Non ditemelo, tanto lo so già: sono in ritardo, e prevedo che nelle prossime settimane la situazione non migliorerà. Spero mi perdonerete… perciò intanto godetevi questa nuova recensione, sempre nell’ambito del progetto.
Titolo: Anime impure – La rivelazione
Autore: Cristiano Signorino
Genere: urban fantasy, paranormale
Editore: Gruppo Albatros – Il filo
Collana: Imago
Pagine: 237
Anno di pubblicazione: 2009
ISBN: 9788856716191
Prezzo: €15,50
Formato: brossura
Valutazione:
Grazie all’autore per avermelo spedito.
NB: al momento il libro è fuori catalogo; tuttavia lo trovate in catena di lettura su aNobii.
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Ho impiegato un po’ di più del previsto per concludere questo libro, ma alla fine ce l’ho fatta, perciò eccomi a illustrarvi le mie impressioni post-lettura.
Comincio col dire che riuscire a superare la parte iniziale è stata una faticaccia non da poco, ed è forse per questo che per leggere la prima metà ho impiegato più di una settimana, mentre la seconda è volata via in un pomeriggio: a essere sincera, infatti, i capitoli introduttivi non mi sono affatto piaciuti.
Tutto mi appariva confuso, poco organico e soprattutto lento… Sì, penso che “lento” sia un aggettivo adatto a definire questo inizio che, a mio parere, sarebbe potuto venire molto meglio.
Sin dalla prima pagina ci viene presentato uno stile estremamente descrittivo: sebbene sia chiaro che l’autore possieda un lessico vario e spesso singolare e che si destreggi con abilità anche con termini complessi e frasi articolate, la sensazione principale è che quasi facesse apposta a esprimere un concetto con dieci parole laddove ne sarebbero bastate sette. Uno stile che aveva delle ottime potenzialità e a cui sarebbe bastato poco per tenere il lettore attaccato alle pagine, dunque, ma che purtroppo a mio parere spesso è finito col risultare ridondante.
Ebbene, quello che mi sono ritrovata è stato, ahimè, un concentrato di aggettivi e avverbi inutili, a volte anche molto ravvicinati o addirittura ripetuti.
Il bambino si abbassa per afferrarla [una monetina] ma è in quel momento che suo padre frena violentemente. Il bimbo sbatte violentemente il viso, ferendosi. (pag. 19)
Il guaio maggiore, tuttavia, non è tanto l’uso degli avverbi o la ripetizione in sé, quanto il fatto che in questo caso pare che il narratore non si prenda la “responsabilità” di mostrare quanto violentemente il bambino si è ferito, bensì che preferisca raccontarlo e basta, come se far vedere un po’ di sangue non fosse politically correct e descrivere la scena in questo modo servisse a evitare potenziali critiche.
Troviamo un altro esempio più avanti:
Il suo corpo, sbalzato fuori dalla vettura, era orrendamente riverso per terra. (pag. 132)
Posto che non vedo come un corpo possa essere “orrendamente riverso”, anche nella citazione che vi ho appena fatto leggere l’avverbio serve, in un certo senso, a nascondere come si presenta veramente la scena agli occhi del protagonista.
Un incidente davvero orribile, non c’è che dire… ma si poteva fare di meglio
Il fatto che mi ha lasciata un poco perplessa è che, continuando a leggere, ben presto si incontra ben di peggio: non un semplice incidente, ma addirittura una scena in cui una certa persona fa una brutta fine (ovviamente non dico chi… ho già spoilerato anche troppo ^^) e anche di più; ma questa volta e le successive il narratore non si prende più la briga di nascondere accuratamente le scene “macabre”, anzi.
Quindi abbiamo momenti in cui l’autore dà prova di conoscere la regola dello Show don’t tell e di saperla applicare anche con risultati notevoli (le scene in cui vola sangue, per dire, le ho trovate da brivido), che però si alternano ad attimi in cui, invece, il narratore sembra essersi dimenticato di come si mostra e che abbia preferito raccontare.
Insomma, per quanto riguarda lo stile, soprattutto nella prima parte troviamo un po’ di alti e di bassi, come se chi scrive non avesse ancora le idee chiare. Per esempio – anche se in questo caso più raramente – alle volte si incontrano passi in cui la gestione del punto di vista non è chiara, come nella scena di un “certo” scontro in cui il suddetto PoV rimbalza di continuo dall’esterno alla testa di Gabriel… sensazione alquanto fastidiosa, devo dire.
Poi, come accade spesso, la situazione sembra giungere a un punto stabile, e da questo momento in poi le cose migliorano. A essere sincera, qualche avverbio di troppo e alcuni scivoloni di stile che, forse, un editing più approfondito avrebbe potuto aggiustare, li si trovano anche più avanti, come questo che sto per mostrarvi:
Una leggera brezza lambì la pelle coriacea di Gabriel e soltanto allora la ragione ebbe ragione dell’istinto.
… ma almeno nella seconda metà la storia si fa più coinvolgente, cosa che mi ha fatto chiudere un occhio sugli eventuali difetti di stile.
Be’, mi sembra di aver detto tutto riguardo al come il romanzo di Cristiano Signorino è stato raccontato; passiamo al cosa racconta, dunque, nonché all’unico, vero punto forte di Anime Impure – ovviamente secondo il mio modesto parere.
Nonostante specie l’inizio sia stato un po’ difficile da mandare giù, l’idea di base sulla quale la trama si è sviluppata mi è piaciuta molto: subito non capivo bene cosa stesse succedendo, tanto che ho dovuto rileggere il primo capitolo un paio di volte per convincermene. Quando però sono riuscita a entrare nella storia e a conoscere un po’ meglio Gabriel, il protagonista, ne sono rimasta affascinata.
Vengono affrontate tematiche importanti, come il disagio di sentirsi inadatti al mondo che ci circonda, la consapevolezza di aver perso tutto, il dolore e la disperazione… Idee che rischiano di cadere nel cliché e nel già sentito, ma qui non accade nulla di tutto ciò, ed è questo che mi è piaciuto maggiormente di Anime Impure. Inoltre, la cura con cui Gabriel è stato caratterizzato mi ha permesso di provare fin da subito una forte empatia verso di lui, e anche le due ragazze protagoniste, Nina e poi Gill, non mi sono sembrate da meno.
All’inizio, vi dirò, non capivo come mai la casa editrice lo avesse inserito nella collana “Imago”, ovvero quella che raccoglie le storie fantasy, ma poi ho compreso che era solo una questione di tempo: la componente fantastica, infatti, si insinua a poco a poco in quella reale, fino a quanto le due cose non diventano quasi un tutt’uno e nessuno, nemmeno Gabriel, è più in grado di distinguere cosa sia fantasia e cosa no.
L’unica pecca è che questa situazione in bilico suscita un gran numero di interrogativi, a cui purtroppo non viene quasi mai data risposta prima della fine… ma speriamo che nei prossimi romanzi le cose vadano meglio, anche per quanto riguarda lo stile.
Quindi faccio gli auguri a Cristiano Signorino: manca ancora qualcosa, ma è davvero sulla buona strada per creare una serie di fantasy degna di nota.
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Esitante, rimase immobile per qualche secondo con l’ago a pochi millimetri dalla pulsante vena scura.
Quando finalmente riuscì a prendere una decisione, poggiò la siringa sul comodino con insolita delicatezza, quasi avesse timore potesse rompersi. Frugò nelle tasche dei jeans fino a che non trovò una moneta con un piccolo foro sulla sommità. La soppesò per un breve istante nel palmo della mano destra e poi la lanciò verso l’alto.
“Non ho più forza per combattere” pensò “questa ce la giochiamo”.
Seguendo con cura l’ascesa della moneta, inconsapevolmente, rievocò gli eventi che l’avevano condotto a quel momento.