[Recensione] All Cheerleaders Die (di Lucky McKee e Chris Sivertson, 2013)

Creato il 11 agosto 2014 da Frank_romantico @Combinazione_C

LA DONNA NEL CINEMA HORROR
Se c'è una realtà che ha preso piede negli ultimi anni coinvolgendo il cinema di genere e non solo, è sicuramente l'horror "femminista". Un controsenso in nuce se prendiamo per buono il fatto che l'horror, più o meno dalle sue origini, è sempre stato un genere sessista che ha visto nella figura della donna un corpo da sacrificare sull'altare del maschilismo.  Eppure l'horror femminista esiste, ha assunto una certa rilevanza e non solo grazie a registi donne che hanno scelto di mostrare la loro versione dei fatti ad un pubblico finalmente pronto ad assimilare il cambiamento ma travalicando il grande schermo, divenendo fenomeno pop su quello piccolo: un prodotto come American Horror Story ha imposto in TV la figura eroica di una donna non più vittima e di certo non poi così indifesa. 
In lungo e in largo, la figura della donna ha rubato spazio a quella machistica dell'eroe senza paura o a quella del cattivo più spietato: film come The Devil Reject, American Mary, Denti, Jennifer's Body ne sono la dimostrazione, sorvolando sulla qualità imbarazzante degli ultimi due.  Certo, quando parliamo di horror femminista parliamo di piccoli passi nella giusta direzione, una sterzata rispetto al passato (non privo di esempi importanti) che se sfruttata a dovere potrebbe portare ad un vero e proprio capovolgimento, ma non è questo il luogo più adatto per parlarne, primo perché si tratta di un semplice blog, secondo perché non ho le competenze adatte per farlo in maniera esaustiva.

Se dovessi fare, però, il nome di due registi che più di altri (e più di tante donne) hanno rappresentato questo cambio di tendenza, parlerei di Neil Marshall e Lucky McKee. Due registi indi (il primo inglese, il secondo americano) che hanno posto al centro di molte loro opere la figura di una donna figlia della disperazione, pronta a rinascere dalla violenza e dal proprio sangue, certe volte rappresentazione di una forza primitiva, al di là del bene e del male. Anzi, a dirla tutta entrambi i registi sono riusciti a privare la figura della donna di quei connotati sessisti di per se, dotandola di una sensualità e femminilità conturbante, che trascende culi e tette e di cui molti altri registi, donne comprese, non sono ancora riusciti a liberarsi.
McKee in film come May, The Woods o The Woman, è stato capace di spogliare la donna da ogni cliché, di renderla libera e potente ma pur sempre donna, così distante nel suo universo da quello del maschio, pur sempre vittima di quest'ultimo (e del dolore) ma in grado di negare ogni presunta uguaglianza - la stessa presunta e tanto auspicata uguaglianza che, quella sì, trovo sessista e atta ad appiattire le differenze che ci rendono tanto distanti e così complementari - alla ricerca di quell'individualità che la rende unica. Dirò di più, Lucky McKee ha sempre dipinto la donna come una creatura magica, con in se il segreto della creazione che le dona un potere (e una forza) sconosciuto al maschio. La donna strega (Heather Fasulo di The Woods), la donna/selvaggia rappresentazione della natura (The Woman), la donna/madre vittima e carnefice (May). Tutti elementi che ritroviamo nell'ultimo lavoro del regista, All Cheerleaders Die del 2013, remake del suo primo film low budget (2001) in compagnia del socio e collega Chris Sivertson, regista di quella chicca intitolata The Lost.

Peccato che All Cheerleaders Die sia un film che mi ha colpito poco e mi ha lasciato ancora meno, lontano anni luce dalla profondità di cotanta citata filmografia. La storia di Maddy Killian, insicura ragazza di 17 anni, e del suo piano per rovinare la vita a Terry, capitano della squadra di football. Per fare questo Maddy avrà bisogno dell'aiuto della squadra cheerleader. Solo che le cose non andranno come la ragazza aveva pensato... o forse sì?
IL FILM
Lungi dall'essere il film dell'anno ma anche un ciofecone immondo difficile da guardare, il film di McKee e Sivertson non aspira comunque ad essere qualcosa di più che un divertente diversivo horror/fantasy e, se lo scopo era quello di intrattenere senza pretese, allora credo la pellicola possa dirsi riuscita. Il problema è che, a mio modo di vedere, non c'è nulla più di quello che forse ci sarebbe dovuto essere. A partire dal tentativo maldestro di fondere l'horror sovrannaturale al teen drama e ad alcuni stilemi della commedia, stilemi che inevitabilmente si perdono perché o appena abbozzati o inseriti in modo maldestro da chi, inutile negarlo, non è avvezzo al genere. E sarà un mio problema (per come è stato incensato praticamente da chiunque, potrebbe pure esserlo) ma tutti i cliché da capovolgere con feroce ironia non hanno fatto altro che apparirmi semplicemente come cliché in tutto il loro pedante qualunquismo. Senza mettere in dubbio che la realtà liceale americana possa essere in parte simile a quanto rappresentato in questo e tanti altri film. 

All Cheerleaders Die parte bene, anzi benissimo. Fino a quasi metà visione è persino molto bello. Fino al fattaccio (climax) che permette al film di trovare la propria dimensione: interessante, originale, con un occhio ai b-movie del passato. Solo che poi le promesse fatte non vengono mantenute. E allora ha inizio un lento scivolare in situazioni appena abbozzate, quasi si avesse voglia di correre verso un finale che sì, alza il livello ma a cui non si capisce bene come ci si sia arrivati. Con tutti quei ribaltamenti a parer mio troppo poco coraggiosi e quel sorrisino sulle labbra di autocompiacimento. Ripeto, mie impressioni, senza nessun intento di critica assolutistica.    Non parlo ovviamente degli effetti speciali in linea con un estetica molto grindhouse e assolutamente voluti, in contrasto con la patinatura della fotografia, né critico le prove dei giovani attori, tutti in parte, nessuno escluso. Alcune battute, persino, sono state in grado di divertirmi. La mia critica invece colpisce l'insieme, le scelte, i gusti. 

E, per finire, la figura della donna in All Cheerleaders Die. Una donna "bitch", a metà strada tra la stronza e la cagna. Una donna che vorrebbe distanziarsi definitivamente dall'uomo, che crede di non aver più bisogno di lui ma ancora lo cerca, per vendetta o per semplice bisogno. La donna che ancora una volta risorge dalla morte, rinasce grazie alla magia insita in lei che l'uomo cerca di strapparle via con la violenza. Ma, in virtù della leggerezza e della feroce ironia (che tanto feroce non è), certi temi rischiano di venire soffocati. E allora tutto appare vuoto, vittima di una pochezza inesorabile. La profondità sacrificata al divertimento, alle curve (mai mostrate tanto castamente), al sangue (mai così poco). E tutto diventa facilmente dimenticabile. E se non fosse per quel finale lì, di una potenza inesorabile, non aspetterei nemmeno il secondo capitolo (?) di un film che forse più di altri mi ha così tanto deluso.   


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