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Recensione: AMICI COME NOI (ebbene sì, io mi sono divertito)

Creato il 22 marzo 2014 da Luigilocatelli

SCENA-Backstage DuomoAmici come noi, di Enrico Lando. Con Pio D’Antino e Amedeo Grieco (Pio & Amedeo), Alessandra Mastronardi, Massimo Popolizio, Maria Di Biase, Alessandra Sarno, Annarita Del Piano, Giovanni Mancini. Con la partecipazione dei Modà.
SCENA-Mastronardi Pio e AmedeoProduce la TaoDue di I soliti idioti. Dirige il regista di I soliti idioti. Con due comici di derivazione tv come I soliti idioti. Però Pio e Amedeo, e il loro Amici come noi, non sono dei cloni. Non somigliano nemmeno al conterraneo (di Foggia) Checco Zalone. Cercano una loro strada alla risata, e divertono davvero. Hanno qualche buona idea, son veloci, non annoiano con i tempi soporiferi di tanto nostro cinema pseudocomico. E azzeccano un finalone alla Bollywood irresistibile. Voto 6+.
SCENA-Massimo PopolizioScusate, ma io ho proprio riso. Ci sono andato senza niente sapere del film, né di chi fossero Pio e Amedeo, non avendoli mai visti in tv alle Iene o da altra parte (non guardo Le iene da qualche anno). La mia mente, una tabula rasa. Poi ho capito che i due sono una coppia che si ingegna a far ridere la gente. Poi ho visto che la produzione è TaoDue, come per I soliti idioti, deducendone che si volesse replicarne il format e il successo con altra coppia comica (anche il regista, Enrico Lando, è lo stesso dell’operazione Soliti idioti). Non avendo pregiudizo alcuno, mi sono messo a guardare con una qualche curiosità, e mi son divertito fin da subito. Il funerale dell’inizio – Amici come noi comincia con un funerale, finisce con un matrimonio – e la successiva scena alle pompe funebri di Amedeo, il più mattocco e selvaggio dei due (a Pio tocca la parte di quello più posato trascinato nei disastri dall’irrefrenabile compagno), saranno anche momenti di grana non finissima e di comicità primaria e pure rozza, però vanno a bersaglio. Amedeo, soprattutto, è irresistibile nel ruolo del giovinastro che vuol fare i soldi e però sempre senza soldi, con una morale di cartavelina e vitalisticamente proteso alla soddisfazione di sè, e delle sue passioni, i soldi, il successo, le donne, il calcio. Ma il calcio – giochicchia e si sente Messi o Cristiano Ronaldo – più di tutto. L’altro, Amedeo, è il classico regolare e perbene tirato dentro nei peggio casini dal  vulcanico e un po’ stronzo amico, e ormai prossimo a sciogliere quell’amicizia così stringente e soffocante sposando la maestrina del borgo. Già, dimenticavo, siamo nel solito paese-presepe italiano, in Puglia, anche se stavolta nel foggiano e non, come in molti, troppi film recenti, nell’inflazionato Salento (sempre Apulia Film Commission è, ma almeno si cambia un po’ panorama). Amedeo ha una gran voglia di scappare e salire su al Nord, anche per via di debiti e strozzini che gli stan sul collo, Pio se ne starebbe invece tranquillo giù a metter su una famiglia con la sua Rosa (un’Alessandra Mastronardi dall’aria di deamicisiana maestrina della penna rossa). Ma quando sull’iPad si ritrova un video con la morosa – il tatuaggio sulla schiena è quello – a cavalcioni di un negrone durante la festa di addio al nubilato, capitola. Addio matrimonio, meglio partire, anche perché la vita da cornuto pubblico nel lindo ma arcaico paesello è un inferno ormai. Prima tappa di P&A è Roma, da uno zio pazzo e ricco. Poi ancora più su, Milano, e poi Amsterdam. Viaggio al Nord, come quello di molti meridionali del nostro cinema, Totò, l’Alberto Sordi del Diavolo, il Massimo Troisi di Ricomincio da tre, e vorrà pur dire qualcosa. Con l’eterno, immarcescibile confronto-scontro Sud-Nord buttato in ridere, ma sotto sotto sempre allusivo e perfin metaforico della frattura mai del tutto ricomposta tra le due Italie. Le trovate comiche del duo, con Amedeo sempre a far da motore, sono raramente pessime, spesso buone, qualche volta ottime. Il pappagallo rapito. L’irruzione da Giannino a Milano nella speranza di incontrare Adriano Galliani (“Ma Galliani non conta più niente ormai”, li avverte uno assai ben informato sugli ultimissimi sviluppi di casa Milan). Le ragazze escort al tavolo accanto. La recita gay per godere dello sconto coppia all’hotel di Amsterdam. Sì, signore e signori, si ride. Comicità verbale, come spesso, troppo spesso, nei film italiani con gente di varia estrazione cabarettistica e zeligiana, ma anche di situazione. Pio e Amedeo si sforzano di inventarsi un vero film, di strutturare una storia, di mettere a punto momenti drammaturgicamente compiuti, e non la solita infilata di battute. Oltretutto, altra cosa piuttosto rara nelle nostre commedie da risata, senza dilatare i tempi e mantenendo sempre un ritmo elevato. Azzeccando pure un finale molto allegro e scatenato, un matrimonio che si trasforma in flashmob con ballo collettivo à la Bollywood sulla musica di La notte dei Modà (sì, musica nazionalpopolare, che male c’è?). Che poi, si sa, film come questi che puntano dritti alla pancia del grosso pubblico sono da vedere anche come specchio dei tempi, come estrinsecazione e palesamento dello Zeitgeist, anche come referto dello stato della nazione. Da Amici come noi si deduce parecchio. L’ottundente narcisismo di massa, il proliferare di puttane femmine e puttani maschi ormai figure socialmente riconosciute, il calcio come ascensore sociale sostitutivo dell’istruzione cui non crede più nessuno, l’ormai labilissimo e invisibile confine tra licito e illecito, tra bene e male, con allegri passaggi dall’uno all’altra campo senza il minimo senza di colpa. E ancora e sempre e più che mai la divisione tra le due Italie, quella che sta giù e quella che sta su. Con un Sud verniciato di iper mdoernità e post modernità, aggiornato a ogni sofisticheria tecnologica, ma sempre Sud in cui l’onore e le corna mantengono il loro ruolo antropologicamente primario e basico. Tutto cambia e niente cambia. Rassicurante e sconfortante. In questo film l’onore ha, sotto sotto, lo stesso peso che in Sedotta e abbandonata e La ragazza con la pistola, e non si sa se ridere o disperarsi. Credo che molti accosterrano i due a Zalone, anche per via della comune appartenenza foggiana. A me pare che non si somiglino per niente, e poi Pio e Amedeo son più simpatici.


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