e il prossimo, particolarmente verso gli alienati, le pecorelle smarrite della nostra società.

Il titolo del libro, apparentemente un ossimoro - come dice l’autore nell’introduzione, - ne riflette invece la sua impostazione originale.

Agueci coglie qui il laico cristiano odierno, post-conciliare, nella sua duplice perplessità: nell’autodefinirsi come tale e nel comprendere la sua posizione e funzione come membro della Chiesa. Da una parte, in Italia, s’è diffuso l’uso improprio del termine, divenuto sinonimo di non-credente o di “agnostico”. Ciò potrebbe creare equivoci e intimidire il credente cattolico nell’accettare tale definizione. D’altra parte, per sfortuna, nella Chiesa stessa si e andato perdendo lo spirito delle prime comunità cristiane, dove i laici erano molto più coinvolti. Cercò di rimediare il Concilio Vaticano II, ma com’è detto nella copertina del libro: «… sembra che, più ci si allontana dalla fine di quel grande evento, più i laici perdano la loro vera collocazione e siano guardati con un certo sospetto».

Nel libretto Agueci confronta i due problemi con l’intento di chiarire gli equivoci e di incoraggiare i credenti laici a riprendere il loro giusto posto «per edificare questa ecclesia che appartiene unicamente a Cristo, e, separatamente, a nessuno dei suoi componenti, sia esso laico o ordinato».

Per chiarire l’abuso del termine “laico” l’autore ripercorre la storia del termine, iniziando dalla spiegazione etimologica dal greco, per passare poi alla sua introduzione e uso tipicamente religioso negli scritti dei padri della chiesa. Agueci definisce anche lo pseudo laicismo in quelli che sono «i nemici maggiori della laicità cristiana», cioè “l’agnosticismo, il cinismo e l’indifferenza”, filosofie dannose sia verso se stessi che verso la società. Quindi dimostra come, al contrario, siano necessarie la partecipazione e la cooperazione.

Altro ricorso alla storia serve a chiarire la posizione dei laici in seno alla madre Chiesa. Anzitutto i rapporti Chiesa-popolo-stato, dalle primitive elezioni dei vescovi da parte del popolo, alle lotte per le investiture, alle varie correnti filosofico-giuridiche che vedevano o, da una parte, la separazione dei due poteri secondo il dettato di Cristo stesso o, dall’altra, la rivendicazione dei due poteri affidata da Dio unicamente al papa, o all’imperatore, o, secondo altri, allo stesso popolo. Agueci ricorda, inoltre, che vari Concilii del passato furono iniziati da imperatori laici o con grande rappresentanza laica.

Si arriva così all’odierna situazione politico-religiosa italiana.

Agueci, pur affermando che «uno Stato democratico, pur rimanendo neutrale e non sottoposto a qualunque ideologia o religione… debba salvaguardare… la convivenza pluralista e la libertà di culto ai fedeli delle altre religioni…» difende l’insegnamento cattolico nelle scuole, protetto ancora dalla Revisione del Concordato: «… conoscere ciò che appartiene alla cultura italiana non lede i diritti di libertà… ma permette di conoscere un patrimonio culturale appartenuto nei secoli a un popolo… contribuendo a una visione più ampia del vissuto».

Difende anche il diritto della Chiesa a intervenire per difendere quei diritti morali che sono parte della missione affidatale dallo stesso Cristo. È necessario, pero, che la missione della Chiesa sia condivisa dai laici, senza la cui partecipazione, a dire di Pio XI, la Chiesa diventa un essere mostruoso: «la testa è enorme, ma il corpo e rattrappito».

Tutto ciò porta, naturalmente, alla situazione attuale del laico cattolico.

Alla sua amata Chiesa Agueci ricorda, - come aveva fatto osservare già Giuseppe Lazzati da lui citato, - che «la laicità deriva dalla visione stessa della creazione» (nella Genesi il mondo creato è diverso dalla divinità) e che tutto il Vangelo è, poi, laico, poiché Gesù insiste a essere venuto principalmente non per i sani ma per gli ammalati, per le pecorelle smarrite.

Il Concilio Vaticano II si è fatto portavoce della storia, quando la “Lumen Gentium” riafferma che «Tutti gli uomini sono chiamati a formare il popolo di Dio». Agueci insiste anche sul fatto che i laici cattolici non devono essere esclusi dalla potestà di giurisdizione. Gli ultimi capitoletti sono dedicati alla funzione dei laici cattolici nel mondo odierno e a un caloroso invito a tutto il mondo cristiano a essere attivi e non soffocare lo Spirito nel corpo della Chiesa, dove ordinati e laici devono formare un’unità voluta da Cristo e dallo Spirito Santo.

È interessante osservare come un libro, così breve, riesca a dare tanta luce su un tema ugualmente importante per il mondo cattolico. È un libro che fa pensare e che ispira alla partecipazione. Per esempio, l’ossimoro “laicità dei non laici” sembra riflettere un fatto linguistico: se il “laico” perde significato nella sua funzione in seno alla Chiesa, ecco che il termine comincia a perdere la sua forza, sino a essere appropriato dagli atei. Bisogna, quindi, ristabilire un laicato cattolico che non lasci nessun dubbio sulla definizione semantica e storica del termine.

Altri problemi, quale la partecipazione decisionale dei laici nella Chiesa, riflettono temi storici giustamente menzionati dall’autore. Dopo i primi tempi dei santi papi e imperatori, cominciarono le crisi con le lotte delle investiture, lotte che ignoravano le parole di Cristo sulla separazione dei due poteri. Ci furono abusi dai due lati, sino al secolo passato con l’intrusione dell’imperatore d’Austria sul conclave. Tutt’oggi, però, la Chiesa Cattolica gode, senza dubbi, di un’autonomia politica che le potrebbe invidiare qualunque altra religione, ciò grazie al Vaticano II. A differenza di vari secoli di papi politici, appartenenti a potenti famiglie nobili, ultimamente abbiamo avuto una serie di papi santi, usciti da vari strati sociali. I tempi sono perciò maturi per una completa comprensione e unità tra ordinati e laici, secondo i dettami di Cristo, per una Chiesa che sia allo stesso tempo un ritorno a Cristo e ai primi cristiani, e una Chiesa aperta al futuro.

Agueci, me lo ricordo ancora da ragazzo, era esemplare.

San Francesco, il suo altro maestro dopo Gesù, fu un mediatore rivoluzionario tra la Chiesa e il popolo. Egli preferì restare fratello laico tra i suoi religiosi che chiamò “minori.” Fu soprattutto ai “minori”, al popolo che dedicò il suo lavoro (anche fisico) e la sua predicazione. Il suo carisma attraeva popolazioni intere, pronte a seguirne l’esempio, al punto che dovette creare il “Terz’Ordine”, per i laici che vivono lo spirito francescano nel mondo.

Se la vita del Santo ci ricorda quella di Gesù, la vita francescana attorno a lui ci ricorda certamente quella delle prime comunità cristiane. È proprio con questo spirito che si deve leggere questo nuovo libro dell’autore.

Chicago, 17 dicembre 2010

Frank Ignazio Caldarone1

Ph. D.

1 È nato a S. Biagio Platani (Agrigento-Sicilia) e si è laureato in Letteratura Italiana presso l’Università di Chicago, dove vive da anni. Ha pubblicato vari saggi d’italianistica su riviste degli Stati Uniti; ha pubblicato Il ciclo dei “vinti” da Verga a De Roberto, Longo Editore, Ravenna 1992, nella collana Il Portico, Biblioteca di Lettere e Arti, diretta da Antonio Piromalli.


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