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Recensione: Albion, di Bianca Marconero

Creato il 08 gennaio 2014 da Mik_94
Buongiorno a tutti, amici miei! Ufficialmente, diamo il via all'anno nuovo con la prima lettura di questo lungo 2014. Un romanzo che mi hanno consigliato tanti colleghi e che, spesso e volentieri, mi avete consigliato tanti di voi: sono arrivato tardi, lo ammetto, ma l'ho letto. Quello è l'importante! La recensione, purtroppo, arriva più tardi del solito: causa studio. Presto, inoltre, vi aggiornerò sugli ultimi film visti: mi ritengo fortunatissimo. Tra il remake diCarrieeSaving Mr Banks,Blue Jasminee How I live Now,mi sto imbattendo solo in cose belle. Buona lettura e un abbraccio, M. Sconfiggere un nemico non significa sconfiggere il male. E suo nonno sapeva che il male non muore mai. Ma per fortuna anche la sua antitesi è immortale. Il bene è un'araba fenice che risorge dalle proprie ceneri.
Recensione: Albion, di Bianca Marconero Titolo: Albion Autrice: Bianca Marconero Editore: Limited Edition Books Numero di pagine: 398 Prezzo: € 14,90 Sinossi: Cresciuto senza madre, e dopo aver perduto il fratello maggiore - morto in circostanze misteriose -, nel giorno del funerale dell'amatissimo nonno, Marco Cinquedraghi riceve la notizia che gli cambierà la vita: deve lasciare Roma e partire per la Svizzera. È infatti giunto il momento di iscriversi all'Albion College, la scuola in cui, da sempre, si diplomano i membri della sua famiglia. Ma il blasonato collegio riserva molte sorprese. Tra duelli di spade e lezioni di filologia romanza, mistici poteri che riaffiorano e verità sepolte dal tempo che riemergono, Marco scoprirà il valore dell'amicizia e capirà che l'amore, quello vero, non si ottiene senza sacrificio. Nelle trame ordite dal più grande dei maghi e nell'eco di un amore indimenticabile si ridestano legami immortali, scritti nel sangue. Fino all'epilogo, tra le mura di un'antica abbazia, dove Marco conoscerà la strada che le stelle hanno in serbo per lui. Il destino di un re il cui nome è leggenda.                                                         La recensione Recensione: Albion, di Bianca Marconero E' un'impresa non da poco giudicare coloro che conosciamo. E' difficile dire alla nostra migliore amica, ad esempio, che il suo ragazzo è un impiastro totale, o far sapere al nostro amico d'infanzia che quel taglio alla moicana così audace decisamente non era quello di cui i suoi capelli impettinabili avevano bisogno. Ci si sente combattuti. Ci si sente... infami. Da quando il blog ha vita, tra le mie amicizie, sono entrati, con mia grande gioia, a far parte anche autori pubblicati; cosa che – appena due anni fa – non avrei immaginato nemmeno nelle mie più rosee e lontane aspettative. Solitamente, però, queste amicizie virtuali sono esclusivamente nate dopo le mie recensioni. Difficile, infatti, che resistano a un parere educatamente onesto, ma categoricamente negativo. Storia vera. Così, le mie amicizie di Facebook diminuiscono tristemente, diplomatica stroncatura dopo diplomatica stroncatura. E' difficile avere una donna per amico, cantava Battisti. Ancora più difficile, aggiungerei io, è avere uno scrittore per amico. Questa lunga e vaga premessa, per dire che conoscevo virtualmente Bianca Marconero ben prima di leggere il suo Albion. Avevo letto, fino ad ora, soltanto i suoi resoconti delle gite di famiglia al cinema, i suoi stati spesso brillanti e pungenti, i suoi commenti sempre puntuali ed approfonditi sui romanzi che aveva letto e sui film che aveva recuperato: piccole e spontanee cronache delle sue giornate di mamma e autrice a tempo pieno. Insieme, inoltre, abbiamo parlato a lungo delle nostre dipendenze più dolci e irrinunciabili e preso parte ad iniziative su libri che avevamo puntualmente adorato. Lei e il suo romanzo sono stati il mio piacevole strappo alla regola. Ho conosciuto, infatti, prima la persona e poi l'autrice e, paradossalmente, ho preso in mano il suo libro d'esordio, sicurissimo che non mi avrebbe deluso, solo dopo tutto il resto - consapevole della nostra smodata venerazione per J.K Rowling, e le felpe sformate con gli smile disegnati sopra, e i romanzi per ragazzi; ma quelli belli, belli, belli. Ho domandato a me stesso “E se poi non mi piace...?”, troppo tardi, quando già avevo chiuso il romanzo, tutto sorridente e soddisfatto. Il dubbio, infatti, con una storia così ben scritta e dinamica, non aveva ragione d'essere, e ho avuto la fortuna di capirlo dal primo di ben settantasei, velocissimi capitoli. Quei capitoli numerosi, vero, ma che - brevi, affilati e celeri - erano esattamente del tipo che piacciono a me, sebbene, spesso e volentieri, non abbia apprezzato, in verità, la scelta di dar loro un titolo: unica pecca. Mi sono imbarcato in questa avventura ad occhi chiusi, non sapendo assolutamente dove mi avrebbe portato. In dorso a un destriero bianco, su una bicicletta sgangherata, a bordo di un treno arrivato in ridardo... ma verso dove? Il titolo parla chiaro e parlano chiaramente i personaggi, con i loro cognomi altisonanti e i loro destini indissolubilmente annodati. Albion, una scuola esclusiva e antichissima, costruita nel verde fitto della Svizzera odierna, è la cornice suggestiva e riccamente intarsiata in cui, insicuri e agili, romantici e agili, si muovono questi eterogenei cavalieri in erba, perennemente a rischio di bocciatura. Albion è il nome dimenticato della Gran Bretagna e, in questo racconto che parla di leggende nuove e antiche, ogni cosa ha il suo perché: il Caso, sappiatelo, non esiste. E io, dal mio canto, non pensavo potesse esistere qualcosa capace, dopo anni e anni di vani tentativi, di farmi andare a genio gli intrighi e le magie del ciclo arturiano: ho abbandonato Merlin alla seconda stagione, ho rinunciato ai primi piani mozzafiato di Eva Green in Camelot, ho visto secoli fa La spada nella roccia e la saga di Marion Zimmer Bradley, stranamente, è una delle poche a non essersi mai affacciate nella mia wishlist.  Recensione: Albion, di Bianca Marconero Il segreto è da cercare, con tutta certezza, nella freschezza unica dell'intreccio della Marconero. Bianca ha spolverato vecchie, spettrali e cigolanti armature; ha fatto dell'arcaica Tavola Rotonda molto più che un monumento dedicato alla tradizione; ha fatto incontrare, su un terreno neutrale e tutto nuovo, i mitici personaggi del ciclo bretone e gli altrettanto mitici personaggi della saga di Harry Potter. Ha unito, con passione grande, due sue grandi passioni. E l'ha fatto tra le righe, in filigrana, con rispetto e inventiva, originalità e spigliatezza da vendere. Tra un genitore e un'insegnate, tra una spadaccina modello e una critica d'arte, si muove morbida e sicura, senza intoppi, tra rievocazioni di curatissimi dettagli architettonici e duelli, lotte e liti tra futuri migliori amici. Si avvale di una sintassi perfetta e ha un linguaggio – talora forbito, talora simpaticamente vivace - che sa adattarsi straordinariamente ad ogni situazione. I dialoghi sono realistici e i toni, mai forzatamente epici o inutilmente sensazionalisti, sono quelli giusti. Giocosi, ma adulti, a volte, nella descrizione di un'adolescenza vista senza “lenti rosa”, in cui gruppi di studenti chiacchierano, con normalità assoluta, davanti a una pinta di birra gelata, si stuzzicano con classici doppi sensi, discutono verosimilmente di sesso, vita, amore.  Recensione: Albion, di Bianca Marconero Mi è sembrato di sentirli parlare, di udire le loro voci risuonare nelle mie orecchie, a lezione, a letto, al bar: la loro simpatia e i loro accenti tanto diversi mi hanno conquistato. Il plurilinguismo suggerito da Bianca, infatti, mi ha profondamente divertito e tutti i fanatici dei serial in lingua, come il sottoscritto, avranno pensato al fitto e biascicato accento irlandese dell'adorabile Deacon, all'irrinunciabile r alla francese del galante Lance, ai musicali risultati dello spanglish dell'indefinibile Helena, alla fortissima cadenza romana dell'odioso Marco Cinquedraghi. Si salta da un punto di vista all'altro e, nonostante i tempi siano piuttosto dilatati, i risultati sono brevissime e affascinanti soggettive dal sapore cinematografico che non disorientano, catturano. Come ogni romanzo introduttivo che si rispetti, Albion concentra i suoi colpi di scena migliori negli ultimi capitoli e, nel frattempo, dà vita e infinite gradazioni di colore ai riuscittissimi personaggi che incontreremo nei volumi venturi. Compreso Marco, e non ho intenzione di rimangiarmi quello che ho detto: perché lui è odioso, con fastidiosa consapevolezza. Ma mi ci sono affezionato, e non come si fa con un'unghia incarnita o una pustola purulenta con cui impari, tuo malgrado, a convivere. La voglia di prenderlo a botte con una padella rovente, pian piano, diminuisce; e quella padella rovella diventa, gradualmente, una scarpa, una ciabatta, un cucchiaio di legno, un pugno... un leggero schiaffetto. Niente sconti di pena, però: un manrovescio è il minimo sindacale! Rende Helena collerica, instabile, irascibile e le procura dolorosi incubi. E dà filo da torcere a Deacon: magro come un chiodo, alto come un armadio, con un trench larghissimo che, nel vento, sembra il mantello di un impavido supereroe, e un fare da nerd che lo rende universalmente piacevole. Albion è uno young adult con cappa e spada, in cui l'impresa più eroica che un futuro cavaliere possa compiere è quella di barattare un Rolex per una bici: tutto pur di raggiungere la sua amata dama, in balia non di un drago cattivo, ma dei mezzi pubblici e di una compagnia a cui, altrimenti, mancherebbe l'obbligatorio attaccabrighe di turno. Il mio voto: ★★★★ Il mio consiglio musicale: Coldplay – Clocks

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