La
sconfitta diventa una scelta, se la Spada sei tu.
Titolo:
Albion – Ombre
Autrice:
Bianca Marconero
Editore:
Limited Edition
Prezzo:
€ 14,90
Numero
di pagine: 502
Sinossi:
Marco
Cinquedraghi e i suoi amici hanno scoperto di essere portatori di una
peculiarità genetica che si fonda nella leggenda. Sono le nuove
incarnazioni di Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda. Ma qual è
il prezzo del loro privilegio? A cosa si deve rinunciare per
guadagnarsi un destino già scritto? Marco preferisce non
chiederselo. Saranno gli errori commessi e le bugie a trascinarlo in
una spirale che lo obbligherà ad aprire gli occhi, mentre anche
l'eredità di mago Merlino si risveglia e reclama il proprio tributo.
Tra amicizie che si incrinano, amori condannati per le colpe del
passato, l'ombra di una fata leggendaria e un'indagine su una morte
sospetta che sembra portare a una tragica verità, i ragazzi
dell'Albion College proseguono il loro cammino per diventare grandi.
Ma capire cos'è la vera grandezza comporta un sacrificio che ognuno
di loro dovrà affrontare da solo, per salvarsi.
La recensione
A
Michele, che è allergico ai seguiti e alle saghe ma che, bontà sua,
continua a leggermi.
Una
biro nera, in una grafia chiara e ordinata che non avrei mai potuto
immaginare diversa, ha scarabocchiato questo pensiero alla prima
pagina del libro che in tanti aspettavamo – anche io, ebbene sì,
che a farmi andare a genio seguiti e saghe, alla fine, ho
semplicemente rinunciato. Ci vorrebbe la pazienza che non ho, per
cambiare idea; sviluppare gli anticorpi. Ma quella dedica mirata,
tutt'altro che preconfezionata, era opera di un'autrice che conosce i
lettori come le sue tasche, me compreso, e che ha cura dei suoi
personaggi. A qualche saga, perciò, ho fatto il callo. A una saga
come questa, in particolar modo, che non si dimentica e non ci
dimentica. In cima alla dedica, il familiare nome di un college
esclusivo, tra le alpi svizzere screziate di neve, e un sottotitolo
che preannuncia passeggiate presso il lato oscuro: le “i”
diventano spade nella roccia, ogni lettera un ricciolo e i
protagonisti che già conosciamo, ancora, fiori senza luce. Albion
– Ombre è il secondo capitolo
di una saga tutta italiana, che ha mantenuto alte curiosità e
aspettative nell'attesa che iniziasse un nuovo anno nella scuola in
cui niente è come sembra e i re, alla vigilia di una leggendaria
epifania, sono per un po' tuoi compagni di banco, a lezione di
filologia romanza. Perché maghi e babbani, da bambini, aspettano la
lettera per Hogwarts – particolarmente calzante il paragone – ma
i futuri cavalieri della tavola rotonda, con la maggiore età,
imparanano a giostrare e a padroneggiare le lingue morte in una
Avalon ristrutturata. Nel volume precedente, ormai due anni fa, i
protagonisti erano matricole a un giro di prime volte: il loro
destino era poco chiaro, ma avevano nomi altisonanti e, soprattutto,
cognomi che parlavano forte e chiaro delle loro vite passate. Si
erano fatti volere bene e male, con i vizi e le virtù, porgendoti la
mano, in segno di educazione, dall'altra parte del tavolo. Una tavola
rotonda in cui, alla pari, avevano lo stesso numero di battute e la
stessa importanza: le disparità non esistevano, in un fiabesco
romanzo corale sulla faticosa gavetta, prima di assumere il comando,
e su compagni che ti sono fedeli a prescindere, non per dovere, ma
per disinteressata amicizia. Alcune cose sono scritte nelle stelle,
altre si conquistano con tempo e pazienza: la fiducia, ad esempio. I
cavalieri dovrebbero amare il proprio re, non può essere altrimenti,
ma come giurargli fedeltà se l'Artù delle leggende antiche, saggio
ed eroico, è diventato un adolescente con la faccia da schiaffi,
l'accento romano, i modi sgarbati? Marco Cinquedraghi, altezzoso e
battagliero, non era l'erede che l'Albion aspettava. Secondogenito,
aveva preso il posto di un fratello maggiore la cui morte era avvolta
nel mistero; sovrano legittimo, studente amato e temuto, che eppure
nessuno piange più.
Mentre i nodi venivano al pettine e le stelle,
in fine, si adeguavano alla prematura scomparsa di Riccardo, Marco
stringeva i denti, maturava e faceva amicizia con gli strani ragazzi
dell'ala est. Si ritorna dietro i banchi di scuola, finalmente, e
Albion è pronto a fare
chiarezza sulle sue stermiante ombre – quella, insormontabile, di
un fratello maggiore non così esemplare; quella di una fata
tentatrice; quella di una bestia che, ai margini del lago, attenta
alla vita di un Merlino in pubertà. E, tutto sommato, si fa presto a
sentirsi di nuovo a casa: un altro giro di presentazioni, per portare
alla mente nomi e ruoli, ma qualcuno ha avuto la premura di lasciare
un posto libero per te, che hai la memoria corta e uno stoicismo
ballerino. I protagonisti ti accolgono in mezzo a loro, tra sinfonie
di accenti diversi e pensieri sottintesi, ma la festa di benvenuto è
pochissimo che dura. Hanno inizio i corsi, l'azione e la squadra di
sempre avrà il suo bel da fare. Questa volta, i protagonisti sono
impegnati e distanti tra loro. Cinquecento pagine, tante, per farsi
perdonare la lunga attesa e parlare di poteri che insorgono e
attività extracurriculari che, anziché chiamare all'ordine,
spargono a piene mani i semi della confusione. Come se l'arrivo di
Morgana, quella
Morgana, non fosse già abbastanza destabilizzante per l'equilibrio
sentimentale tra Marco e l'orgogliosa Helena. Due occhi verdi, i
ricci rossi e un ammiccante, pericoloso invito a infrangere regole e
schemi. La gelosia, però, potrebbe far sì che l'erede di Ginevra si
avvicini a Lance - come il Lancillotto originale, bello e
onnipresente – e allontanare, da un Marco quantomai solo e
combattuto, il guaritore Erek, l'assasina Samira e il mago Deacon:
per me, quest'ultimo, a tratti mio mancato gemello, leggermente
sottotono rispetto al solito; come me quando scendo dal letto con il
piede sbagliato, al mattino, o mi desto, come mamma mi ha fatto, nel
cuore di fascinose città d'arte, perché gli incubi mi vogliono
nudista e sonnambulo.
A sorpresa, il desiderio di malmenare
Marco viene meno: anche se non capisce che Chevalier – che non solo
è un Bronzo di Riace vivente, ma è anche straordinariamente
gentile: invidioso, gli troverò probabilmente almeno un difetto, in seguito
– è leale e che nessun uomo, nessun re, è un'isola. Le domande
non mancano – ci si chiede, infatti, chi sia M. e chi la mostruosa
nemesi di Deacon, cosa sia stato del primo Cinquedraghi e cosa, messa
alle strette, sceglierà quella Helena con la sindrome molto diffusa
del “gnè gnè, ce l'ho solo io” - e l'umano sconfina nel
divino, e viceversa. Ogni risposta sarà un colpo di scena aggiuntivo e ogni
avvenimento nella norma – un appuntamento galante, i preparativi
del ballo di fine corso, barare al test di matematica – una specie di respiro di
sollievo. Quali effetti ha il jumper, droga sperimentale che potenzia
e inibisce, e cosa imparano, oltre a parare i colpi e ad attaccare,
gli allievi di un esclusivo club di scherma? Quale verità porteranno
a galla i nostri eroi frugando nell'archivio della scuola? Bianca Marconero – e
ho avuto modo prima di conoscere la persona, poi l'autrice –, al
solito, stupisce per descrizioni approfondite, tecnicismi che non
vengono a noia e finali sospesi, causa di sofferenza per i più,
che io invece apprezzo. La stessa autrice che, sotto diverso pseudonimo, aveva dato
vita ai personaggi stravaganti e a me congeniali di La
prima cosa bella – in quanti
non vedono l'ora di averlo in libreria? - è uguale e diversa, mentre
affila il fioretto e salva il mondo. Un secondo romanzo, più intricato
del precedente e, a tratti, più coinvolgente, in cui Bianca, con stile
inconfondibile, canta “le donne, i cavallier, l'arme, gli amore, le
cortesie e l'audaci imprese”, non dimenticantosi però di catturare i
suoi protagonisti in selfie improvvisati, che hanno la magia di restituirceli in
borghese: belli, freschi e in armonia, com'è prerogativa
dell'avere diciotto anni e una vita – o sette? - davanti. Si legge
bene, si legge in fretta. Soprattutto, Albion – Ombre è
un romanzo che ispira. Gli eroi parlano italiano, non hanno
bisogno di traduzione, e non serve un ripasso veloce d'inglese
per far sapere all'autrice quant'è in gamba e con quanta curiosità, noi comuni mortali, aspettiamo di
saperne di più. Quando il sogno parla la tua stessa lingua, che scusa – la generica "non apprezzo la narrativa italiana" o, quella che preferisco, "non sono al passo con le saghe" - avrai per non prestare ascolto al richiamo dell'avventura?
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: Mumford & Sons – The Cave